Oriundo: chi, nato e residente in una città o nazione (di cui ha anche acquistato la cittadinanza) discende da genitori o antenati là trasferitisi dal paese di origine.
Per cui fin che su un dizionario ne trovo la definizione, per me oriundi restano, e così li chiamo, checché ne dica il CONI o chi per lui. Anche perché così ci capiamo tutti meglio.
Premesso questo, diciamo come stanno le cose.
Dopo la riunione delle società di A1 dell’altro ieri a Bologna presenti tutte meno i Warriors Paternò la situazione dovrebbe essere chiara. Anche se tutti resteremo liberi di scherzare su certe abbronzature, per la Federazione è ufficialmente tutto regolare. Per tutti gli oriundi che stanno attualmente giocando in campionato la documentazione deposita è completa ed esaustiva. Per ognuno di loro c’è un documento depositato in viale Tiziano che attesta la loro cittadinanza italiana. All’appello mancano solo due giocatori che non sono più in forza alle rispettive squadre, e le cui posizioni sono state sottoposte all’attenzione del Procuratore Federale.
Punto, a capo, lettera maiuscola.
Poi i falsi documenti o i falsi certificati possono sempre esistere, ma chi ha qualche obiezione da avanzare, avendo cognizione di causa, adesso deve rivolgersi eventualmente alla magistratura. Assumendosi i rischi di controdenunce per calunnia. E, a quanto par di capire, con nessun vantaggio pratico, dal momento che prima di tutto i tempi sarebbero quel che sarebbero, e poi che in ogni caso anche eventuali ‘pasticci non avrebbero alcuna influenza sui risultati del campo. In soldoni: se io denuncio oggi che i documenti di Pinco sono taroccati, e la sua squadra continua imperterrita a farlo giocare, anche se si raggiunge la certezza che la mia denuncia era fondata, non cambierebbe mai nulla ai fini della classifica. I provvedimenti, sportivi e non, sarebbero solo nei confronti dell’atleta e non della squadra.
Insomma… fra disposizioni di legge, direttive del Coni, regolamenti federali forse anche non studiati al millimetro… non è che sia poi così difficile riuscire ad essere i più furbi.
Questo almeno per quest’anno.
Ma dal 2003?
Il Coni in materia auspica che non ci siano, in campo sportivo, discriminazioni fra cittadini italiani sulla base della precedente residenza, della provenienza da federazione sportiva straniera o delle modalità di acquisizione della cittadinanza. A parte che forse ci potrebbe essere qualcosa da dire allora a proposito delle regole sui professionisti e sugli stranieri che iniziano a giocare in Italia nelle categorie giovanili, questo significa che, in mancanza di un gentleman agreement fra le società, saremo il prossimo anno esattamente allo stesso punto. Ok… togliamo la frase da in mancanza fino a le società: lunedì a Bologna le urla pare si siano sentite da via Boldrini fino in stazione (e se qualcuno è interessato a sapere la distanza esatta, in rete c’è solo l’imbarazzo della scelta del sito).
Qualcosa però credo possa essere fatto, almeno per evitare il ridicolo.
Primo: presentazione della documentazione attestante la cittadinanza all’atto del tesseramento. Si eviteranno così almeno viaggi di andata e rapido ritorno.
Secondo: blocco dei tesseramenti dei giocatori alla data di inizio campionato e residenza in Italia d’obbligo al momento del cartellinamento. In questo modo almeno un calmiere verrebbe messo, mal che vada temporale, anche se chi ha deciso che gli fan comodo venti oriundi probabilmente venti oriundi riuscirà comunque ad ingaggiare.
Ma terzo, e sopratutto, previsione di una responsabilità oggettiva da parte delle società di appartenenza del giocatore, in caso di tesseramento ottenuto con documenti che dovessero risultare falsi o contraffatti, con penalizzazione ‘in campionato ben precisa, e non lasciata alla discrezione del giudice sportivo. Se è prevista quella per il comportamento dei tifosi, non vedo perché non lo possa essere per casi di questo tipo.
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