A pochi giorni dal ritorno dopo lo stage in Sudafrica, il manager della nazionale P.O. Beppe Massellucci ci racconta le sue impressioni sull’esperienza azzurra.
Il bilancio è sicuramente positivo. I nostri ragazzi hanno vissuto un’esperienza per loro sicuramente utile e hanno potuto affrontare degli avversari forti, anche se di livello non eccessivamente alto. Forse sarebbe stato meglio che lo stage durasse un po’ più a lungo, ma comunque, va bene così; si fa quel che si può. Ci sono ancora delle cose da mettere a punto, ovviamente, ma considerando che il progetto P.O. è un progetto ancora giovane, direi che le cose vanno piuttosto bene.
Come giudichi il livello degli avversari affrontati?
Le squadre che abbiamo incontrato erano di buon livello, soprattutto dal punto di vista atletico, più che da quello tecnico, anche se c’erano 2 o 3 giocatori che potrebbero finire presto tra i professionisti americani. Comunque, loro erano anche avvantaggiati dal fatto che la stagione volge al termine, quindi erano nel pieno della forma, mentre per i nostri ovviamente il campionato deve ancora iniziare.
Come pensi che questo stage sia servito agli azzurrini?
Lo scopo di questi stage è mettere i nostri giocatori di fronte a degli avversari diversi da quelli che affrontano in campionato, magari un po’ più forti, e quest’obiettivo ovviamente lo stiamo raggiungendo. Io sono stato molto attento a non sovraccaricare di lavoro i ragazzi, perché il passaggio dal freddo del nostro paese al caldo del Sud Africa comportava dei rischi a livello fisico, e proprio per questo ho portato molti lanciatori, per evitare di affaticare troppo ognuno di loro. Credo che, soprattutto per i battitori, sia importante trovarsi di fronte degli avversari nuovi, mentre per i lanciatori si trattava più che altro di un’occasione per allenarsi un po’ al caldo
Hai notato delle differenze, dei miglioramenti, tra lo stage sudafricano e quello in Sicilia?
Dallo stage in Sicila sono passati pochi mesi, quindi a livello tecnico non è che i ragazzi abbiano potuto crescere più di tanto, e poi comunque si trattava di un gruppo un po’ diverso rispetto a quello dell’anno scorso. Ho trovato comunque un gruppo con moltissima voglia di lavorare, molto entusiasta, probabilmente più affiatato rispetto a quello della Sicilia, e ciò mi ha fatto molto piacere; forse uno dei motivi era che si trattava di una trasferta all’estero, e i ragazzi hanno sentito molto il fatto di vestire la maglia azzurra fuori dall’Italia. Il fascino di giocare in nazionale è sempre importante, si fa sentire.
Il nostro gruppo ha subito purtroppo alcuni infortuni…
Purtroppo l’infortunio di Chiarini è stata una brutta tegola. Si tratta comunque di un incidente di gioco, che avrebbe potuto succedere in qualsiasi altra situazione, visto che Mario si è fatto male tuffandosi per prendere una palla in esterno. Per quanto riguarda gli altri ragazzi che si sono fatti male, tutto è sotto controllo, non ci sono problemi.
Come reagiscono le società a questi ‘prelievi di giocatori?
Penso che reagiscano bene, almeno a giudicare dalla ‘corsa che c’è per inserire i ragazzi nel gruppo P.O. e alle polemiche che ogni tanto vengono fuori. Penso che quello che noi facciamo, prendendo in prestito i ragazzi per un po’ di tempo, aiuti indirettamente anche loro, perché il nostro obiettivo è far crescere i ragazzi individualmente, oltre che creare un gruppo per il futuro della nazionale. Io cerco di star fuori dalle polemiche; ovviamente cerchiamo di fare il lavoro di scouting migliore possibile, ma coprire tutti al 100{8c41107f3fabdf2bf36e3f6ad18663538ab5fb69af5705122daafe8cdfe71b4f} è logisticamente impossibile.
Come procederà il progetto P.O.?
Ora, in aprile, manderemo un gruppo per un torneo in Spagna. La lista dei convocati la renderò nota tra un paio di settimane; non credo che avremo a disposizione i giocatori che militano in A1, visto che il campionato non si ferma, quindi il gruppo potrebbe essere un po’ diverso da quello del Sud Africa. Continueremo poi il lavoro di scouting; in serie B militano una quantità enorme di squadre e giocatori, e spero di essere coadiuvato da qualcuno, magari dai tecnici cubani. Il nostro è un gruppo destinato a cambiare costantemente, visto che la squadra è formata, a parte qualche eccezione, da giocatori di età prefissata; l’anno prossimo, a parte qualche fuoriquota che può servire a Faraone, prenderemo in considerazione soltanto ragazzi nati dopo il 1981. Secondo me, inoltre, sarebbe una buona idea fare un altro stage a fine stagione, magari in Florida o a Cuba, ma bisognerà vedere se ci saranno i fondi necessari.
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