Chissa se Mike Piazza si ricorderà chi sono.
Lo pensavo mentre mi insinuavo tra 2 file di tifosi che aspettavano la discesa in campo degli Oakland A´S al ´Diablo Stadium´ di Tempe e, per effetto di un prezioso ´pass´ rilasciatomi dalla sezione Baseball Operations della Major League, scendevo sul terreno di gioco.
Negli Stati Uniti è prassi usuale per i giornalisti stazionare in campo e negli spogliatoi prima e dopo l´incontro. Paradossalmente, è più facile ottenere un ´pass´ per il campo durante la ´regular season´, piuttosto che durante lo Spring Training, che è un periodo di preparazione nel quale il ´pre game´ ha un valore evidentemente superiore. Gli Angels in effetti mi avevano fatto sapere che avrebbero preferito che espletassi il mio dovere nello spogliatoio (orario indicato: dalle 11.15 alle 12.15) che in campo. Ma visto che sul terreno passeggiavano 3 o 4 giornalisti con un ´pass´ dello stesso colore del mio, ho deciso che ci dovevo andare.
Piazza è arrivato dopo qualche minuto a capo chino, ha firmato un paio di autografi e ha risposto al mio terzo ´Mike´ con espressione scocciata. Poi mi ha riconosciuto e mi ha stretto la mano con un sorriso a 32 denti.
"Ho avuto una bambina e l´ho chiamata Nicoletta" ha detto sorridendo "Cosa ne dici: Nicoletta Piazza suona abbastanza italiano?".
Mi è capitato in passato di fare 2 chiacchiere più o meno personali con un eroe dello sport e sempre era successo che dopo pochi istanti ci eravamo trovati circondati. A Tempe è stato diverso: appunto perchè si capiva che erano chiacchiere personali, nessuno si è avvicinato, almeno fino a che Piazza ha detto che doveva andare a prepararsi, mi ha abbracciato fraterno e si è raccomandato di salutare il Presidente Fraccari. A quel punto gli addetti al campo, che probabilmente mi hanno visto incerto, mi si sono avvicinati e mi hanno indicato la strada per tornare in tribuna stampa.
Lo ammetto, mentre camminavo verso l´uscita ero emozionato. Ho 43 anni, sono un professionista, ma cercate di capirmi: per me essere su quel campo a stringere la mano di Mike Piazza arriva circa al terzo posto dei miei desideri d´infanzia dopo
1) affrontare una corrida da matador e
2) guardare la terra da un´astronave mentre decollo per chissà quale mondo.
Considerando che ben presto mi son reso conto di non aver il fisico (nè il coraggio) per fare il matador e che una precoce miopia mi ha impedito persino di sperare di poter pilotare un jet, figuriamoci un´astronave, capirete che l´episodio si colloca abbastanza in alto nella classifica delle cose mitiche che possono veramente succedere.
Quando gli Oakland A´s, corridori in prima e seconda e zero out, non hanno fatto ´bunt´ mi si è dipinto un ghigno sardonico sul volto. Che si è tramutato in una risata sonora quando il battitore successivo ha toccato una bella radente sul seconda base, dando il via al più comodo dei doppi giochi.
Ho letto molto volentieri il libro intitolato "Money Ball", ma alla luce di alcune delle interpretazioni che ne ho sentito fare, ammetto che forse censurarlo non sarebbe stato un´idea del tutto cattiva.
A sentire certi commenti, sembra che "Money Ball" sia un´anatema contro il ´bunt´ e la rubata. In verità, "Money Ball" è un´anatema contro quella scuola di pensiero che crede che il baseball sia qualcosa da gestire secondo la filosofia dell´inevitabile. Ed è assolutamente paradossale che sia stato interpretato come una sentenza (inevitabile?) sulla morte del ´bunt´ e sulla sostituzione degli ´scout´ con degli esperti di statistiche.
A chi ha letto "Money Ball" (e non ci ha capito nulla) consiglio di leggere "Three nights in August", il volume che interpreta la filosofia del manager che è il mio personale guru del baseball: Tony La Russa. Che è uno skipper che non rinuncia a studiare il gioco, ma dà ampio credito al fattore umano come influenza sul risultato finale. Mentre un diavoletto mi stimola a sottolineare che Tony La Russa (con Sandy Alderson come GM) le World Series a Oakland le ha vinte e che il General Manager/mito di "Money Ball" Billy Beane, con i suoi allenatori fantoccio, non le ha ancora giocate (ma già, Alderson e La Russa avevano i soldi, Beane no…infatti, 8.5 milioni di dollari per un anno per fare il DH a Piazza glieli ho dati io…), voglio anche ricordare a tutti i "moneyballisti" che le idee di Beane sono costruite su stagioni di 162 partite e non 42 o, se si pensa alla ´A2´, 36. E qualsiasi studente che affronta i preamboli del ´calcolo delle probabilità´ vi può spiegare che l´accuratezza delle previsioni cala in maniera esponenziale col diminuire delle prove.
Ripensando a quella partita di Tempe, all´attacco successivo il primo battitore degli Oakland A´S ha battuto un doppio e il secondo lo ha portato in terza con un vecchio, sano ´bunt´ di sacrificio.
Fine quinta puntata
CONTINUA
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