Fra le tante epocali notizie dell´ultimo anno, probabilmente solamente una merita l´onore dell´aggettivo e precisamente quella del lanciatore Alessandro Maestri che ha firmato un contratto professionistico con i Chicago Cubs.
Se e´ vero infatti che nel passato diversi giocatori italiani avevano tentato la strada del professionismo negli Stati Uniti, e´ anche vero che si era sempre trattato di giocatori di posizione e non mi risulta che prima d´ora un nostro lanciatore abbia mai firmato per una franchigia della Major League Baseball.
Tuttavia non è un mistero che il "fenomeno" Maestri sia da accreditare, prima ancora che alla nostra scuola tecnica, all´opera di due coach stranieri; Don Landolphi negli anni giovanili e Bill Holmberg nelle ultime stagioni senior.
I fatti peraltro sono tristemente noti: sia nel campionato che a livello di nazionale senior, riteniamo oramai di doverci affidare in larga parte a lanciatori nati e cresciuti tecnicamente all´estero.
Il problema è apparso in tutta la sua evidenza in occasione del World Baseball Classic dello scorso marzo quando gli unici 2 lanciatori "Made in Italy" inclusi nel roster, lo stesso Maestri e Riccardo DeSantis, nelle 3 gare disputate dall´Italia sono saliti sul monte per 4.2 riprese, mai come partenti e con il risultato praticamente acquisito.
Inoltre, nel Mondiale Juniores disputatosi a settembre a Cuba, il solo Matteo D´Angelo è apparso lanciatore in grado di essere realmente competitivo nella categoria.
Ripensando poi alle competizioni internazionali che vedono coinvolte le nostre rappresentative -dalle Olimpiadi alle Babe Ruth World Series dei ragazzi- e´ evidente che, mentre il settore di attacco si rivela abbastanza adeguato al livello della competizione, o perlomeno non così distante dai Paesi leader, quello dei lanciatori Made in Italy spesso denuncia un´arretratezza di prestazioni preoccupante.
Perché se è pur vero che ogni lanciatore per vincere deve essere supportato dai punti segnati dalla propria squadra, è altrettanto innegabile che tutto diventa più difficile quando il lanciatore sin dai primi inning non riesce a mantenere il risultato in equilibrio.
La sensazione quindi è quella di un movimento incapace di tirare fuori, con regolarità e in quantità soddisfacente, lanciatori in grado di competere ai massimi livelli internazionali e ancor meno di suscitare interesse presso le organizzazioni professionistiche.
A prima vista la questione potrebbe sembrare risibile ma anche in previsione del ventilato "Progetto Franchigie", che come noto dovrebbe condurre il nostro baseball al professionismo nel giro di un triennio, è lecito attendersi una profonda evoluzione generale del nostro settore tecnico.
Con queste premesse abbiamo quindi ritenuto che fosse interessante una piccola inchiesta sul fenomeno attraverso le opinioni raccolte presso alcuni noti operatori del settore che hanno accettato di rispondere alle nostre domande e che ringraziamo per la loro disponibilità.
DOMANDA: Concordate sul fatto che negli ultimi decenni in Italia non siamo stati in grado di produrre (con l´eccezione di Alessandro Maestri) lanciatori di livello, se non professionistico, quantomeno internazionale ?
