Il silenzio del cronista itinerante

E' qualche settimana che non scrivo il diario, ma non c'è un motivo particolare per cui questo è accaduto. Semmai, si è creata una situazione che mi stimolava poco a farlo. Non nego, e ho espresso questi dubbi al direttore responsabile e all'editore, di aver avuto qualche perplessità sulla politica editoriale di baseball.it, ultimamente. Ma non è una tragedia, succede. E il fatto che il direttore in questione e l'editore sopra citato mi abbiano ripetutamente confermato il loro apprezzamento per questa rubrica, mi ha stimolato a ritenerla 'in vita', per quanto silente.

Il diario riprende anche perchè sono all'inizio di quello che potrebbe rivelarsi il viaggio più memorabile del cronista itinerante dai tempi del Mondiale 2001 di Taiwan. Sono infatti in partenza per Atene, dove dovrei seguire le Olimpiadi. E scrivo 'dovrei', perchè parto con un programma che definire "di massima" è ancora generoso e assolutamente non sicuro di cosa aspettarmi nella capitale della Grecia.
L'ultima volta che sono stato ad Atene ero sempre 'inviato', ma al seguito del Milan che avrebbe battuto il Barcellona 4-0 per vincere la Champions League di calcio. Era il 1994 e Atene era delusa per non aver avuto l'organizzazione dei Giochi del 1996. Senza ombra di dubbio, troverò oggi una città molto diversa. Ma non è questa la mia fonte di incertezza. Quel che non so come aspettarmi è l'atmosfera. Ricordo infatti Atene come una città abbastanza levantina e caotica, ma gioiosa e assolutamente incline al divertimento. Sarà così anche in questo 2004, dopo tutte le previsioni di possibili disastri legati all'organizzazione dei Giochi?

L'Olimpiade è anche l'atto conclusivo di una legislatura federale. Quindi, anche del mio contratto con la FIBS.
Ora come ora, non so se la Federazione Baseball è nel mio futuro o se io sono nel suo. Penso che mi piacerebbe continuare, ma non voglio pormi il problema più di tanto.
Certo, sono stati 2 anni e mezzo intensi, impegnativi; sotto certi punti di vista, bellissimi. Sono stati anche anni nei quali ho molto rinunciato a me stesso. Lo vedo dai libri che si accumulano sulle scansie del mio studio, comprati e non letti. Già, perchè comprare un libro e leggerlo sono 2 atti diversi. Sono anche 2 piaceri diversi, perchè nel comprare un libro anche la soddisfazione fisica di prenderlo in mano, maneggiarlo e sfogliarlo non è assolutamente indifferente.
Punto e a capo. Perchè mi sto rendendo conto di essere diventato malinconico.

Parliamo invece delle Olimpiadi dal punto di vista sportivo, differenziando tra baseball e softball.
Per ciò che concerne il softball, si gioca un torneo che mette effettivamente di fronte il meglio del mondo. L'Italia ne fa parte a buon diritto, essendo ormai Campione d'Europa da tempo immemorabile ed essendosi piazzata tra le prime 8 in 2 Mondiali consecutivi.
Ipotizzare che si vinca una medaglia non è un azzardo, ma credere che se non arriverà succederà chissà quale cataclisma è decisamente eccessivo. Tra le partecipanti ai Giochi 2 (Giappone e Stati Uniti) sono onestamente più forti dell'Italia, mentre 4 (Taiwan, Cina Popolare, Canada e Australia) sono formazioni che abbiamo battuto. La Grecia non l'abbiamo mai affrontata, ma sulla carta ci è inferiore. Va quindi da sè che se l'Italia darà il massimo potrà anche piazzarsi terza, ma se giocherà sotto le sue possibilità rischierà di arrivare al settimo posto. Tra queste 2 ipotesi ci sono diverse strade intermedie, ovviamente. Ma è giusto considerare tutte le possibilità.

Nel torneo di baseball non ci saranno 'i migliori', ma tutte le squadre si presenteranno imbottite di professionisti. Compresa l'Italia, visto che per parecchi giocatori in rosa il baseball è un'attività lavorativa e considerato che quasi tutti i titolari (Liverziani, Dallospedale, Mazzanti, Buccheri, Francia, Chiarini) e parecchi lanciatori (Rollandini, Marchesano, Olenberger, Richetti, Nyari) hanno più o meno breve esperienza di baseball pro negli Stati Uniti. Su la testa, quindi, e niente complessi di inferiorità. Anche se la consapevolezza di rappresentare un paese 'outsider' è bene averla.
Se guardiamo all'ultimo anno, troviamo un lungo elenco di partite perse 'bene', dopo essere stati a lungo in partita.
Se questo rappresentasse un punto di arrivo, potremmo stare a casa da Atene. Ma se lo si prende come punto di partenza, la sfida diventa stimolante. Anche perchè in ogni 'bella' sconfitta degli azzurri io ho trovato sempre episodi che hanno condizionato il risultato a loro sfavore: errori, disattenzioni, uomini lasciati in base quando bastava mettere la palla in gioco per segnare. Come dire: senza errori, eseguendo quelle che gli americani chiamano 'le piccole cose', molte di quelle partite l'Italia le avrebbe vinte.
La storia, insomma, è la solita del bicchiere "mezzo pieno o mezzo vuoto". Non è mia intenzione uscirmene con dichiarazioni memorabili tipo "gli errori fanno parte del gioco" (certo che ne fanno parte, ma se li commettono gli altri è meglio…), ma solo sottolineare come rimanere in partita contro squadroni come Canada, Taiwan, Cuba e (perchè no? Ha in campo almeno 3 giocatori titolari in Triplo A) Olanda può essere un fatto positivo ma anche un limite, se è tutto quello di cui ci accontentiamo.

