Meno male che c'è “Star Trek”

Sono sempre stato dell'idea che certe giornate nascono male, sono destinate a finire male e quindi è nostro dovere farle finire il più presto possibile. Oggi è una di quelle, ad esempio.
Nonostante i ripetuti segnali ricevuti fin dal primo mattino, ho deciso comunque di svolgere alcune commissioni. Nel bel mezzo del mio 'circuito di doveri' è arrivato però l'ennesimo indizio di come la giornata sarebbe stata negativa.
Alla cassa di un iper mercato uno dei prodotti che avevo acquistato non veniva riconosciuto. Dopo febbrili consultazioni con i suoi superiori al telefono, la cassiera ha pensato di trovare la soluzione. In realtà, al posto di una cosa che costava 1.32 iuros mi ha addebitato una ricarica telefonica (?!) da 30 iuros. E meno male che se ne è accorta lei, perchè il vostro cronista pagherebbe qualsiasi conto gli venisse sottoposto, a patto che rientri nelle sue possibilità finanziarie.
Per riavere i miei 30 iuros sono dovuto prima andare all'ufficio informazioni e poi ad una cassa: “Ma non è necessario che vada alla stessa” mi ha informato la ragazza delle informazioni.
Mentre incassavo il maltolto mi sono anche arrivate 5 o 6 telefonate che annunciavano colpi di mercato di baseball o volevano commentarli. In effetti, il mondo del baseball ha una certa tendenza a chiamarmi quando sono all'interno dei super mercati o sul tratto Bologna-Firenze; in entrambi i casi, notoriamente non si sente nulla e la linea tende a cadere ripetutamente.
Dopo che è successo anche questo, non ho potuto far finta di non vedere. E sono tornato a casa.

Oggi è una brutta giornata, insomma. E meno male che questa sera c'è “Star Trek”.
“Star Trek”, lo si può dire di tutte le sue serie, è l'America. E anche il baseball è l'America. Si potrebbe quindi concludere che “Star Trek” è il baseball, ma mi rendo conto del fatto che sarebbe un'affermazione estremamente discutibile. Così come dire che il baseball è “Star Trek”. Posso però tranquillamente affermare che questa serie televisiva al baseball è comunque legata.
Nella serie “Deep Space Nine” un episodio si intitola addirittura “Take me out to the Holosuit”, gioco di parole che coinvolge la celebre canzone “take me out to the ball game” e una delle grandi idee di “Star Trek” a partire dalle serie “The Next Generation”: il 'ponte ologrammi' (in Inglese appunto 'holosuit'), luogo nel quale si può riprodurre di tutte secondo un procedimento tecnico teoricamente ingegnoso, a patto che si dia per scontato di avere a disposizione fonti di energia illimitate o quasi e la capacità di poter scindere energia e materia…anche gli appassionati di “Star Trek” chiamano questi discorsi “tecno bla bla”, quindi è meglio lasciar perdere. Diciamo solo che sul ponte si gioca una partita a baseball tra gli equipaggi di 2 astronavi. Inoltre, il capitano Sisko (l'attore Tom Avery) è un appassionato di baseball e tiene una pallina sulla sua scrivania.
Gli esempi sono tanti altri, ma il più commovente viene dalla serie “Voyager” e dall'episodio della sesta stagione “One small step” (il rimando alla celebre frase di Neil Armstrong durante lo sbarco sulla Luna è evidente).
L'episodio narra di un astronauta che venne dato per disperso durante una delle prime missioni umane su Marte nel 2032 (plausibile) e la cui navicella viene ritrovata. Andando a risentire i diari di bordo, l'equipaggio della nave “Voyager” di 300 anni dopo scopre che l'astronauta non era morto immediatamente, ma aveva vissuto giorni di solitaria agonia. A tenergli compagnia erano stati il ricordo di un giocatore capace di battere l'hitting streak di Joe Di Maggio (questa sì, è fantascienza…) durante le “World Series” del 2032 e il rammarico per non sapere il risultato della Serie Mondiale tra Yankees e Astros.
Quando l'equipaggio della “Voyager” decide di dare sepoltura ai resti dell'astronauta, la normalmente inflessibile 'Borg' (razza aliena che annulla l'individuo a favore della collettività) 'Sette di Nove' si sente in dovere di pronunciare le seguenti parole: “Gli Yankees, alla sesta partita”.
Non ci crederete, ma mi sono commosso. Ero davanti al televisore e pensavo che solo il baseball poteva essere usato in un contesto del genere e che solo gli americani sanno comunicare con tanta grazia e semplicità attraverso il baseball. Ho pensato anche che se solo c'è una lontana speranza di comunicare emozioni del genere una volta nella vita, allora vale davvero la pena di scrivere di baseball fino a che ce ne sarà data occasione.

Riccardo Schiroli

Nato nel 1963, Riccardo Schiroli è giornalista professionista dal 2000. E' nato a Parma, dove tutt'ora vive, da un padre originario di Nettuno. Con questa premessa, non poteva che avvicinarsi alla professione che attraverso il baseball. Dal 1984 inizia a collaborare a Radio Emilia di Parma, poi passa alla neonata Onda Emilia. Cresce assieme alla radio, della quale diventa responsabile dei servizi sportivi 5 anni dopo e dei servizi giornalistici nel 1994. Collabora a Tuttobaseball, alla Gazzetta di Parma e a La Tribuna di Parma. Nel 1996 diventa redattore capo del TG di Teleducato e nel 2000 viene incaricato di fondare la televisione gemella a Piacenza. Durante la presentazione del campionato di baseball 2000 a Milano, incontra Alessandro Labanti e scopre le potenzialità del web. Inizia di lì a poco la travolgente avventura di Baseball.it. Inizia anche una collaborazione con la rivista Baseball America. Nell'autunno del 2001 conosce Riccardo Fraccari, futuro presidente della FIBS. Nel gennaio del 2002 è chiamato a far parte, assieme a Maurizio Caldarelli, dell'Ufficio Stampa FIBS. Inizia un'avventura che si concluderà nel 2016 e che lo porterà a ricoprire il ruolo di responsabile comunicazione FIBS e di presidente della Commissione Media della Confederazione Europea (CEB). Ha collaborato alle telecronache di baseball e softball di Rai Sport dal 2010 al 2016. Per la FIBS ha coordinato la pubblicazione di ‘Un Diamante Azzurro’, libro sulla storia del baseball e del softball in Italia, l’instant book sul Mondiale 2009, la pubblicazione sui 10 anni dell’Accademia di Tirrenia e la biografia di Bruno Beneck a 100 anni dalla nascita. Dopo essere stato consulente dal 2009 al 2013 della Federazione Internazionale Baseball (IBAF), dal giugno 2017 è parte del Dipartimento Media della Confederazione Mondiale Baseball Softball (WBSC). Per IBAF e WBSC ha curato le due edizioni (2011, 2018) di "The Game We Love", la storia del baseball e del softball internazionali.

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