Beppe Massellucci (manager Nazionale Under 21-Club Italia): "Concordo, e non solo per quanto riguarda i lanciatori, ma anche per i battitori e in generale per i position players. In sostanza, dopo la generazione dei Castelli, Laurenzi, Luongo, ect
e quella successiva dei Bianchi, Gambuti, Carelli, eccetera si è assistito ad un inaridimento della "produzione" di giocatori di alto livello. Vorrei specificare che si tratta, a mio avviso, di un problema più di quantità che di qualità. Per esempio, un Riccardo DeSantis o un Maestri, per velocità, padronanza dei lanci, dominanza in campo europeo, non sono inferiori a ciò che furono un Bertoni o un Ceccaroli. Così dicasi per il miglior Liverziani o Mazzanti, se paragonati ai nomi del passato. Pur non essendo un pitching coach, individuo sicuramente i meriti di Landolphi e degli altri allenatori che si sono succeduti nella crescita di Maestri, al quale va comunque riconosciuto, al pari di Alex Liddi, un talento non comune. Da rilevare però che lo sviluppo di un lanciatore non richiede le stesse condizioni di competizione che sono invece necessarie per battitori: paradossalmente infatti, se c´è il talento fisico, un istruttore competente può creare un buon lanciatore anche insegnandogli a lanciare la palla contro un muro, mentre un battitore per salire di livello deve per forza misurarsi costantemente in partita contro lanciatori sempre più abili e veloci. Per un lanciatore l´adeguamento ai vari livelli di competizione è prima di tutto mentale, mentre per il battitore è una questione fisica imprescindibile, non potrai mai imparare a battere un lancio a 90 miglia sui libri di testo o con il solo allenamento."
Giacomo Bertoni (pitching Coach-Junior Parma): "Concordo, anche se, a livello giovanile, ragazzi con potenziale se ne sono visti in questi anni."
Mauro Paglioli (coach Nazionale Under 21-Consigliere CNT): "Non mi piace molto la parola "produrre", penso innanzi tutto che i campioni "nascano", poi sta ai loro allenatori fare tutto il possibile per aiutarli mettendoli nelle condizioni migliori possibili per poter avere successo ed a loro stessi impegnarsi ad ottenere ciascuno i risultati secondo le proprie capacità. Se per livello "internazionale" si intende vincere con la propria squadra o con le varie rappresentative nazionali, certo i lanciatori di scuola italiana che negli anni hanno avuto successo non sono moltissimi."
Domenico Micheli (Dir.Sportivo Nuova Roma-tecnico lanciatori-Coach Progetto Verde Azzurro): "Sono d´accordo, ma l´eccezione potrebbe riguardare anche Riccardo DeSantis."
Marcello Manuli (tecnico lanciatori-Under 21 Firenze): "Non me ne vogliano i diretti interessati, ma a me non pare che abbiamo mai prodotto granchè di livello internazionale, e comunque molto poco in termine numerico per potere definirci una scuola di successo. Semmai ci sarebbe da riflettere sul fatto che quei pochi nomi hanno continuato ad essere protagonisti per decenni nel nostro campionato e che il ricambio generazionale è sempre avvenuto col contagocce."
DOMANDA: Per quali ragioni i numerosi buoni prospetti lanciatori che vediamo a livello di categoria giovanile (ragazzi, allievi, cadetti) non riescono poi ad affermarsi decisamente al massimo livello senior, men che meno a livello di nazionale?
Massellucci: "Le ragioni sono molteplici. La principale, a mio avviso, è che salendo di categoria, nei vari campionati si offrono sempre meno possibilità di utilizzo ai giovani emergenti. E´ noto a tutti che nel baseball evoluto -quello americano, per intendersi- la principale spinta all´evoluzione e al miglioramento dei giocatori resta sempre il numero e il livello delle partite disputate nel corso della stagione. E´ proprio con questo scopo che ho inteso il programma, ancorché perfettibile, del Club Italia nel corso di questi anni."
Bertoni: "La mancanza di opportunità di misurarsi ad un livello di gioco elevato e di lavorare con pitching coach aggiornati e di qualità mi sembrano le cause principali. Soprattutto la serie A1, che trova più conveniente mettere sotto contratto lanciatori di provenienza estera, stante le difficoltà ad investire sui giovani. Quanto alle Nazionali, a volte sembrano strane le convocazioni. Faccio l´esempio del miglior lanciatore della serie A2, sia come .ERA che come partite W/L, oltretutto ventunenne, che non è mai stato convocato in alcuna nazionale, neppure per l´Universitaria, pur essendo studente universitario a tutti gli effetti."