Questa nazionale di baseball (al contrario di quella di softball, che ha svolto la sua preparazione senza suscitare polemiche) non piace a tutti. L'esclusione di Ermini ha suscitato infinite discussioni, cosa comprensibile visto l'ottimo rendimento di Ermini in campionato.
La storia dello sport italiano è per altro piena di nazionali che le indicazioni del campionato le hanno raccolte solo in parte. Molti miei amici tutt'ora mi deridono perchè nel 1982 dichiarai che Bivi meritava la nazionale più di Paolo Rossi. Oggi dubito che con Bivi avremmo vinto il Mondiale di calcio. Nel 1978 Cabrini venne convocato solo perchè Facchetti si chiamò fuori all'ultimo minuto e tolse il posto ad un mio idolo personale: Aldo Maldera… 'terzo', come amerebbe scrivere Gianni Brera; è certo che prima del Mondiale d'Argentina pensai ad un complotto nei confronti del mio Milan, ma avevo solo 15 anni. Quest'anno molti si sono chiesti perchè Gilardino non sia stato preferito a Di Vaio o Corradi da Trapattoni. E l'elenco è molto parziale.
Le scelte sono competenza esclusiva di chi è pagato per prenderle. Si può essere d'accordo o meno, ma dare l'attenuante della buona fede e della professionalità a chi le compie mi sembra comunque il minimo.

Questa nazionale di baseball rappresenta questo movimento, certamente più di quanto quella olandese rappresenti il movimento dei Paesi Bassi (su 8 'position players' titolari ben 5 non giocano in Olanda) o quella australiana rappresenti il movimento 'downunder' (in Australia non esiste nemmeno un campionato nazionale). Se poi vogliamo osservare che solo in parte rappresenta la nostra 'scuola', possiamo pure farlo. Dopo aver però almeno constatato che anche mettendo assieme tutti i lanciatori partenti di scuola italiana (includendo nella 'ricerca' le migliori squadre di A2) difficilmente riusciremmo a mettere assieme uno staff in grado di rappresentarci ad Atene o su qualsiasi altro palcoscenico di livello mondiale. E' brutto e brutale, ma è così.
E' ovvio che, se desidera un futuro di alto livello, il baseball italiano dovrà cambiare direzione rispetto agli ultimi 15 anni. Io personalmente vedo segnali a questo riguardo molto incoraggianti. Ma qui mi fermo, perchè non è mia intenzione aprire su queste colonne la campagna elettorale.

Chiuderò scusandomi se sono stato prolisso (evidentemente ero in crisi di astinenza…) e parlandovi del mio ultimo viaggio di piacere.
A luglio sono stato qualche giorno in Irlanda. A Dublino, per strada e nei locali, ho incrociato centinaia di ragazzi giovanissimi con gli zainetti 'EF', inequivocabile segno distintivo di chi è in 'vacanza studio'. Ho ricordato com'ero io alla loro età e mi sono trovato in un attimo a sentirmi gli occhi pieni di lacrime per l'emozione. Un'emozione tanto forte da farmi quasi percepire quei giorni fisicamente. Per un attimo ho sentito il profumo dei toast che la signora Sampson mi preparava a Torquay nel 1979.
E' stato un attimo. Ho sorriso e ho ricominciato a godermi Dublino. La nostalgia, insomma, è un sentimento più che decente. A patto di non crogiolarvisi e pretendere che, perchè noi proviamo queste sensazioni, il tempo si fermi.

Riccardo Schiroli

Nato nel 1963, Riccardo Schiroli è giornalista professionista dal 2000. E' nato a Parma, dove tutt'ora vive, da un padre originario di Nettuno. Con questa premessa, non poteva che avvicinarsi alla professione che attraverso il baseball. Dal 1984 inizia a collaborare a Radio Emilia di Parma, poi passa alla neonata Onda Emilia. Cresce assieme alla radio, della quale diventa responsabile dei servizi sportivi 5 anni dopo e dei servizi giornalistici nel 1994. Collabora a Tuttobaseball, alla Gazzetta di Parma e a La Tribuna di Parma. Nel 1996 diventa redattore capo del TG di Teleducato e nel 2000 viene incaricato di fondare la televisione gemella a Piacenza. Durante la presentazione del campionato di baseball 2000 a Milano, incontra Alessandro Labanti e scopre le potenzialità del web. Inizia di lì a poco la travolgente avventura di Baseball.it. Inizia anche una collaborazione con la rivista Baseball America. Nell'autunno del 2001 conosce Riccardo Fraccari, futuro presidente della FIBS. Nel gennaio del 2002 è chiamato a far parte, assieme a Maurizio Caldarelli, dell'Ufficio Stampa FIBS. Inizia un'avventura che si concluderà nel 2016 e che lo porterà a ricoprire il ruolo di responsabile comunicazione FIBS e di presidente della Commissione Media della Confederazione Europea (CEB). Ha collaborato alle telecronache di baseball e softball di Rai Sport dal 2010 al 2016. Per la FIBS ha coordinato la pubblicazione di ‘Un Diamante Azzurro’, libro sulla storia del baseball e del softball in Italia, l’instant book sul Mondiale 2009, la pubblicazione sui 10 anni dell’Accademia di Tirrenia e la biografia di Bruno Beneck a 100 anni dalla nascita. Dopo essere stato consulente dal 2009 al 2013 della Federazione Internazionale Baseball (IBAF), dal giugno 2017 è parte del Dipartimento Media della Confederazione Mondiale Baseball Softball (WBSC). Per IBAF e WBSC ha curato le due edizioni (2011, 2018) di "The Game We Love", la storia del baseball e del softball internazionali.

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