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Quattro chiacchiere con Chris e Yaro

La proiezione di City of Baseball di lunedì scorso a Nettuno ha riscosso un successo quasi insperato. Cinquecento persone al Forte Sangallo ad assistere al documentario, e qualche momento di sana commozione quando si sono viste le immagini dello Sbarco del 1944, Nettuno in mezzo ai combattimenti con la città devastata dalla guerra. Soprattutto da parte di chi quella pagina di storia l’ha vissuta sulla propria pelle. Due giorni dopo quella splendida serata, dove sono state premiate anche molte vecchie glorie del Nettuno Baseball Club ed era presente anche il produttore John Borgonovo, incontriamo Chris Ralph (il regista) e la moglie Yaromile Velez (co-produttrice) in una location decisamente diversa. Siamo a Monte Porzio Catone, un paesino dei Castelli Romani, dentro una trattoria caratteristica. Loro hanno allungato la loro permanenza in Italia girando Roma come semplici turisti e nel weekend saranno a Tricase, in Puglia, per un’altra proiezione, prima del ritorno negli Usa. Li abbiamo invitati a cena, lasciando che i ricordi affiorassero a galla lentamente, decantati come il vino rosso con il quale si è pasteggiato.

La cosa più incredibile che mi porterò dentro di Nettuno, per tutta la vita, è la gente”. E’ arrivato il primo piatto e prima cominciare a mangiare capiamo perché il documentario è venuto così bene. ‘Io sono arrivato qui di mia spontanea volontà, deciso a seguire una stagione della squadra che avesse più tradizione in Italia, ma non conoscevo nessuno e nemmeno parlavo italiano. I miei contatti li ebbi principalmente per e-mail. Per la prima settimana ero stato visto anche con un po’ di diffidenza, poi cominciai a conoscere le persone a fondo e capii che gente ospitale come questa non si trova dappertutto”. E continuando a mangiare e a parlare, capiamo anche quale è stato il punto di forza di tutto il documentario. ‘Quando sono venuto qui non avevo la minima idea di cosa avrei trovato, a parte che all’ingresso della città c’erano dei cartelli con scritto ‘Città del Baseball”. Ma sapevo che era la tradizione orale quella che avrei dovuto documentare. Negli Stati Uniti sono andati letteralmente pazzi per il primo intervistato di tutto il documentario, quello che a Nettuno chiamano ‘Il Cittadino”. Il suo racconto della guerra, dell’aver visto i soldati che giocavano nelle retrovie, del suo incontro con Joe Di Maggio, li ha lasciati senza fiato”. Perché? Perché arriva alle orecchie di una nazione dove il baseball è vivisezionato in ogni singola azione, dove le partite spesso si raccontano con dei semplici numeri. Sul numero di palline spedite direttamente in mare da Joe Di Maggio quando venne negli anni ’50 ed incontrò il miglior lanciatore italiano di quei tempi, Tagliaboschi, non c’è mai stato completo accordo. Chi dice tre, chi dice cinque, chi dice che i primi due lanci li ha lasciati passare apposta, chi dice che invece rimase sorpreso e solo allora decise di tirarsi su le maniche della camicia cominciando a battere sul serio e dimezzando di fatto la scarsa scorta di palline a disposizione della squadra in quegli anni, quando anche procurarsi un semplice guantone era cosa tutt’altro che facile. I contorni di una leggenda in una cittadina a due passi da Roma, col miglior giocatore di tutti i tempi protagonista di una storia che ha dell’incredibile.
Pensando a Nettuno e al baseball italiano mi viene in mente il film Bull Duhram – dice Yaro – una dimensione diversa e lontana anni luce dal professionismo e dall’esasperazione che c’è da noi”. Arriva la carne alla griglia, e la domanda a quel punto diventa quasi scontata. Ma avete trovato qualcosa di simile altrove? A rispondere è Chris. ‘Non credo. Una cosa che ho notato è che Nettuno, una piccola città, non ha altre realtà sportive importanti. Così la squadra di baseball diventa l’orgoglio della città, giocare e portare sulla maglia quel nome è un onore per i giocatori del posto. Quando vinsero la semifinale nel 2002 mi accorsi che i giocatori di Nettuno hanno un carattere, una tenacia ed una voglia di combattere fuori dal comune. Giocano con orgoglio, con passione. Fosse così anche per i San Francisco Giants… E quella passione l’abbiamo poi ritrovata anche nelle persone che abbiamo conosciuto in quei giorni splendidi per noi. Alla fine eravamo diventati parte di una grande famiglia, ognuno aveva aneddoti da raccontare, storie incredibili da condividere, sempre legate al baseball e all’amore per un gioco che solo qualche anno prima dello Sbarco era sconosciuto e che forse avevano visto solamente al cinema in qualche film”.
La cena è terminata, ci si avvia a vedere uno splendido panorama di Roma by night. La serata è limpida, fin troppo rinfrescata dal vento di tramontana. ‘Stiamo trattando con dei network americani, soprattutto la Pbs, per trasmettere il film in america. Poi ci sarà anche una distribuzione del Dvd in Italia. E altri progetti? ‘Vorrei trovare qualche cosa di simile, storie belle da raccontare. Ma serve come al solito la tradizione orale da documentare. Avevo pensato a seguire una cover band dei Genesis, ma devo trovare un personaggio carismatico come ‘Il Cittadino” che racconti con forza e senza veli quella che è la loro passione. Ci stiamo pensando, per adesso….
In macchina il dialogo prosegue parlando del più e del meno, Roma si avvicina sempre di più ed in breve tempo il traffico notturno ci inghiotte rapidamente. Via Appia, la zona dell’Acqua Santa, Caracalla, Circo Massimo, il lungotevere e finalmente Trastevere, dove c’è il loro albergo e dove si consuma il commiato. ‘E’ un’esperienza che mi porterò dietro per tutta la vita. Nettuno e la sua gente sono stati fantastici con me. E ci tornerò ogni volta che potrò. Magari a girare City of Baseball Part II”. Perché no, aggiungiamo noi…

Mauro Cugola

Nato tre giorni prima del Natale del 1975, Mauro è laureato in Economia alla "Sapienza" di Roma, ma si fa chiamare "dottore" solo da chi gli sta realmente antipatico... Oltre a una lunga carriera giornalistica a livello locale e nazionale iniziata nel 1993, è anche un appassionato di sport "minori" come il rugby (ha giocato per tanti anni in serie C), lo slow pitch che pratica quando il tempo glielo permette, la corsa e il ciclismo. Cosa pensa del baseball ? "È una magica verità cosmica", come diceva Susan Sarandon, "ma con gli occhiali secondo me si arbitra male". La prima partita l'ha vista a quattro mesi di vita dalla carrozzina al vecchio stadio di Nettuno. Era la primavera del '76. E' cresciuto praticamente dentro il vecchio "Comunale" e, come ogni nettunese vero, il baseball ce l'ha nel sangue.

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