Quello che si è concluso questa settimana è stato un periodo di proficuo allenamento per la nazionale azzurra in Florida.
Agli ordini di Faraone hanno lavorato con impegno 27 giocatori, diventati per una settimana 28, che stanno cercando di guadagnarsi il posto nella lista dei 24 che rappresenterà l'Italia ad Atene. Considerato che Faraone tiene in alta considerazione almeno altri 2 giocatori (Riccardo de Santis e Liverziani), si può dire fin d'ora che la concorrenza sarà abbastanza dura.
“Sarà difficile scegliere” ha confessato Faraone “Ma questo è un segnale del fatto che il livello è alto”.
Il manager azzurro avrà tempo 13 settimane di campionato per osservare i giocatori della sua lista e fare, assieme ai suoi collaboratori, le sue scelte. Oggi come oggi è decisamente troppo presto per cominciare a fare ipotesi sulle convocazioni, anche se pare evidente dalle scelte di Faraone quale sia l'ossatura della squadra. Il periodo di “Spring Training” consente però altre considerazioni.
L'Italia ha affrontato formazioni universitarie e formazioni di professionisti di Singolo A 'short season' e Rookie League. Formazioni di giovani, nei quali gli scout cercano il talento e la potenzialità che hanno di diventare giocatori di Grande Lega.
Con i ragazzi di Rookie League in sostanza non c'è storia. I Marlins, subite 2 sconfitte, hanno messo nel line up un paio di elementi di Triplo A e in pedana pitcher di categoria superiore. I Mets hanno deciso di affidarsi ad un 'top prospect' come il lanciatore venezuelano Petit (destinato al Doppio A fin da questa stagione) e avrebbero comunque perso se la nazionale non avesse vissuto una brutta giornata in difesa.
Il meglio del nostro baseball è quindi di un livello superiore rispetto al primo gradino del baseball pro. Eppure il gap che esiste tra noi e il baseball che si gioca ogni giorno emerge comunque ed è dato dalla velocità. Non tanto dei lanci, quanto della corsa e dell'esecuzione. I primi giorni, anche contro le formazioni universitarie, i nostri corridori erano costretti a muoversi con grande circospezione. I rilanci sulle battute valide arrivavano semplicemente prima, rispetto a quel che accade nel nostro campionato.
Parliamo in particolare delle formazioni universitarie. Dominati dai nostri lanciatori, i giocatori dei Community College e della NSU (formazione di Seconda Divisione) si sono dimostrati comunque migliori nella corsa sulle basi. E la cosa lascia perplessi, perchè da un punto di vista teorico (con Dallospedale, Pantaleoni, Schiavetti, Urueta e Chiarini nel line up) l'Italia non è esattamente una squadra lenta. E' semplicemente una squadra formata da giocatori che non sono abituati a correre.
Il limite del nostro baseball non è il talento. E' piuttosto il livello di gioco, che non consente al talento di esprimere tutta la potenzialità di parecchi dei nostri giocatori. In Italia si gioca poco, insomma, e soprattutto non si gioca ai ritmi del baseball pro. Questo ad iniziare dalla frequenza delle partite. In Italia si giocano 3 gare alla settimana, ma sarebbe meglio considerare che se ne giocano 3 in 24 ore. Il doppio incontro del sabato è uno dei nemici della evoluzione dei nostri giocatori, che spesso si trovano in campo il sabato sera ormai sazi (per usare un eufemismo…) di baseball, quasi annoiati. Per capire cosa voglio dire, consiglio di recarsi allo stadio in luglio alle 2 del pomeriggio, consumare la cena lì e andarsene a mezzanotte o l'una. Personalmente, sono sempre arrivato poco lucido a commentare le partite, in queste condizioni. Figuriamoci cosa deve essere giocarle.
Meno giustificabili sono i clamorosi cali di concentrazione che portano gli azzurri a commettere (nei momenti 'down') raffiche di errori. Lo Spring Training non ha fatto eccezione. L'Italia ha commesso 9 errori in 8 partite. Un po' troppi, ma il problema non è il numero in assoluto. E' il fatto che in 6 di queste partite gli azzurri ne hanno commesso uno e nelle altre 2 ben 8.
Vedendo la nazionale in campo è ovvio che comunque emerge anche qualche altro limite.
In battuta l'Italia non riesce a dare continuità alla sua azione, a certi livelli.
So benissimo che in uno “Spring Training” le cifre non sono mai da prendere come dato assoluto, ma se scorriamo quelle di primavera degli azzurri emerge che l'unico dei titolari ad aver battuto sopra 300 è il sorprendente Parisi (500), che comunque ha relativamente pochi turni di battuta (14). Sui suoi livelli di turni bene sono andati Frignani (333 e 3 pbc) e Imperiali (308). Bene è andato anche Bischeri (333, ma con 9 turni). Tra chi ha giocato sempre, vicino a 300 va Chiarini (292 e 4 punti battuti a casa) e non troppo lontano troviamo Dallospedale (278) e l'esordiente Urueta (273). Citiamo anche Ramos, che ha chiuso con una media modesta (240) ma con 2 fuoricampo e 7 punti battuti a casa.
Va da sè che una delle preoccupazioni di Faraone sarà nei prossimi mesi inserire (oltre a Liverziani) almeno una mazza capace di garantire una certa sistematicità nella produzione di punti.
A livello di lanciatori vengono le note migliori. A parte qualche segno di stanchezza accusato negli ultimi giorni, e dovuto anche al fatto che il calendario si è compattato un po' troppo a causa dei cambi di programma imposti dai Marlins e dai Mets, i nostri pitcher sono stati per larghi tratti dominanti. Il settore sembra (ed è una novità per il nostro baseball) quello che preoccupa di meno, in proiezione Atene. Se si eccettuano le condizioni di Matteo Nava, un patrimonio del baseball italiano, che non ha ancora recuperato i problemi accusati negli ultimi play off.
Faraone e i suoi collaboratori hanno ora tempo per lavorare lontani dalle luci della ribalta. La prima cosa da decidere è la conposizione del roster per i Giochi. In linea di massima si può pensare che assomiglierà a questa: 12 lanciatori; 4 uomini per le posizioni di seconda base, interbase e terza base, 2 catcher, 4 esterni e 2 jolly che potrebbero essere utility o bomber, a seconda delle necessità.
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