Nel mondo di ogni ragazzo c'è un sogno. Anzi, ad ogni ragazzo – in qualunque parte del pianeta – dovrebbe essere data l'opportunità di inseguire un sogno. Nella vita di ogni persona, particolarmente di un giovane, è fondamentale avere un obiettivo. Avere un desiderio. Un progetto. "Se puoi sognarlo, puoi farlo", diceva quel geniale creatore di idee e di immagini che è stato Walt Disney.
Matteo D'Angelo in questi giorni sta accarezzando il suo "grande sogno" americano. Per lui, giovane talento del baseball, il grande sogno significa entrare nel draft d'una Franchigia di Major League. Vale a dire, essere "scelto" da un Club di MLB provenendo dal college. E dunque considerato tra i migliori "prospetti" del baseball universitario degli Stati Uniti in una gigantesca selezione di migliaia e migliaia e migliaia di ragazzi! Se ciò dovesse realizzarsi, Matteo D'Angelo (da quattro anni lanciatore con gli Eagles alla Winthrop University, nel South Carolina) passerebbe alla storia come il primissimo italiano a firmare un contratto nel baseball professionistico americano arrivandovi dal campionato universitario.
Non è semplice essere "draftato". Tutt'altro! Ma neppure impossibile. Sognare si può. Sognare si deve. Anche se la strada è dura, terribilmente dura. Immaginate quanto enorme – e dunque spietata – sia la concorrenza per raggiungere un… posto al sole nello sport più diffuso, più popolare, più praticato degli Stati Uniti. Pensate che nei 50 Stati dell'America ci sono più di 300 Università che partecipano al campionato di baseball NCAA di First Division. Poi ci sono i college di Second Division, quelli di Third Division e i Community: complessivamente un migliaio.
Considerate che le squadre universitarie hanno mediamente nel roster 35 giocatori. Inoltre nel draft sono coinvolte anche le High School…
E' un numero enorme di giovani studenti statunitensi, ma anche canadesi e di altri Paesi del mondo, che ogni anno sognano di firmare un contratto professionistico attraverso il draft della MLB. Ma… soltanto 1500 saranno i preferiti. Quelli "scelti". Quelli che dal college avranno la fortuna, il merito, l'onore, l'avventura di essere "chiamati" ad entrare nel baseball professionale. Cominciando dalle Minor Leagues una dura gavetta, inizialmente parcheggiati in Rookie o in Singolo A (poi – in futuro – si vedrà…). Millecinquecento soltanto, per tutti gli Stati Uniti. Infatti ciascuna delle 30 franchigie di Major League può "chiamare" 50 collegiali (sono appunto cinquanta i "giri" delle scelte per ogni franchigia). E' sempre un Evento il draft della Major League, in programma quest'anno dal 6 all'8 giugno in un grande hotel vicino a New York.
Estremamente importanti, per le scelte delle franchigie di MLB, saranno i report che compileranno i tantissimi scout inviati in vari angoli dell'America. Laddove, in questo week end, si svolgeranno le partite dei vari Tournament di Conference. Matteo D'Angelo partecipa, con la squadra della sua Università – le "Aquile" di Winthrop – al Torneo della Big South Conference. Sul diamante di Lexington, piccola independent city nello stato della Virginia. Si daranno battaglia – per emergere e soprattutto per mettere in vetrina i lori ragazzi – 12 squadre in rappresentanza del South Carolina, del North Carolina, della Virginia. E lì si daranno appuntamento numerosi "osservatori", i cui occhi esperti e freddi da rigorosi esaminatori valuteranno ogni lancio, ogni battuta, ogni azione difensiva, ogni corsa sulle basi. E dentro i loro computer finiranno valanghe di informazioni.
Matteo D'Angelo in questo week end si gioca tutto! Se con i suoi lanci, se con il suo controllo (lui è un pitcher che trova con naturalezza la zona dello strike e che rarissimamente concede basi su ball) saprà essere convincente, chissà… Chissà… che fra una dozzina di giorni Matteo possa essere il primo italiano ad entrare nel draft MLB da studente-giocatore di un college americano.
In bocca al lupo, Matteo.
D'Angelo meriterebbe che il suo "grande sogno" si realizzasse. Per il coraggio dimostrato, circa quattro anni fa, decidendo di prendere la strada più lunga, più complessa, sicuramente la meno comoda. Lui, al termine dell'Italian Baseball League 2007 dove da debuttante diciannovenne fu un interprete di primissimo piano, seppe resistere alla tentazione di firmare subito un contatto professionale. L'occasione l'aveva. Pensate che uno scout importante dei Cincinnati Reds era venuto al "Falchi" di Bologna – una sera di piena estate – appositamente per vedere il giovane pitcher della Fortitudo. No. Matteo D'Angelo non si fece ingolosire. In quei mesi del 2007, quando si trovò di fronte ad una scelta delicatissima, si rivelò più maturo dei diciannove anni che aveva. Rinunciò alla strada più semplice. Il baseball è importante, ma la "scuola" ancora di più. La cultura, una laurea, un futuro da programmare. Matteo, ragazzo con idee chiare e un forte senso della disciplina, ha pensato saggiamente anche a un domani fuori dai "diamanti" del baseball. E così, a differenza degli altri ragazzi italiani che in questi anni si sono avventurati in America tentando la fortuna con un contrattino professionistico in tasca (c'è chi sta andando bene ma… altri sono ancora nell'anonimato, c'è anche chi è già stato "tagliato), Matteo ha fatto un'altra scelta. Quella del college. Quattro anni di Università. Per progredire nel baseball. Ma anche, contemporaneamente, per studiare in una Università qualificata come Winthrop e arrivare a laurearsi.
Dunque, Matteo ha preso la strada meno comoda, meno semplice. La strada più lunga, la strada della pazienza. E del lavoro. Eh sì, le giornate di D'Angelo in questi quattro anni sono state sempre molto "piene". Del tipo: quattro ore di scuola la mattina (spesso dopo un'alzataccia all'alba per fare palestra), poi nel pomeriggio tre-quattro ore di allenamento, sul campo, e di tanto in tanto la partecipazione ai corsi serali per lo studio. Senza dimenticare le ore "extra" di studio in prossimità degli esami. Poco tempo per il relax. La sera… la stanchezza prevale. E poi Rock Hill, nel South Carolina, settanta mila abitanti, è città carina, tranquilla, ma certo non è il massimo della vita per un ragazzo in fatto di divertimenti, attrazioni. Non è New York, non è San Francisco, non è Florida, non è California…
Le partite di baseball? Tante. Il calendario è fitto, da metà febbraio ai primi di giugno. Si fanno 4-5 partite la settimana, con trasferte in pullman da quattro ore. Vivere lì quattro anni, lontano, lontanissimo dall'Italia, in quell'angolo meridionale degli Stati Uniti, studiare e allenarsi, studiare e giocare a baseball, richiede determinazione. Richiede tenacia. Soprattutto per un ragazzo straniero. Sono doti che Matteo ha dimostrato di possedere in abbondanza. In quattro campionati NCAA D'Angelo ha lanciato quasi 300 inning. Dall'anno scorso è il pitcher "partente" numero uno di Winthrop.
Studente-modello. E giocatore apprezzatissimo dai coach e dai compagni di squadra.
Comunque vada a finire il "grande sogno" che sta accarezzando nel baseball, Matteo D'Angelo si porterà dietro da Winthrop una laurea in business-administration e quattro anni che sono stati per lui una importante scuola di vita.
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