Anche la Sicilia vuole vivere da protagonista la nuova stagione del baseball italiano. Catania in prima fila e le altre più importanti realtà del territorio vogliono farsi trovare pronte all'appuntamento con la IBL del 2010. Nella sede sociale del Catania di via Vincenzo Giuffrida il progetto franchigia è da tempo oggetto di riflessioni ma anche di proposte. Nonostante il periodo natalizio, c'è grande fermento ed il Presidente della società etnea, Antonio Consiglio, ed i suoi collaboratori lavorano intensamente per realizzare anche a Catania e Provincia il noto sistema piramidale stile Major americana nel minor tempo possibile. "E già dalla prossima stagione parteciperemo ai campionati con questo sistema per calibrare meglio tutto il nostro potenziale e presentarci così al 2010 forti di un certo rodaggio. Il nostro obbiettivo è quello comunque di coinvolgere tutta la regione per parlare di una franchigia siciliana". Il Presidente Consiglio, in questa intervista rilasciata a Baseball.it, ha voluto fare il punto sulla situazione del baseball nella regione, delle azioni da compiere nell'immediato, delle prospettive della franchigia, degli spring-training in Sicilia etc.
Presidente Consiglio, che momento vive attualmente il baseball siciliano?
"Cominciamo a parlare di Catania, la nostra città. In questo momento il livello tecnico è medio-alto ed anche il numero di praticanti nella nostra provincia è rilevante. Abbiamo un soddisfacente numero di squadre partecipanti alle varie categorie, con tante attività parallele a quella agonistica. Esiste invece un problema importante su Palermo, dove evidentemente c'è qualcosa da rivedere. Occorre dare nuova linfa al baseball palermitano. Anche a Messina le squadre negli ultimi anni sono diminuite, l'unica eccezione resta il Cus Messina. Per una provincia che comunque ha svolto sempre attività rilevanti nell'ambito del baseball è obiettivamente poco. C'è poi un aspetto territoriale da sviluppare: bisogna andare a portare il seme del baseball nelle altre province. Un lavoro già in corso nelle provincia di Ragusa e Modica, tra le prime a raccogliere questa sfida. A Modica, ad esempio, esiste un'attività giovanile piuttosto florida."
Come si può definire il momento storico che si sta vivendo, peggiore o migliore rispetto al passato?
"Da un punto di vista tecnico è evidente che essendoci squadre come il Paternò in A2, il Cus Messina e noi, che siamo gli ultimi arrivati in serie B, non ci si può certo lamentare. Abbiamo una squadra nella serie cadetta che negli anni scorsi ha partecipato anche al massimo campionato, cosa che mai era accaduta nel territorio siciliano, e inoltre anche le due squadre di B si sono ben comportate. Dal punto di vista quantitativo abbiamo invece fatto dei passi indietro, perché province come Palermo e in fondo la stessa Messina non riescono ad esprimersi come dovrebbero. Negli scorsi anni avevamo un potenziale maggiore, ma ciò riguarda di più la politica del baseball: i comitati provinciali e quello regionale, che si impegnano sempre più per lo sviluppo di questa disciplina, devono essere aiutati da tutti gli uomini del baseball siciliano. E' vero, in passato c'era un maggior numero di squadre, oggi però c'è più qualità. Nei prossimi anni la vera sfida che aspetta tutti gli organi competenti, dalle le società ai comitati provinciali, dal comitato regionale ai tecnici, dagli atleti ai dirigenti fino ai tifosi è quella di arrivare a un giusto compromesso per crescere e mantenere inalterata la qualità. La Sicilia ha un territorio talmente vasto che si potrebbe davvero fare molto ma molto di più".
E allora cosa ci sarebbe di concreto da fare per far si che la Sicilia diventi una regione di vertice?
"Tre cose: attività propagandistica, individuare un territorio fertile e concentrare ingenti risorse partendo dalla scuola, cercare di creare tecnici e dirigenti che possano elevare il baseball siciliano. Questo però non è un percorso che si può fare in maniera disorganica. Ci vuole una forte sinergia fra tutte le componenti che appartengono al mondo del baseball, ivi comprese le attività sostenute dalla stessa Federazione".
Progetto franchigia: già a marzo lei come Presidente del Catania Baseball Project aveva parlato del progetto siciliano…
"Il progetto franchigia è senz'altro ambizioso e secondo noi in una realtà come la Sicilia non può mancare all'appello. E' evidente però che si dovrà fare un salto di qualità sotto tutti i punti di vista, anche perché è un progetto che non ammette sbagli, che si deve realizzare in maniera dignitosa. Ci sono delle idee in merito, da approfondire, delle indicazioni, ma ripeto occorre un bel salto di qualità, soprattutto a livello culturale. Perché si vanno ad svolgere attività che possano trasformare il baseball in un vero e proprio business. Si deve cambiare ottica: non più un hobby, un passatempo, ma una vera e propria professione. Dobbiamo ispirarci al modello americano, come nelle Major League dove lo sport è supportato da veri e propri strumenti di marketing, con tanto di business plan e tante altre iniziative promozionali, commerciali, etc. che vedono il baseball come uno strumento e non un fine".
Catania che ruolo avrà in questo progetto franchigia?
