Credo che dopo l'eclatante vittoria dell'Italia per 10-0 sull'Australia all'esordio del World Baseball Classic dovrei essere felice ed orgoglioso ed invece lo stato d'animo che provo è l'opposto. Sfortunatamente il baseball centra poco, o solo in parte.
Sicuramente dopo aver incensato la prova in seconda base del “nostro” Davide Dallospedale a Lakeland, vedere che Matt Galante ha scelto Frank Menechino per questo primo incontro del World Baseball Classic mi ha lasciato l'amaro in bocca, perché evidentemente in cuor mio un po’ ci speravo.
D'altronde al di qua dell’oceano si fa davvero sul serio. In tutti i sensi e sotto ogni aspetto: da chi va in campo (e le partite contano tutte) al materiale delle singole formazioni, dal merchandising in quantità industriale e costosissimo – alle infrastrutture per i media fino all'organizzazione di questo evento in generale che in termini di pubblico sta ottenendo un notevole successo, almeno per chi, come il sottoscritto, è abituato ad altri numeri di sicuro minore impatto.
Deve essere stato questo continuo paragonare il World Baseball Classic a quanto avviene in Italia che mi deve aver fregato. Qua è un'altra storia, o meglio un altro sport.
Un episodio personale per farvi capire cosa intendo quando sottolineo che siamo lontani miliardi di anni. Ci ha pensato l'ufficio preposto alle relazioni con i media della Major League a farmi capire come girano le cose nel mondo del baseball USA, senza tener conto del fatto che erano stati preventivamente avvisati prima della partenza.
E’ bastata una richiesta di accredito stampa, attraverso la complicata procedura messa a punto dal WBC, in cui chiedevo anche di poter far vivere a mio figlio (minorenne) per la prima volta l’ebbrezza delle Majors. Oltre al sottoscritto che vi invio i suoi report online.
Nonostante le assicurazioni avute successivamente dai colleghi dell’ufficio stampa italiano (eravamo in due ad essere accreditati), gli americani sono stati invece netti ed inflessibili: il bambino non è un giornalista e non può entrare come media. Scritto nero su bianco sull'accredito “Not for use by anyone under 18“.
Precisi stì yankee, come i lanciatori di dritte ad oltre 90 miglia che.
Noi italiani, però, cerchiamo di fare squadra, aiutandoci vicendevolmente. E il ‘santo del giorno ha un nome ben preciso: “Enzo Savasta” from Sicily, Italy che, come uno dei più lesti pusher di Piazza Verdi a Bologna, mi ha allungato un biglietto omaggio nientepopodimenoche per la prima fila sopra al dugout dei nostri ‘eroi, consentendo soprattutto a mio figlio di godersi lo spettacolo ed a me di aggirare lo sguardo truce dell'inserviente all'ingresso dedicato ai media.
Ho così potuto assistere alla gara insieme ai festosissimi fans degli azzurri che per oltre un’ora hanno richiesto insistentemente autografi su palline, cappellini, magliette e tutto ciò che potesse contenere uno scarabocchio. Non c'è che dire, l'Italia è un bel marchio e soprattutto attira.
Un paio di lezioni le abbiamo imparate: oltreoceano il baseball, oltre ad essere di un altro livello, ha anche un tale livello di organizzazione e di efficienza che noi ce lo sogniamo. E non c’è bimbo che tenga. Se sei accreditato, devi coprire l’evento, senza pargoli al seguito. Neanche se quel bimbo ha un sogno in tasca: vedere da vicino una partita con le stelle della Majors affianco al suo papà.
Come pure ci sogniamo gli spazi sui giornali che mentre in Italia, nell’indifferenza generale non stanno pubblicando neanche più le brevi o i ‘pallini, in America strombazzano il WBC ai quattro venti. Paginate e paginate. E tanta TV.
Anche sul fronte delle sponsorship non siamo messi meglio. Sfortunatamente anche le aziende si sono tenute a debita distanza visto che ieri la MLB ha ufficializzato la lista dei marchi co-sponsor delle singole formazioni e l'Italia risulta fuori da un elenco che, ad onor del vero, include principalmente le formazioni nord e sud americane.
Proviamo comunque a godere di questa vittoria che proietta la formazione di Matt Galante nel novero delle prime sorprese del WBC e che oggi sarà chiamata alla prova del nove contro il Venezuela bastonato ieri dalla Repubblica Dominicana per 11-5 e quindi con il team di Luis Sojo che si gioca il tutto per tutto.
Nel frattempo proverò a scrivere, tenendo al mio fianco “quella creatura” a cui dovrò rimediare comunque un biglietto al botteghino o, in emergenza assoluta, al solito santo di turno. Riuscirà lo ‘stellone italiano a venirmi in soccorso?
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