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Il caso Pete Rose

La carriera di Pete Rose nel mondo delle major league è iniziata nel 1963, quando egli è diventato il seconda base titolare dei Reds, ed è finita, o almeno si è interrotta, il 23 agosto del 1989, quando il giocatore ha posto la sua firma sul foglio su cui era stampato l’accordo raggiunto tra Rose e l’allora commissioner Bart Giamatti. Il ‘re delle battute valide”, con la sua firma, accettava di essere bandito dal mondo del baseball per avere scommesso su alcune partite, con la possibilità di chiedere di essere riammesso dopo non meno di un anno.

In realtà la carriera di Peter Edwards Rose, nato a Cincinnati il 14 aprile del 1941, era cominciata alla Western Hills High School della sua città natale, ma dopo gli anni del liceo Rose aveva firmato il contratto che i Reds gli avevano offerto, e aveva cominciato la scalata nell’organizzazione di minor league della franchigia dell’Ohio. La sua carriera nelle leghe minori lo portò prima a Geneva, nello stato di New York, poi a Tampa, in Florida, e infine a Macon, in Georgia, ma dall’inizio del 1963 Rose prese possesso del posto di seconda base titolare dei Reds.
La sua stagione da rookie terminò con la conquista del titolo di matricola dell’anno, ma fu dal 1965 al 1973 che Rose crebbe e diventò una superstar del gioco, conosciuto soprattutto per l’intensità con cui scendeva sul diamante e per la notevole abilità da puro battitore. Diventò uno degli elementi chiave della Big Red Machine, la supersquadra che negli anni ’60 e ’70 dominò la National League, partecipando a 4 World Series e vincendo 2 titoli. Rose, da parte sua, vinse il titolo di MVP della National League nel 1973.
Diventato free-agent al termine della stagione 1977, Rose firmò con i Phillies, che portò a due World Series e al titolo nel 1983. Nel 1984, firmò un contratto con gli Expos, ma nell’estate dello stesso anno tornò a Cincinnati come giocatore-manager. L’11 settembre del 1985 Rose battè la valida numero 4192, una in più di Ty Cobb, che fino a quel giorno era il recordman assoluto; la sua carriera terminò alla fine del 1986 con 4296 valide, ma dalla stagione 1987 Rose passò a dedicarsi a tempo pieno al ruolo di manager di Cincinnati.

All’inizio della stagione 1989, la sua terza alla guida dei Reds (escluse quelle da giocatore-manager), l’allibratore Ron Peters e Paul Jenszen, un amico di Rose, accusarono il giocatore di avere scommesso su alcune partite di Cincinnati. La testimonianza di Peters e Jenszen, entrambi implicati in un traffico di droga, era corroborata da alcune registrazioni di telefonate e dai movimenti bancari di Rose.
L’ex procuratore federale John Dowd fu incaricato dalle Major League di condurre un’investigazione, e sempre nel mese di febbraio Rose fu interrogato per due giorni da Dowd. L’ex stella dei Reds riconobbe di aver scommesso su corse ippiche, su partite di football, e di basket, ma disse di non aver mai puntato sul baseball. Durante l’interrogatorio Rose ammise anche di aver incaricato dei prestanome di piazzare delle scommesse per suo conto, per proteggere la sua privacy, ma disse di non conoscere gli allibratori, molti dei quali legati ad ambienti malavitosi, con i quali avrebbe avuto a che fare secondo Peters e Jenszen. Inoltre, Rose si trovò in difficoltà quando Dowd gli mostrò le prove – assegni, bonifici bancari – che lo collegavano a tali allibratori, e quando Dowd lo mise di fronte al fatto che per pagarsi le scommesse aveva anche venduto uno degli anelli vinti alle World Series e la mazza con cui aveva battuto il record di Cobb.
Alcuni arrivarono addirittura a dire che Rose scommetteva 15 mila dollari al giorno, ma l’ex stella dei Reds negò sempre categoricamente di aver puntato sul baseball, anche se c’erano prove di scommesse da lui effettuate nei mesi estivi, quando quello del ‘batti e corri” è l’unico campionato in corso di svolgimento negli Stati Uniti.

Dopo che due esperti dell’FBI confermarono la provenienza di alcune note che Janszen aveva fornito, le quali testimoniavano alcune delle scommesse di Rose, il ‘rapporto Dowd” fu consegnato a Giamatti il 9 maggio. Due giorni dopo il commissioner spedì una copia del rapporto a Rose e stabilì che un’udienza si sarebbe tenuta il 26 giugno, ma l’ex giocatore ricorse alla giustizia ordinaria cercando di bloccare Giamatti e ottenne un ingiunzione temporanea che fermò i piani del commissioner. In seguito, però, il 3 luglio furono le Major League a decidere di trasferire la questione ai tribunali federali, e dopo una serie di rinvii la prima udienza fu fissata per il 28 giugno.
A quel punto Rose, resosi conto del fatto che le prove contro di lui erano troppo schiaccianti, e che non avrebbe mai vinto la causa, decise di accettare la proposta di Giamatti: il giocatore avrebbe firmato un accordo che lo avrebbe messo, secondo la regola 21 del codice delle Majors, sulla lista dei giocatori ‘permanentemente ineleggibili”, e in cambio la lega avrebbe rinunciato ad emettere una sentenza definitiva sul suo caso. Nell’accordo Rose ammetteva che Giamatti aveva ‘motivi validi” per imporre la squalifica, ma fu anche sottolineato che ciò non implicava che Rose avesse effettivamente scommesso sulle partite dei Reds; in tale modo, il giocatore poteva continuare a negare di essere colpevole.
La squalifica, basata su una regola istituita dopo il famoso scandalo dei Black Sox negli anni ’20(alcuni giocatori di Chicago furono radiati a vita per aver scommesso contro la propria squadra nelle World Series), prevede che un giocatore o manager colpevole di aver scommesso sul baseball sia escluso da qualsiasi attività legata alle Majors; Rose quindi avrebbe dovuto smettere di allenare i Reds e avrebbe perso la possibilità di entrare a far parte della Hall-of-Fame. Tuttavia, la regola 21 prevede che dopo un anno il giocatore o manager escluso possa chiedere di essere riabilitato, e girava voce che tra Giamatti e Rose esistesse un accordo segreto che prevedeva che dopo 12 mesi la squalifica sarebbe stata cancellata.

