Adesso in Olanda c’è anche caldo. Proprio caldo che si suda, almeno al mattino nella mia camera.
“Lo avevano detto di non mettersi nelle camere rivolte al sole”. Già, perchè chi ha costruito questo albergo non pensava proprio che un giorno ci sarebbe stato il ‘global warming’ e anche in Olanda l’aria condizionata avrebbe avuto il suo perchè.
A parte tutto, io a questa storia del ‘global warming’ non ci credo. O meglio, non credo che le temperature straordinarie di quest’anno siano dovute al fenomeno in questione. Sono più propenso a credere che sia un’annata particolare, anche perchè ho sempre saputo che il ‘global warming’ produce aumenti di temperature nell’ordine di 1 o 2 gradi mediamente, quindi nulla che possa mutare il clima di una nazione in tempi brevi. Ammetto però di non saperne troppo sull’argomento.
So però abbastanza di come funziona la costruzione di un telegiornale per dire che i servizi sul tempo vengono abitualmente realizzati quando non si ha di meglio e improvvisati il giusto. Quindi: non prendeteli troppo sul serio.
Poco fa sono stato ‘rimproverato’ dagli azzurri perchè nella cronaca della partita di oggi ho scritto che nell’inning finale Nyari ha fatto battere 3 rimbalzanti agli avversari. Tutti si riferiscono al fatto che la prima palla battuta su Schiavetti, che ha regolarmente effettuato l’eliminazione in prima, fosse qualcosa in più di una rimbalzante.
Lo ammetto, non stavo guardando. L’azione aveva poche probabilità di influire sulla gara ed io ero impegnato a rispondere a qualcuna delle migliaia di telefonate che abitualmente mi arrivano durante le partite (alcune con del senso, altre meno).
Rispondere al telefono allo stadio qui in Olanda comporta un rischio: alzando le mani dai vari fogli sui quali prendo appunti, li lascio in balia del vento. Come tutti sapete, il vento qui nei Paesi Bassi è una costante mica indifferente, per cui lo svolazzare di carta che ne consegue è sempre notevole.
Io ricevo talmente tante telefonate che in molte occasioni metto ‘il pilota automatico’. Ovvero, rispondo ma faccio anche dell’altro. Ad esempio ricopio i nomi dei giocatori sui miei fogli da score, con il telefono incastrato tra l’orecchio e la spalla e appoggiato al mento. So che ci sono gli auricolari, ma tendo a perderli. E poi non mi piace fare la figura del matto che parla da solo.
Mentre tengo occupato chi mi parla al telefono con concetti brillanti tipo “Mmmmh” oppura “Ah, ah”, mi accorgo quasi sempre di aver scritto i nomi dei giocatori di una squadra al posto di quelli dell’altra. Così ‘scarabocchio’ il foglio (come mi diceva il Maestro Berti nei primi anni ’70), perchè gettarlo non sia mai: io di solito mi porto i fogli da score contati. Ci sarebbe anche l’eventualità di fare lo score a matita, ma anche questo mi disturba concettualmente. Così mi tengo lo score scarabocchiato. Che una volta credevo fosse anche di cattivo auspicio per il risultato della partita.
A proposito di scaramanzia, pare che dal nostro albergo continuino a sparire portasale. A cosa servono? Ma a “lavorare” il terreno di gioco prima degli incontri, che diamine.
Non chiedetemi chi lo fa. Non perchè io non lo sappia, ma perchè non lo direi manco sotto tortura.
Sappiate comunque che è la stessa persona che questa sera, mentre con alcuni azzurri conversavamo ai tavolini di un caffè del centro di Haarlem, ha esultato lasciandomi perplesso. Motivo: “La prima volta che abbiamo bevuto qui, poi ne abbiamo vinte 2 in fila”.
Il mio amico degli ‘sms’ fa invece un po’ il difficile. Nel senso che promette grandi rivelazioni e invece tutti i messaggi che mi ha mandato erano solo per chiedere il risultato delle partite. Mi sa che della sua tanto prevista estate da play boy sentirete parlare poco.
Due comunicazioni.
La prima è per il mio amico El Pelon. Come mi ha fatto notare un azzurro, visto che disprezzo tanto il cibo locale lo devo tranquillizzare se per caso non ho intenzione di citare locali da frequentare ad Haarlem. Tranquillizzo sia El Pelon che l’azzurro suo conterraneo e cito la pizzeria ristorante Venezia, pieno centro. Luogo storicamente destinato a fungere da covo nei momenti di delusione o a celebrare quelli di euforia.
A parte che abbiamo mangiato un’ottima pizza, mi ha incuriosito il gestore, che è un emigrante anni ’80. A differenza da quella alla ricerca di un lavoro degli anni ’50, ’60 e ’70, l’emigrazione italiana anni ’80 è un prodotto del turismo. E’ quasi sempre effettuata allo scopo di seguire quella tipa della quale “cosa vuoi che me ne freghi, è solo una storia estiva” e conosciuta in spiaggia.
Lo dico perchè ci avevo provato anch’io. Ma il fatto che sia qui ad itinerare per voi vi farà capire che quel tentativo non è andato troppo a buon fine.
Veniamo alla seconda comunicazione. Come cronista itinerante mi sto specializzando nelle “transumanze” da Haarlem a Zandvoort. Ho un talento del tutto particolare per arrivare a Zandvoort sempre da una strada diversa, così che i 12 chilometri che separano le due città tendono a diventare molti di più.
Perchè vado avanti indietro da Haarlem a Zandvoort? E’ uno dei tanti segreti occultati dall’Ufficio Stampa della FIBS.
Chiudo citando la battuta del mese di luglio: “Certo che il nostro fisioterapista (Stefano Canali) deve avere parecchi parenti qui”.
Ah, davvero? “Non vedi quanti canali”…
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