"Catania cercherà di rivendicare un ruolo che gli spetta di diritto, perché è risaputo che è una delle città siciliane più vitali. Naturalmente faremo la nostra parte qualora dovessimo essere chiamati ad affrontare questo percorso in modo serio ed impegnato, però tutto questo non può prescindere dalle sinergie con le altre realtà. C'è un dato di fatto ineluttabile che è proprio il nostro tallone di Achille: non c'è al momento un campo idoneo per poter affrontare seriamente questo percorso. L'unica valvola di sfogo che abbiamo, se consideriamo la Sicilia orientale, è Messina, dove c'è un solo impianto che permette di disputare partite in diurna e in notturna. E proprio noi come Catania ne abbiamo una dimostrazione palese, perché siamo stati costretti a giocare durante tutto il campionato a Messina. L'impegno, in questo senso, deve anche essere quello di realizzare un diamante che ci permetta in modo autonomo di allenarci e giocare le nostra partite alla presenza dei nostri tifosi. Ma non basta. E' anche necessario che ci sia, oltre l'impegno personale dei dirigenti e delle società, un grande coinvolgimento delle istituzioni, dei privati e di tutti gli organi competenti. Non sarà un percorso facile, ma per quanto mi riguarda, a titolo personale, c'è tutta la disponibilità e tutta la volontà di raggiungere questo obiettivo secondo i tempi e le modalità che la realtà ci propone. Perché, come dico sempre, sognare non fa male, però pragmatismo e concretezza devono essere sempre messe in primo piano".
In definitiva, il Catania Baseball nasce con l'intento di diventare franchigia…
"Il nostro è già un gruppo fra diverse realtà appartenenti ad un territorio limitrofo, realtà che aderiscono ad un organizzazione comune: ciascuna quest'anno ha svolto uno specifico compito, una propria attività nell'ambito della categoria a cui appartiene, ma sempre indirizzata verso un progetto comune come nella Major League americana. Il progetto del Catania Baseball Project nasce proprio con l'intento di diventare franchigia. La nostra organizzazione valorizza i giovani istituendo attività che formino i ragazzi sin dalla scuola. Stiamo pensando di realizzare una squadra Under 21 con il Cus Catania Baseball. Il Catania Baseball Project è la capofila dell'organizzazione piramidale, di quella franchigia che noi vogliamo far diventare realtà nel giro di un biennio. Lanciamo a questo proposito un appello di collaborazione a tutte le società di baseball della Provincia di Catania che volessero con noi proiettarsi in questo progetto. Tutte le società di baseball esistenti nel territorio etneo sono invitate ad unirsi a noi per questo obiettivo comune".
La collaborazione con altre società funziona?
"Negli anni ci sono stati timidi tentativi. La collaborazione funzionerà sempre di più nel momento in cui ci sarà un salto di maturità, di responsabilità, quando si ragionerà in maniera univoca, più per il bene della disciplina piuttosto che per coltivare il proprio orticello. Se vogliamo il bene di questo sport dobbiamo spogliarci ognuno della maglia che indossiamo o che abbiamo indossato e avere idee più lungimiranti".
Il Catania Baseball Project ha peraltro un'attività giovanile piuttosto florida…
"La scorsa stagione il responsabile del settore giovanile, Marcello Montalto, che gestisce il Ninfo Baseball Club, ha lavorato con ragazzini di età compresa tra i 9 e i 14 anni per organizzare due squadre allievi e due ragazzi. Il percorso nelle scuole Circolo Maria Montessori di Catania e Istituto Comprensivo Gabriele D'Annunzio di Motta Sant'Anastasia, che il Ninfo Baseball Club ha realizzato attraverso il Progetto Diamante, nell'anno scolastico 2007/2008, ha coinvolto con successo centinaia di ragazzi e il prossimo anno si punta a raddoppiare il numero delle scuole dove andare ad insegnare il batti e corri".
Cosa si può fare a livello di immagine proprio per promuovere il baseball in Sicilia?
"Bisogna confezionare un prodotto da vendere come si fa in tutte le attività commerciali del mondo, un prodotto che deve vivere, di contenuti e di qualità tecnica, partendo naturalmente dalle scuole. Poi si deve cercare di far capire ai giovani che hanno a che fare con un prodotto valido, ma questo messaggio deve arrivare soprattutto alle famiglie. Il coinvolgimento deve passare proprio attraverso i genitori che fino ad una certa età sono il motore propulsore di tutti i giovani. Poi a quel punto dovremmo già essere a metà dell'opera. Se si riesce a portare un giovane a fare una scelta consapevole, sapendo che il baseball potrà come disciplina rappresentare un futuro professionale, dovremmo già essere sulla buona strada. Qui torna il discorso della franchigia e della Major League: per l'adolescente è importante capire che può diventare un professionista del baseball così come nel basket o addirittura nel calcio. Un progetto vincente porterà al giovane sbocchi di tipo professionale".
Ma lei quando ha iniziato con il baseball?
"Giocavo già nel 1973, ma non sono solo sceso in diamante in divisa, ho portato anche l'acqua nel campo, ho bagnato il terreno. Da noi, dalle nostre parti, presidenti si diventa così: facendo la gavetta. Nel 1980 è nata la prima società che mi ha visto protagonista attivo all'interno della dirigenza assieme a mio fratello. Sono già 28 anni che mi occupo a livello dirigenziale di baseball: è chiaro che ci sono stati alti e bassi nella nostra attività, però negli ultimi anni abbiamo deciso di affrontare questo percorso in maniera più professionale, cercando di raggiungere dei risultati che diano uno sbocco, come sottolineato più volte, di natura professionale".
Sarebbe possibile ospitare anche in Sicilia, così come in Florida o in Arizona, lo spring-training?
"Ospitare lo sprint training così come fare una Winter League, come già fanno in paesi che hanno climi più caldi del nostro come Venezuela o Cuba, fa parte di quei sogni nel cassetto che ognuno di noi ha. Tutto questo però dovrà passare attraverso una crescita generale del movimento, una crescita che dovrà interessare in particolare i dirigenti; poi, puntando in alto, nessun traguardo dovrà essere precluso, questa è sempre stata la mia filosofia di vita".
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