All’aeroporto di Fort Lauderdale, mentre la nazionale azzurra preolimpica attende di essere imbarcata sul volo per New York, da dove poi ripartirà verso l’Italia, abbiamo la possibilità di chiedere a Beppe Massellucci di fare un bilancio sull’avventura degli azzurri in Florida.
‘La partenza di oggi, come tutte, è stata un po’ difficoltosa, ma io ritengo di aver fatto un ottimo programma, tante ore di lavoro, tante partite, e credo che i ragazzi se ne siano avvantaggiati. Bisogna dire che questo programma è importantissimo, quindi deve essere proseguito nel tempo, e deve individuare un gruppo sempre più allenato, affiatato, costruito bene, scelto bene, perché questo poi è il futuro, penso, del baseball italiano.
Come ti è sembrato il livello degli avversari affrontati qui, rispetto a quello degli azzurri?
‘Bè, qualcuno era troppo forte, come quell’università che è 19esima in America (Florida Atlantic, n.d.r.), addirittura battendo con l’alluminio; però non abbiamo sfigurato, mi sembra che siamo stati sempre in gara pur battendo poco, perché con il legno e quei lanciatori chiaramente si batte poco. Molto buoni erano anche i professionisti dei Marlins; ma io penso che se si affronta gente migliore si migliora, altrimenti no..
C’è qualche individuo in particolare che si è messo in luce?
Preferisco non fare nomi; comunque tutti i ragazzi che giocano in serie A1 sono più pronti, più esperti, lo si vede in campo. Questo non vuol dire che non valga la stessa cosa per chi gioca in serie B o in serie A2, o addirittura per quelli che giocano in serie C; chiaramente bisognerebbe fare in modo che passassero al livello migliore, perché c’è un po’ di differenza, e si vede, fra chi è abituato a tre partite alla settimana e ad allenamenti quotidiani. Comunque, la differenza non riguarda il talento; soltanto il lavoro fatto in Italia, e niente altro.
Qual è la più grossa differenza che hai notato, fra i giocatori di qua e gli italiani?
‘L’abitudine a giocare, a stare in campo; nel baseball si migliora giocando le partite, non allenandosi. E’ la partita il grande stimolo che fa poi modificare i gesti, perfezionare abitudini; l’allenamento è un surrogato che non sempre serve, anzi: molti dicono che serva solo l’allenamento fisico, e che il vero allenamento tecnico sia solo la partita. Altri motivi di differenze fra noi e loro? Sì, chiaramente i professionisti tiravano più forte dei nostri lanciatori, i battitori erano migliori come tecnica; però, credo che non abbiamo sfigurato.
Un’esperienza quindi positiva, da ripetere.
Certamente. Questa è un’esperienza positiva; bisogna dare atto al presidente federale dell’intelligenza che ha dimostrato mettendo in cantiere questo programma. Ripeto: è un programma importantissimo, che nel passato ha sfornato una serie di giocatori che tuttora fanno l’ossatura del baseball italiano, e se si riprende un certo discorso, cioè un programma valido durante l’inverno con qualche raduno estivo, io penso che anche questi ragazzi possano veramente migliorare.
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