Marco Screti, arbitro ad Atene

Nell'Olimpiade di Atene così amara per i colori azzurri, almeno una soddisfazione possiamo dire di essercela tolta. Marco Screti è stato l'arbitro che ha diretto in prima base la semifinale, nel complesso nove partite in nove giorni per il 39enne di Nettuno al quale, come già scrivevamo a maggio quando uscirono le convocazioni per gli arbitri, a questo punto manca solamente di andare a dirigere una partita di major league. Quasi venti anni in campo, l'inizio nelle giovanili e poi tanta serie A. Internazionale praticamente dal 1993, anche se poi la nomina ufficiale arrivò poi nel '95, si ritrova alle spalle la partecipazione a Intercontinentali, Europei, tre mondiali (uno juniores in Canada, uno seniores a Taiwan e quello del 1998 in Italia), coppe e coppette varie, ed adesso come ciliegina sulla torta anche l'Olimpiade.
Insomma, è stata una bella esperienza?
Bellissima, sicuramente vale la pena di essere vissuta un'Olimpiade. Noi eravamo alloggiati non nel villaggio degli atleti, ma in dei bungalow insieme agli arbitri di softball e a quelli dello slalom del kayak.
Eravate sottoposti a dei controlli rigidi?
Molto rigidi, per entrare dentro il villaggio dovevamo passare quattro controlli, due visivi per il pass e due con il metal detector. Poi negli ultimissimi giorni la cosa si è un po' allentata. Nel complesso era una buona organizzazione, ma per certi versi molto rigida.
Quante partite hai arbitrato?
Nove in nove giorni. Sono stato in terza in occasione di Grecia-Olanda, la gara inaugurale del torneo Olimpico. A casa base ho diretto Taipei – Australia e Giappone – Grecia, oltre alle altre poi anche la semifinale tra Cuba e Canada.
Che livello di gioco hai riscontrato in quel di Atene?
Veramente molto alto, basti pensare che i lanciatori che ho visto da casa base lanciavano tutti sistematicamente la dritta almeno a 92 miglia orarie. Oppure, tanto per fare un esempio, la partita tra Australia e Giappone che si è chiusa 1 a 0 non è stata affatto noiosa, come spesso può essere un risultato così, ma si è vista una gran partita con delle difese praticamente impenetrabili.
Ti sei confrontato anche con alcuni tra i migliori arbitri del mondo…
E devo ammettere che mi sono sentito al confronto molto “piccolo”. Un aneddoto è la dimostrazione, discutendo una sera con un arbitro messicano mi è scappato di chiedergli che lavoro facesse. Mi ha guardato un po' sorpreso e poi mi ha spiegato che lui arbitra sei giorni su sette, undici mesi all'anno. Eppure alla fine eravamo lì che condividevamo la stessa esperienza.
E alla prossima Olimpiade, vogliamo pensarci?
Guarda, è un'esperienza così bella che penso sia giusto farla vivere anche ad un altro.

Mauro Cugola

Nato tre giorni prima del Natale del 1975, Mauro è laureato in Economia alla "Sapienza" di Roma, ma si fa chiamare "dottore" solo da chi gli sta realmente antipatico... Oltre a una lunga carriera giornalistica a livello locale e nazionale iniziata nel 1993, è anche un appassionato di sport "minori" come il rugby (ha giocato per tanti anni in serie C), lo slow pitch che pratica quando il tempo glielo permette, la corsa e il ciclismo. Cosa pensa del baseball ? "È una magica verità cosmica", come diceva Susan Sarandon, "ma con gli occhiali secondo me si arbitra male". La prima partita l'ha vista a quattro mesi di vita dalla carrozzina al vecchio stadio di Nettuno. Era la primavera del '76. E' cresciuto praticamente dentro il vecchio "Comunale" e, come ogni nettunese vero, il baseball ce l'ha nel sangue.

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