Paglioli: "La mia esperienza di coach della P.O. nel 2005 e di coach della nazionale Under 21 del 2006 nello staff di Beppe Massellucci mi fa credere che ci siano in Italia lanciatori giovani che potrebbero avere buone possibilità di crescita. Probabilmente ci sono più o meno come ci possono essere in altri paesi Europei. Ad esempio ai recenti campionati Europei Under 21 direi che i nostri lanciatori si sono comportati abbastanza bene, sicuramente il reparto dei lanciatori non è stato quello dove abbiamo avuto i maggiori problemi. La differenza che mi sembra esserci è che poi le squadre del massimo campionato fanno molta fatica ad accettare o, nel caso, a far giocare questi giovani forse anche per il fatto che temono la retrocessione e che pensano più all´oggi che al domani. Questi giovani si trovano quindi abbastanza chiusi."
Micheli: "Le ragioni che condizionano lo sviluppo dei lanciatori sono numerose. Il primo e fondamentale aspetto è una generale mancanza di cultura da parte dei tecnici, e con questa affermazione non intendo esimermi, in quanto appartenente alla categoria, dalle mie di responsabilità. Anni addietro, iniziai una relazione ai tecnici durante una coach convention con queste parole: "Oggi non è più possibile concepire lo sport agonistico se non come espressione di alta e qualificata specializzazione dei tecnici … Con questo voglio dire che dai tecnici si pretendono rigorose conoscenze di ordine tecnico e scientifico. Nello sport moderno le conoscenze empiriche non hanno più diritto di cittadinanza, da anni il loro posto è stato stabilmente occupato dai diversi rami della scienza – fisica, meccanica, fisiologia, anatomia e psicologia."
Oggi più che mai queste parole mi paiono attuali e urgenti. L´allenatore deve possedere una notevole conoscenza della tecnica specifica, della didattica e della metodologia, sia generale che peculiare. E´ quindi da ritenersi fondamentale iniziare un apprendimento tecnico corretto, soprattutto con le fasce giovanili. L´errore in cui si incorre è quello di non rispettare le "fasi sensibili" dell´apprendimento motorio e di sviluppare invece programmi di lavoro che col tempo si riveleranno effimeri – la cosiddetta specializzazione precoce. Una corretta pianificazione degli interventi, scegliendo obiettivi e individuando mezzi, metodi e distribuzione temporale, è essenziale ai fini di intraprendere un lavoro che nutra mete ambiziose. Per avere in futuro lanciatori di livello dovremo avere tecnici più preparati e un CNT all´avanguardia. Un secondo aspetto del problema riguarda il nostro campionato. I giovani lanciatori promettenti (D´Angelo, Modica, Paoletti eccetera) trovano poco o nessuno spazio nelle competizioni a più alto livello. A questo proposito ritengo debbano essere studiate delle formule che prevedano, per normativa, un maggiore utilizzo di questi ragazzi."
Manuli: "E´ in atto un decadimento generale del livello di abilità motoria nei giovani, forse a causa degli spazi di gioco ristretti o assenti del tutto. Sempre maggiore è il numero di bambini che si avvicinano al baseball non come prima scelta ma come ripiego dopo aver provato altri sport più appetibili ed esserne rimasti delusi. Se la delusione è stata solo di tipo ambientale, pur possedendo buone o ottime capacità motorie, il giovane potrà ancora essere un prospetto, altrimenti sarà un simpatico giocatore di serie minore italiana e, se siamo fortunati, un futuro allenatore / dirigente / spettatore / genitore."
DOMANDA: C´è qualcosa che non funziona adeguatamente nel nostro sistema e nel caso cosa sarebbe necessario per permetterci di superare queste difficoltà?
Massellucci: "Suppongo che la valorizzazione dei giovani talenti non sia ritenuta, al momento, prioritaria da talune componenti del mondo del baseball italiano. Ovviamente, Federazione, Società, Tecnici, Giocatori, poco possono, da soli agendo, per modificare lo status quo, se non si concretizza una compiuta e condivisa sinergia. Sono convinto che insieme alle esigenze societarie e di campionato, e a quelle delle Nazionali, non debba essere affatto secondaria la prospettiva di un concreto miglioramento del giovane atleta, se si vuole continuare a ritenersi "degni di attenzione" per il mondo del baseball professionistico."