Ad una conferenza stampa tenuta tre giorni dopo l’annuncio dell’accordo, Giamatti disse di essere convinto che Rose avesse in effetti aver scommesso sulle partite dei Reds; secondo alcuni ciò violava l’accordo e lo rendeva nullo perché per la prima volta il giocatore veniva ufficialmente dichiarato colpevole dalle Major Leagues. Giamatti non ebbe il tempo di chiarificare le sue affermazioni, perché morì soltanto cinque giorni più tardi. Il suo successore, Fay Vincent, assunse da subito una linea ‘dura” nei confronti di Rose, e il giocatore inoltrò la richiesta di essere riammesso solo nel 1997, dopo l’elezione di Bud Selig a commissioner. Senza l’ausilio di udienze formali, Selig disse che avrebbe considerato la questione ‘a tempo debito” e che al momento non vedeva nessun motivo che avrebbe portato alla riammissione di Rose.
Aiutato da una campagna portata avanti da alcuni dei suoi compagni della Big Red Machine(soprattutto dall’ex seconda base Joe Morgan, ora popolarissimo commentatore televisivo), e dal forte sostegno di una grossa fetta dell’opinione pubblica, negli ultimi anni Rose si è riavvicinato al mondo della Major League; in particolare, nel 1999 l’ex grande di Cincinnati è stato compreso nell’All-Century-Team (la miglior squadra del secolo), partecipando ai festeggiamenti durante le World Series e quest’anno è riapparso sul campo quando le Majors hanno indetto un sondaggio per eleggere il momento più memorabile nel gioco.
Poco meno di un mese fa, la questione di Rose è tornata sulle prima pagine dei giornali, quando si è saputo di un incontro segreto tra Bud Selig e l’ex giocatore. Si è parlato di cancellare la squalifica, ma perché questo avvenga pare che le Major Leagues vogliano che Rose faccia quel pubblico mea culpa che finora si è sempre rifiutato di fare.

Sull’argomento l’opinione pubblica americana è ora divisa, anche se i sondaggi dicono che buona parte del pubblico vorrebbe la riammissione del giocatore. Molti però, sostengono che sarebbe un controsenso annullare la qualifica proprio nel momento in cui Rose ammettesse di essere colpevole, mentre secondo alcuni il reinstatement sarebbe solo una mossa promozionale che servirebbe a Bud Selig per riconquistarsi i favori degli appassionati, dopo lo sciopero di poco evitato e la pioggia di critiche per la gestione dello scorso All-Star Game, finito in parità.

Di certo, del caso Pete Rose si sentirà ancora parlare e non poco. Una decisione definitiva sulla questione potrebbe essere presa entro la fine di gennaio.

Matteo Gandini

Giornalista pubblicista e collaboratore di Baseball.it dall’ottobre 2000, Matteo è un grande appassionato in genere di sport, soprattutto del mondo sportivo americano, che segue da 10 anni in modo maniacale attraverso giornali, radio, web e TV (è uno dei pochi fortunati in Italia a ricevere la mitica ESPN).Per Baseball.it ha iniziato seguendo le Majors americane. Ora, oltre ad essere co-responsabile della rubrica giornaliera sul baseball a stelle e striscie, si occupa di serie A2. Inoltre, nel 2002, per il sito e l’ufficio stampa FIBS ha seguito da inviato lo stage della nazionale P.O. in Florida, la Capital Cup e i mondiali juniores di Sherbrooke (Canada), il torneo di Legnano di softball, e la settimana di Messina, a cui ha partecipato anche la nazionale seniores azzurra. Nel 2003 è stato invece inviato agli Europei Juniores di Capelle (Olanda). Nel 2001 ha anche collaborato alla rivista “Tutto Baseball e Softball”.Per quanto riguarda il football americano, da 3 anni segue il campionato universitario e professionistico americano per Huddle.org, oltre ad essere un assiduo collaboratore alla rivista AF Post. Nel 2003 partecipa al progetto radio di NFLI, ed è radiocronista via web delle partite interne dei Frogs Legnano.Dopo aver collaborato per un periodo di tempo ai siti web Inside Basketball e Play it, nel 2001 ha seguito i campionati di basket americani (NBA e NCAA) per Telebasket.com, in lingua italiana e inglese. Ora segue la pallacanestro d’oltreoceano per Blackjesus.it.Più volte apparso come opinionista di sport americani a Rete Sport Magazine, trasmissione radiofonica romana, lavora stabilmente nella redazione di Datasport, dopo una breve esperienza in quella di Sportal.Nel 2003 ha lavorato anche per l’Ufficio Stampa delle gare di Coppa del Mondo di sci a Bormio.Ha 26 anni, è residente in provincia di Lecco e si è laureato in scienze politiche alla Statale di Milano. La sua tesi, ovviamente, è legata allo sport: il titolo è “L’integrazione dei neri nello sport USA”. Il suo sogno è dedicare tutta la vita al giornalismo sportivo, in particolare nel settore sport USA.

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