Vorrei esporre alcune considerazioni ispirate dagli interventi di EnzonBissa, a riprova del fatto che Baseball.it è una delle poche cose VIVE chenci sono oggi nel baseball italiano.
nHo apprezzato e condivido quasi totalmente il primo pezzo, nellenargomentazioni, nei toni e nella malcelata amarezza (vorrei soltantonpuntualizzare che la precedente infornata di oriundi -quelli che hannonportato l’Italia a Los Angeles ’84 con una bella mano da Roberto Bianchi,nper intenderci- erano -a parte rare eccezioni- MOOOLTO più forti deincarneadi che ci ritroviamo in campo oggi).
nNon sono invece d’accordo su diversi punti della controreplica in cui, piùnche di Nazionale, si tratta della dicotomia baseball-vetrina/baseball dinbase.
nCredo che nessuno, dentro o fuori Baseball.it, possa ipotizzare (e, nel mioncaso, auspicare) in Italia un baseball dai GRANDI NUMERI. Ricordo però che,nfra la metà degli anni Settanta e la metà degli Ottanta, le piazze storichenfacevano spesso l’esaurito: prima di entrare nello staff Fortitudo, rammentonbene che dovevo essere al Falchi un’ora prima della partita, per sedermi;nricordo pienoni a Parma, Nettuno, Grosseto e anche nella storicamentenfreddina Rimini, e buone affluenze a Torino, al Kennedy, per non parlare deinderby di Castenaso e Santarcangelo.
nInteressano i dati? Ho calcolato personalmente, sulla base dei bordereaux,nl’affluenza media al Falchi negli anni 83-85: 1200 paganti!
nCerto, non è una quota imponente in termini assoluti (la media eransensibilmente abbassata dalla partita del pomeriggio: il venerdì e sabatonsera c’era sempre un bel colpo d’occhio sulle tribune), ma, ai prezzi dinoggi, significherebbe un incasso di oltre 200 milioni!
Cifra che, credo,nfarebbe oggi la felicità (e la tranquillità gestionale) di qualunque societàndi serie A1.
nQuesti spettatori, che hanno di nuovo riempito gli stadi per il Mondiale ’88ne in alcune altre occasioni successive scomparendo poi negli ultimi anni,nnon saranno mica tutti espatriati!
Voglio dire: c’è un target su cuinlavorare, fermo restando la necessità di diffondere la conoscenza per ilngioco, indubbiamente poco “immediato” per i nostri calciofili compatrioti.
nPenso si debba iniziare dal recupero di chi già ha conosciuto e amato ilnbaseball, allontanandosene poi sempre più A PARTIRE DAL 1985, anno dininizio del declino (ma guarda!).
nUna prima serie che funziona, con il suo pubblico adeguato, la suanattenzione proporzionata da parte dei media, i suoi parametrabilininvestimenti degli sponsor, è il miglior veicolo promozionale anche ensoprattutto nei confronti dei giovani futuri atleti e delle loro famiglie,nche, al momento di valutare verso quale disciplina orientarsi, benndifficilmente penseranno a uno sport di cui non si parla da nessuna parte e,nquando compare fugacemente in TV, presenta scenari i cui i giocatori sononnumericamente superiori agli spettatori!
nOvvio che i ragazzi devono poi essere messi nelle condizioni di avvicinarsinalla pratica del gioco e possono farlo grazie a un’informazione e un stimolonche SOLO PARZIALMENTE può provenire dalla comunicazione relativa alla serienA: fonti fondamentali sono LA SCUOLA E LE SOCIETA’ DI BASE.
Questi sono indue settori (insieme a quello arbitrale) in cui lo sforzo della Federazionendovrebbe essere principalmente (se non esclusivamente) concentrato.
nRitengo che i compiti e gli scopi siano ben distinti: la massima serie devenmettere in campo il miglior baseball possibile, per fare spettacolo,nrichiamare interesse e fungere come UNO degli ELEMENTI DI PROMOZIONE per landiffusione del baseball, la base deve concentrarsi sul reclutamento e lanformazione di nuovi giocatori e DEVE ESSERE SUPPORTATA in questo da TUTTE LEnALTRE COMPONENTI, Fibs in testa e società di vertice comprese.
nE’ vero che oggi è molto più difficile di un tempo, per tutti. L’invadenza,nspesso arrogante, del calcio dei fantastiliardi, travolge nella sua corsantutto e tutti, assorbe attenzione ed entusiasmi, riempie fino all’orlonpalinsesti e pagine sportive dei quotidiani, prende, prova e scarta comenscarsi atleti (non come scarsi calciatori) i ragazzi.
nHo occasione di seguire per lavoro basket, volley, rugby, i problemi dinvisibilità e reclutamento sono gli stessi per tutti.
nMa esistono metodi per fare meglio di ciò che il baseball italiano stanfacendo. E i suddetti sport ne sono l’esempio.
nEnzo Bissa chiude evidenziando il timore che le società di serie A1 tragganonrisorse dal bilancio federale, sottraendole al resto del movimento. Sarebbeninteressante interrogare in merito i dirigenti della serie A, ma credo chensia proprio fuori strada.
nCiò di cui, secondo me, il batti e corri di vertice avrebbe bisogno, è unansorta di “agenzia di servizi”, che imposti e coordini un lavoro realistico,nma che parli il linguaggio a cui mass media, pubblico e sponsor sono ogginabituati e pretendono dagli interlocutori, pena il rimanere inascoltati (mainprovato a rispondere a voce a un fax?).
Come stigmatizza Bissa, sarebbenindispensabile rinunciare a gag del recente passato tipo il limite deglinunder che si innalzava di UNO anno dopo anno, o cervellotiche preclusioni dinruolo per gli stranieri. Tale “agenzia” (che sarebbe fra l’altro previstandal Regolamento organico federale), potrebbe auspicabilmente autofinanziarsinnel giro di poco tempo.
nCiò di cui avrebbe bisogno la base è di trovare un partner serio nellanFederazione e nei suoi Organi periferici, che sia di aiuto e non di ostacolonnella faticosa strada della diffusione del nostro sport. Mentre, mi pare dincapire da chi le minors le vive quotidianamente, la Fibs stà sempri piùnriducendosi ad un ente esattore che quasi mai fornisce i servizi per i qualinincassa.
nNon desidero una realtà di stampo americano, figuriamoci che da noi anchenquasi tutte le grandi del calcio, ben lungi dall’essere “aziende” come lenfranchigie MLB, sono dei pozzi senza fondo con rossi di bilancionpraticamente cronici che sopravvivono sulla passione e grazie alle taschendei loro padri-padroni.
nRitengo però che con un realistico approccio di marketing, liberandosi danpastoie politico-votaiole e con il CONVINTO, SINCERO E INDISPENSABILEnAPPORTO DELLE SOCIETA’ TUTTE, GRANDI E PICCOLE, si potrebbe tentare unnrilancio del nostro sport, affinché gli stadi non siano sempre vuoti comenfrigoriferi al rientro dalle ferie e il reclutamento non si basi piùnesclusivamente sul passaparola e sugli amici degli amici.
nMa, come scrive Enzo Bissa e lo scolpisco nella roccia: ABBIAMO UN PROBLEMAnDI PERSONE!
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