Il baseball italiano ha fatto tredici. Ma non di più. Nel senso che tredici sono i personaggi del nostro sport che sono stati scelti da Claudio Ferretti e Augusto Frasca per entrare a pieno titolo nella "Garzantina dello Sport", il volume in libreria da pochi giorni per la classica collana della Garzanti.
Un'opera prestigiosa, accurata, che tiene lo sport italiano come logico riferimento principale, ma comprende ovviamente anche tutti i grandi campioni dello sport mondiale, le grandi squadre, gli eventi, gli albi d'oro delle manifestazioni più importanti. All'interno di questo quadro (circa seimila voci: 4.500 personaggi, un migliaio tra club ed enti vari, cinquecento termini tecnici) si inseriscono – oltre ai più grandi giocatori americani, da Hank Aaron a Joe Di Maggio, da Babe Ruth a Roger Clemens, da Barry Bonds a Josè Canseco – tredici protagonisti e cinque club del baseball italiano.
La scelta dichiarata e condivisibile degli autori è stata quella di privilegiare un criterio di selezione storico, cercando di individuare tra i protagonisti contemporanei quelli che hanno già raggiunto una dimensione destinata a lasciare il segno negli anni. Così scopriamo che i cinque club meritevoli di citazione sono, in ordine alfabetico, la Fortitudo Bologna, il Milano, il Nettuno, il Parma e il Rimini, non a caso le cinque società che vantano una storia più ricca e che hanno vinto di più in Italia e in Europa.
Per quanto riguarda i personaggi, invece, la scelta è caduta su leggende degli anni Cinquanta-Sessanta come Giulio Glorioso e Gigi Cameroni, su Giampiero Faraone, ricordato per la sua straordinaria carriera di giocatore e di allenatore, su Carlo Passarotto, di cui si sottolinea la longevità agonistica, su Giorgio Castelli e Alberto Rinaldi, bandiere di Parma e Bologna negli anni Settanta, fino a Beppe Carelli, Ruggero Bagialemani e Roberto Bianchi, tre straordinari campioni di tempi più moderni. A questi vanno aggiunti Silvano Ambrosioni per le sue vittorie da commissario tecnico azzurro, i due presidenti federali Bruno Beneck e Aldo Notari, per finire (o per cominciare) a Max Ott, citato come "vero pioniere del gioco in Italia". A questi, per la verità, andrebbero aggiunti anche due personaggi come Elliot Van Zandt e Roberto Frinolli, citati principalmente per altri motivi (il primo come pioniere e ct del basket azzurro, il secondo come grande ostacolista) ma di cui si ricorda anche il passaggio nel baseball: l'americano come allenatore del Cus Milano e l'altro come preparatore atletico e team manager della nazionale.
Impossibile dire che questi personaggi non siano nella Garzantina a pieno diritto, facile aggiungere che forse un posto l'avrebbe meritato anche qualcun altro. Ma il giudizio critico e storico di Ferretti e Frasca conferisce a queste scelte la necessaria autorevolezza. Semmai c'è da riflettere su come ne esca l'immagine del nostro sport e del nostro movimento, specchiata in questa opera. Tredici personaggi e cinque club su seimila voci non sono effettivamente un gran che. Ma la dimensione enciclopedica del baseball italiano evidentemente è questa. E dobbiamo accettarla, visto che a scegliere i soggetti da inserire nella Garzantina sono stati due giornalisti documentati e di grande cultura storica sportiva. D'altra parte persino nell'introduzione si legge che "è stato riservato il giusto spazio anche a sport da noi quasi sconosciuti, come il football americano, l'hockey su ghiaccio e il baseball". Se siamo considerati a questo livello non possiamo che fare autocritica e cercare il perché. Di certo, ai tempi in cui giocavano i tredici personaggi di cui sopra, la popolarità del nostro baseball era diversa. Tanto che loro sono rimasti nella storia dello sport.
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