Sarebbe bastato un ‘gran batazo, un ‘grande slam, uno di quei lunghi fuoricampo a cui Cuba ed i suoi campioni ci hanno da sempre abituato per riaprire i giochi e rimettere in discussione la finalissima di San Diego. Invece no. Pur essendosi preparata al meglio (nell’isola caraibica il campionato è stato sospeso fino al 24 marzo per permettere all’allenatore Higino Velez di poter allestire la miglior formazione possibile), Cuba ha dovuto abbassare la guardia contro i motivatissimi nipponici. Il 10-6 nel match conclusivo e decisivo del primo World Baseball Classic ha permesso al Giappone di gioire per il trionfo. Meritatamente. Viva il Giappone.
Al Petco Park la squadra del Sol Levante ha giocato duro, di potenza, ha mostrato grandi capacità tattiche unitamente ad una indiscussa tecnica. Parole di Higinio Velez, l’allenatore di quella nazionale cubana che per la trentasettesima volta aveva raggiunto una finale tra Olimpiadi (4), Campionati del Mondo (20), Coppe Intercontinentali (12) e ora il World Baseball Classic.
D’altronde l’aveva promesso il suo esimio collega avversario, Sadaharu Oh, 65 anni ma senza nessuna voglia di peccare di presunzione: il Giappone avrebbe assicurato una prestazione eccezionale giocando comunque, sia in caso di vittoria che di sconfitta, con lo stesso cuore e lo stesso orgoglio che aveva condotto la squadra fino in fondo dopo una maratona lunga 17 giorni e 39 gare disputate tra Tokyo, Arizona, Florida, Portorico e California.
L’entusiasmante epilogo al Petco Park di San Diego davanti a quasi 43.000 spettatori, tra due squadre con giusto un paio di campioni delle Majors schierati. Il Giappone di ‘big leaguers ne aveva due: l’esterno Ichiro Suzuki (da 5 anni a Seattle) ed il rilievo Akinori Otsuka (da 2 stagioni proprio a San Diego e ora con i Texas Rangers). Ed ha vinto. Cuba neanche uno. Ed è arrivata seconda.
Tanto per dimostrare che pur avendo a disposizione i migliori giocati del mondo, almeno sulla carta, il successo non è affatto garantito.
E allora celebriamo l’oro di questa nazionale nipponica, compatta, sorniona ed estremamente attenta al risultato, che si era qualificata per la semifinale solo dopo l’inaspettata esclusione degli USA, padroni di casa estromessi dai cugini messicani.
Un 10-6 che porta la firma soprattutto del lanciatore Daisuke Matsuzaka nominato MVP. Ha una palla veloce che sfiora i 150 chilometri all’ora. Lunedì notte, con il Giappone già avanti 4-0 (3 lanciatori caraibici utilizzati alla prima ripresa), aveva incassato un fuoricampo dal lead-off Eduardo Paret poi per quattro inning ha messo letteralmente ko Cuba (12 avversari eliminati su 15 affrontati).
Le ‘furie rosse di Velez si erano trovate ancora sotto 6-1 a metà gara, avevano recuperato coraggiosamente fino al 6-5 all’ottavo inning con un ‘jonron di Frederich Cepeda.
Quando sembrava che stesse per andare in scena l’ennesimo finale thrilling, i nipponici di Oh sfoderano 4 punti proprio nell’ultimo inning regolamentare. Cuba riesce solo a segnare un punto. Finisce 10-6. Il Giapppone conquista il World Baseball Classic.
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