Bertoni: "Si dovrebbe investire maggiormente nella formazione di pitching coach italiani, con l´utilizzo di tecniche moderne e tramite un sistema di formazione permanente, utilizzando tecnici che facciano dell´aggiornamento professionale il loro modo di vivere."
Paglioli: "Direi innanzi tutto che tutti i giocatori di baseball dovrebbero poter giocare di più, quindi anche i lanciatori dovrebbero avere la possibilità di giocare e lanciare di più e nelle condizioni migliori, cioè contro pari età e contro squadre impegnative ma nello stesso tempo non impossibili. Una seconda cosa è che occorrerebbe essere maggiormente sensibili al fatto che il giocatore ed ancora di più il lanciatore dovrebbe prima di tutto essere un atleta e quindi dovremmo curare molto di più l´allenamento atletico."
Micheli: "Credo che la mia risposta sia già compresa in quella data alla domanda precedente"
Manuli: "L´allenamento giovanile per sua natura non è di tipo specialistico; particolarmente in Italia non lo è perché solitamente non c´è il tempo a disposizione e il più delle volte c´è un solo allenatore disponibile. Quindi, paradossalmente, è possibile che i giovani più dotati riescano ad esprimersi in maniera ottimale appunto perché "non spremuti" o troppo indirizzati da indicazioni non corrette da parte di tecnici impreparati. Con l´avanzare dell´età, aumentando gli impegni agonistici, più come intensità di competizione che come numero di impegni (esempio tipico: unico lanciatore dotato in squadra), per il lanciatore nel contempo però non aumentano né il carico di lavoro (numero di allenamenti) ma soprattutto non migliora la qualità del lavoro (giuste tecniche di allenamento in un piano di lavoro equilibrato, pause di riposo adeguato). In questa maniera è possibile che un giovane prospetto con l´andar del tempo venga per così dire "bruciato". In molti casi si è visto addirittura che il miglior lanciatore della squadra a livello senior è un giocatore che fino alla categoria cadetti aveva giocato esterno."
DOMANDA: Ravvisate precise responsabilità in questo senso da parte delle istituzioni preposte allo sviluppo del settore tecnico?
Massellucci: "Ovviamente sì. Probabilmente, anche da parte di noi tecnici era venuta a mancare l´esigenza di un urgente
aggiornamento e un necessario adeguamento alle più recenti dottrine di lancio e di battuta e dei sistemi di allenamento e di
scouting che, fortunatamente, adesso abbiamo sotto gli occhi a Tirrenia con il ripetersi annuale della MLB Academy. Ho
avuto modo di constatare, assistendo il Presidente CEB Martin Miller in un recente meeting in Romania, quanto sia
apprezzata e ambita la partecipazione di giocatori e allenatori a questo camp estivo della MLB. Bisogna però che il maggior
numero possibile di tecnici italiani sia messo in grado di avvalersi di questa straordinaria opportunità."
Bertoni: "In questi anni, a livello istituzionale, chi ha avuto la responsabilità tecnica dei lanciatori utilizzava tecniche di preparazione superate; e non tanto per la parte atletica, ma per quanto attiene più propriamente alla meccanica di lancio. Il nuovo CNT, con il corso a Tirrenia tenuto da Brent Strom, adesso sembra andare nella giusta direzione."
Paglioli: "Non sta a me giudicare, facendo dal 2005 parte del CNT devo cercare di operare al meglio e lasciare agli altri il giudizio su quello che stiamo facendo."
Micheli: "Inutile soffermarsi sul passato, meglio concentrarsi sullo studio e sul lavoro per poter incidere sull´auspicabile cambiamento. Ritengo che ancora oggi non vi sia nessuno nel baseball italiano che abbia chiarezza sufficiente per indirizzare questo percorso, per cui è necessario aprirsi a contributi e collaborazioni esterne."
