Le considerazioni che seguono non sono da parte di Marco Landi responsabile comunicazione della Fortitudo Italeri, né di Marco Landi collaboratore di Baseball.it, né di Marco Landi giornalista de ‘il Domani di Bologna, ma di Marco Landi appassionato di baseball, che questa volta ne ha viste un po’ troppe per stare zitto.
Ciò che segue sono quindi mie personalissime impressioni, che non derivano da nessun accordo interno al Consiglio della Società di cui sono onorato di fare parte e che non ne rappresentano in alcun modo l’opinione ufficiale.
Ho assistito a dei fatti essendo, certamente, di parte, ma potrei scrivere le stesse cose anche se una delle due squadre coinvolte non fosse l’Italeri, perché certi valori valgono sempre, in modo assoluto, certi comportamenti riguardano il movimento del baseball complessivamente parlando, non questa o quella squadra.
Premetto che nutro grande rispetto per il Nettuno e per il suo rinomato carattere e ritengo che, ognuno con il suo stile, si debba fare tutto quanto ritenuto necessario per vincere, fino al punto in cui chi di dovere lo lascia fare.
Aggiungo anche che un 2 a 1 contro i campioni d’Italia è un risultato che mi soddisfa e che avrei firmato prima dello scorso turno.
Voglio solo illustrare quello che ho visto e quello che non vorrei rivedere, con la speranza di replica motivata da parte di chi avesse visto qualcosa di diverso.
Io ho visto una squadra, la Danesi Nettuno, tradizionalmente nota come l’osso più duro del campionato quando le partite contano, come quella che non è mai morta fino all’ultimo out dell’ultimo inning, usare più la lingua nei confronti degli arbitri che i bastoni nei confronti delle palline per cercare di portare a casa le partite.
Ho visto arbitri lasciare fare, lasciar correre, lasciarsi vomitare addosso questa fiumana di parole per interminabili inning, salvo poi ignorare un colpito ed espellere il coach dell’altra squadra nel momento in cui chiede spiegazioni.
Ho visto un lanciatore, bravissimo e controllato come Vigna, tirare pericolosamente vicino al, se non sul, caschetto di Dent. Non ho visto Dent andare in prima, ma negli spogliatoi, espulso pure lui.
Ho visto aree di strike alzarsi, abbassarsi, deformarsi, fluttuare, allargarsi, restringersi fino a diventare un punto preciso che sta quasi sopra un tee, sempre a favore di una sola squadra, tanto da esasperare un uomo esperto come Newman e portarlo a un antipatico plateale gesto di ribellione.
Ho visto almeno due out sulle basi, nemmeno tanto stretti, chiamati ‘salvi, sempre nella stessa direzione.
Ho visto giocatori interloquire con il pubblico avversario, alzare il dito medio, provocare pesantemente. Non li ho visti sanzionare in alcun modo.
Ho visto anche i volti di coloro, dirigenti, sostenitori, sponsor, che hanno investito svariate centinaia di migliaia di euro per allestire questa Italeri, nell’osservare l’assenza di ogni rispetto nei confronti della squadra, della Società, delle migliaia di persone che hanno assistito alle partite da parte di chi istituzionalmente il rispetto dovrebbe imporlo in campo. Parlo di RISPETTO, non di favoritismi, del rispetto che è garanzia dell’equità competitiva.
Non vorrei più vedere atleti tentare di intimidire i giudici di gara.
Non vorrei più vedere, soprattutto, giudici di gara farsi intimidire.
Non vorrei più vedere comportamenti talmente assurdi da far pensare alla malafede, quando chi sta in questo sport, dentro o fuori dal campo, io lo so bene, non può che essere spinto dalla passione, e basta.
Questo perché vorrei vedere ancora tante belle partite di baseball giocato e non parlato, vorrei vedere ancora tanta gente al ‘Gianni Falchi, vorrei vedere ancora una Fortitudo forte nei prossimi anni.
Vorrei vedere i playoff certo che a fare il risultato siano soltanto le braccia e le gambe degli uomini in campo.
Vorrei vedere arbitri rispettosi, rispettati e che si facciano rispettare, non arbitri dimissionari.
Vorrei che Cerbone facesse rima con Patrone, non con quello che mi sento oggi.
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