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Fuori dai Giochi, le colpe della IBAF e delle Majors

Alla vigilia dei mondiali organizzati in mezza Europa, proprio nell'ottimistico intento di promuovere il grande baseball presso i membri del Cio del vecchio continente, la mazzata arrivata da Berlino è sicuramente di quelle che stordiscono. Il baseball non solo non verrà riammesso alle Olimpiadi nel 2016, ma non è stato nemmeno scelto dall'esecutivo del Cio tra i due sport che verranno proposti al congresso olimpico di novembre a Copenaghen per entrare nel programma dei Giochi fra 7 anni. Dunque, per sperare di rivedere il nostro sport sotto i cinque cerchi bisognerà aspettare almeno fino al 2020. E chissà quante cose cambieranno da qui ad allora.
Di certo si tratta di una pesante sconfitta. Per la Ibaf innanzi tutto, perché evidentemente la nostra federazione internazionale, che pure conta affiliati in ogni angolo della terra, e in prima linea paesi pesanti economicamente e politicamente come Usa, Giappone, Corea del Sud, non ha avuto la forza di convincere il Cio che l'esclusione dopo Pechino era stata una mossa sbagliatissima. Ma tant'è: non solo il baseball (insieme al softball) è stato il primo sport ad essere cacciato dai Giochi dal 1936 (quando venne abolito il polo), ma non è nemmeno riuscito a farsi ripescare, cedendo il passo al golf e al rugby a sette, che resta pur sempre un surrogato del rugby vero. Quindi, imputato numero uno, è sicuramente una federazione internazionale che dà l'impressione di contare veramente poco e di cui molte cose lasciano perplessi. Compreso questo mondiale organizzato in Europa e messo in piedi in fretta e furia: in nessun'altra disciplina con un minimo di programmazione si organizza un mondiale in poco più di dodici mesi. Con il risultato di perdere per strada sedi importanti come Mosca (che non ce la fa ad essere pronta per settembre) ma anche, per restare in Italia, Roma e Milano. Basta forse questo riferimento per far capire come funzioni la Ibaf e quale impressione abbia potuto lasciare sul Cio…
Ma il colpevole numero uno dell'estromissione del baseball dai Giochi e del suo mancato reinserimento si chiama Major league. Di certo il disinteresse della massima organizzazione professionistica del nostro sport per i cinque cerchi ha segnato questa storia. E se il problema del doping ha avuto peso fino ad un certo punto, è l'impossibilità di avere i migliori giocatori al mondo ai Giochi che ha segnato la fine del baseball olimpico. Pensate se alle Olimpiadi si potesse organizzare un torneo con i protagonisti del World Classic, con tutto l'interesse mediatico che suscitano dall'America all'Estremo oriente. Se la Major avesse accettato di interrompere per dieci giorni in suo campionato e avesse liberato i big, state certi che Rogge e il Cio avrebbero steso i tappeti di velluto davanti alle nazionali di baseball e ai soldi che avrebbero portato (in diritti Tv).
Ma la Major league resta sempre esclusivamente chiusa nella sua "americocentricità", non capisce che il baseball può diventare veramente uno sport mondiale solo se gli americani si metteranno in testa di esportarlo seriamente anche in Europa, dove potrebbero aprire un nuovo, ricco bacino d'utenza. Dovevano fare un primo passo con l'Italian Baseball league, ma anche in questo caso sembra che la stiano prendendo con molta freddezza. Vedremo quali saranno le loro strategie per il futuro, intanto restiamo fuori dai Giochi che a qualcuno potranno anche non interessare, ma in cui – chissà perché? – tutti vogliono entrare.
Un'ultima considerazione: un altro clamoroso autogol che ha contribuito alla disfatta è stato il comportamento del softball mondiale che non ha voluto associarsi al baseball in un'unica federazione. Così che i due sport si sono trovati addirittura in concorrenza, come se fossero due discipline completamente diverse. Ed anche questo la dice lunga sulla stravaganza del nostro movimento, l'unico in cui la versione maschile e femminile dello stesso sport devono dar luogo a due federazioni diverse e contrapposte. Con certe miopie è difficile vedere il traguardo delle Olimpiadi.

Elia Pagnoni

Nato a Milano nel 1959, Elia Pagnoni ricopre attualmente il ruolo di vice capo redattore dello sport al quotidiano "Il Giornale", dove lavora sin dal 1986. E' stato autore di due libri sulla storia del baseball milanese.

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