Manuli: "Fino a qualche anno fa l´allenamento dei lanciatori in Italia era, quantomeno a livello generale di base, pressoché sconosciuto. Durante i corsi tecnici la tecnica del lancio era sempre svolta in maniera superficiale e la metodologia specifica di allenamento quasi non esisteva. Personalmente ho potuto migliorare le mie conoscenze del lancio tramite la frequentazione di pitching coach Cubani. Dopo qualche anno, avvicinandomi all´universo USA, ho avvertito la necessità di apprendere qualcosa di diverso. Non avendo la copertura finanziaria adeguata e soprattutto i giusti "agganci" per proseguire le precedenti esperienze, solo con l´avvento di internet ho avuto la possibilità di accedere a numerose fonti di conoscenza sull´argomento, che diversamente non avrei mai potuto ottenere. Una grande quantità di libri, dvd, forum sul lancio: per chi ha avuto la voglia, la pazienza, la possibilità di capire la lingua (essenziale), si è aperto un nuovo mondo davanti. Negli ultimi tempi la FIBS si è mossa, forse sull´onda di una pressante richiesta della base, organizzando il corso con Brent Strom che è stato molto interessante. Anche il lavoro che si sta svolgendo in Accademia, seppure soggetto a doverosa verifica nel corso degli anni, ritengo possa essere molto utile, specialmente se condiviso con tutti gli allenatori di club.
Un aspetto che dovrebbe essere sviluppato nel baseball italiano è la cultura dell´allenamento nei suoi aspetti più generali. Pensare di poter aumentare la nostra incidenza in campo internazionale continuando ad avere 2-3 allenamenti settimanali, con un programma di lavoro inadeguato che dura solo 6-7 mesi all´anno, è assurdo e inverosimile. Questo medesimo concetto è stato esposto ultimamente dal responsabile settore lanci della FIDAL Domenico Di Molfetta, anch´egli relatore al corso di pitching coach del mese di Novembre, suscitando sorpresa e stupore nella maggioranza degli astanti. L´aspetto curioso è che questo stesso concetto lo sentii circa 25 anni orsono, da parte di un relatore della Scuola dello Sport durante un corso per allenatori: da allora è trascorso un quarto di secolo e siamo ancora qui a stupirci del fatto che se vogliamo avvicinarci ai vertici mondiali di questo sport dobbiamo ALLENARCI TUTTI I GIORNI SEGUENDO UN PROGRAMMA ANNUALE ADEGUATO!! Molti dei nostri allenatori non hanno una precisa cognizione di come si debba programmare seriamente nel baseball e la federazione, da parte sua, ha spinto sempre molto più sul "cosa" che sul "come". Conosco personalmente molti tecnici, magari anche laureati in scienze motorie, assai preparati sulla metodologia dell´allenamento -taluni di questi collaborano anche con la federazione- ma che sono pressoché relegati a compiti marginali, inadeguati, essendo a loro preferiti nomi più famosi o metodologi stranieri a cui i nostri suddetti non avrebbero assolutamente niente da invidiare, se non, eventualmente, il particolare accento esotico."
Abbiamo infine interpellato Rod Delmonico, da 18 anni capo allenatore a Tennessee University nella potente SEC Southeastern Conference che ha condotto i Volunteers per 3 volte alle College World Series, nel 1995 eletto allenatore dell´anno, 650 vittorie in carriera, 90 suoi allievi che hanno firmato per i professionisti dei quali ben 28 sono approdati in Major League.
Autore di alcune fra le più note pubblicazioni tecniche degli ultimi anni, recentemente Delmonico ha avuto ripetuti contatti con il nostro baseball avendo più volte visitato l´Accademia di Tirrenia.
A lui abbiamo posto domande leggermente diverse.
DOMANDA: Rod, ci puo´ dare un giudizio globale sulla qualità dei lanciatori italiani che ha potuto osservare?
"In generale ho potuto notare una meccanica di lancio molto buona, credo che Bill Holmberg stia facendo un ottimo lavoro all´Accademia. Purtroppo i lanciatori mancano di velocità, non solo in Italia, ma in tutta Europa."
DOMANDA: Perché altri mercati della nostra dimensione come Olanda e Australia ogni anno sono in grado di presentare nuovi lanciatori così interessanti da essere messi sotto contratto dai pro? Cosa fanno di differente per avere un simile successo?
"Credo che con la creazione dell´Accademia di Tirrenia vi siate incamminati nella giusta direzione. L´insegnamento dei fondamentali ad alcuni dei migliori giocatori da tutt´Italia è un passo molto importante."
DOMANDA: A suo parere quali sono i settori dove incontriamo maggiori difficoltà -scarso reclutamento, mancanza di prospetti, competizione giovanile troppo limitata, deficienza di adeguati istruttori, scarsa etica del lavoro, o cos´altro?
"Non c´è dubbio che tutti questi siano problemi che dovete risolvere, ma fra questi vorrei sottolineare l´importanza di giocare un maggior numero di partite, si impara molto nella competizione vera e non esiste niente che possa sostituire quello che si impara giocando."
DOMANDA: Quanto ritiene sarebbe importante, per un giovane lanciatore che davvero desideri arrivare al massimo livello, partecipare al baseball di College USA?
"Sarebbe sicuramente di grande aiuto. Ritengo vi siano parecchi buoni giocatori europei che potrebbero imparare tanto dal venire a giocare negli Stati Uniti e magari avere l´opportunità di giocare un giorno in MLB."
DOMANDA: In ordine di importanza, oltre alla forza del braccio, cosa cercate in un giovane fra i 14-17 anni per poterlo considerare un prospetto degno di essere sviluppato?
"L´abilità di avere almeno due lanci che può controllare e tirare regolarmente nella zona di strike. Possedere il completo comando della fastball e di una grande lancio off speed, sia esso una curva o un cambio. Sapere come e cosa lanciare è anche molto importante."
DOMANDA: Qualche suggerimento di ordine generale utile alla crescita del nostro baseball?
"E´ necessario innanzitutto un miglior insegnamento a livello giovanile di base. Far venire un maggior numero di allenatori dagli Stati Uniti, almeno per periodi di più settimane, per insegnare il gioco e aiutare i vostri coach ad ogni livello, anche presso le vostre squadre migliori, persino le squadre nazionali. Ad esempio, questo è quanto l´Olanda ha fatto chiamando Pat Murphy di Arizona State University alla guida della nazionale in vista delle Olimpiadi del 2000, e gli ottimi risultati si sono visti subito" -ndr: nel torneo pre-olimpico l´Olanda guidata da Murphy sconfisse gli USA di Tom Lasorda, futuri campioni di lì a poco, e durante il torneo di Sidney inflisse la prima sconfitta della storia olimpica a Cuba, fino ad allora imbattuta da 21 partite; in precedenza Murphy aveva già guidato l´Olanda alla vittoria negli Europei del 1987, successo che valse loro anche come qualificazione alle Olimpiadi di Seoul-
Concludendo, numerosi sono gli argomenti interessanti che emergono da queste dichiarazioni e che riteniamo potrebbero essere spunto per una seria riflessione sulle cose da fare concretamente e al più presto.
Ma due mi hanno colpito particolarmente. La prima, laddove Marcello Manuli si meraviglia per lo stupore suscitato fra i presenti dalle parole pronunciate dal tecnico FIDAL al clinic dei lanciatori rammentando nel contempo di avere udito le medesime parole 25 anni prima da un altro noto tecnico dell´atletica leggera.
Viene quindi da chiedersi; ma che cosa abbiamo fatto in questi 25 anni?
La seconda, sono le semplici e razionali ricette per lo sviluppo suggerite, con poche inequivocabili parole, da Rod Delmonico.
Semplicità appunto, si potrebbe persino affermare che il baseball in fin dei conti non è poi così complicato. Dice in proposito Rick Kranitz, pitching coach dei Florida Marlins appena eletto coach dell´anno MLB: "Ogni lanciatore impara giorno dopo giorno a conoscere il proprio corpo e sapere le cose che può e quelle che non può fare. I lanciatori in definitiva sono creature abitudinarie, alla fine finiscono sempre per fare quello per cui si sentono più sicuri."
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