A febbraio l'annuncio dei Knights. Sarebbe diventata pitching coach in IBL2. Non solo. Giovanna Armani sarebbe stata anche la prima donna nella storia del baseball italiano ad entrare a far parte dello staff tecnico di una franchigia, quella del Godo-Verona, nel massimo campionato nazionale.
Una storia bella e interessante quella dell'allenatrice scaligera, un excursus professionale unico nel contesto del battiecorri italico. Prima giocatrice nella A2 di softball con il Mash Jeans Verona, poi tante stagioni nello staff tecnico al seguito delle sue ragazze, infine la decisione (convinta) che la vera strada é quella di allenare "quelli del baseball" e di specializzarsi nella formazione dei lanciatori. Giovanna Armani mette anima, cuore e tanto entusiasmo in questo suo nuovo ruolo e con i Dynos Verona raggiunge per ben 7 volte le finali per il titolo italiano tra il 2000 e il 2007 nelle diverse categorie giovanili. Fino allo scorso inverno quando arriva la "chiamata". E' pronta per il grande salto.
Allora, come ci si sente ad essere la prima donna ad entrare in uno staff tecnico della IBL?
Contenta e orgogliosa anche perché non me l'aspettavo proprio. La cosa è maturata negli ultimi anni, è stata una grossa sorpresa ricevere questa richiesta per la Italian Baseball League.
Qualche sorta di soggezione ad essere circondata da soli maschi?
No, nessuna, ci sono abituata. Il mondo del baseball è tutto di maschi: i miei giocatori, i coach, gli avversari…
Come vive questa esperienza? Potrebbe essere l'inizio di una nuova fase aperta anche a donne manager o comunque coach con importanti compiti in prima squadra?
Credo di sì, potrebbe anche essere. Conosco altre donne che si sono affacciate al mondo del baseball e che lavorano specialmente con i giovani. Se posso dare un consiglio a questi tecnici direi: che vadano avanti per la loro strada senza preoccuparsi degli atteggiamenti degli uomini. Prima o poi l'impegno paga.
Pitching coach. Quali sono a suo avviso le cosa più difficili per un tecnico in questo ruolo?
Non c'è nulla di facile e di difficile. L'importante è far capire ai lanciatori che devono essere atleti. I lanciatori tendono a preoccuparsi di fare bullpen dimenticando l'aspetto di condizionamento. Altra cosa fondamentale è capire le qualità di ogni lanciatore e sviluppare le sue doti tramite le conoscenze, senza incorrere nell'errore di costruire dei modelli preconfezionati, perché ogni lanciatore è unico. La vera scommessa è entrare in sintonia con i lanciatori.
Cosa ne pensa del modello franchigie? Secondo lei, sono state finora "ben digerite" dai club?
Molto favorevole. Se ben interpretate danno la possibilità a molti atleti di poter fare esperienze di alto livello. A mio avviso si potrebbe pensare di allargarle ulteriormente sullo stile del baseball USA. Conosco la realtà dei Knights, ma non le altre, anche se mi sembra che tutte le società si sono ben organizzate.
E come giudica l'attuale livello tecnico del baseball italiano e cosa si potrebbe fare per migliorarlo?
Buono, anche se si potrebbe fare di più specie con i giovani. Secondo me manca una fase importante di sviluppo nella fascia tra i 16 e 21 anni. E' come se i nostri giocatori passassero dalle scuole medie all'università senza aver fatto le superiori. In USA questa fase è quella del college.
C'è un tecnico a cui si ispira o che è stato suo mentore?
In Italia sicuramente Bill Holmberg con cui tutt'ora ci confrontiamo. Tra gli stranieri direi Tony Abbatine, Brent Strom, Ron Wolforth e Mike Marshall.
Qual è secondo lei il manager azzurro, o di club, più completo e perché?
Sicuramente Marco Mazzieri. Per la sua serietà e il suo impegno. Mi piace il modo con cui si pone con i giocatori e soprattutto la sua grande preparazione.
La cosa che le ha fatto più piacere sentire nei suoi confronti e quando?
Aver conquistato nel tempo la fiducia e la stima da parte dei giocatori più maturi. Parlando di un fatto singolo, è stato bellissimo aver ricevuto alla Coach Convention la richiesta di Gigi Mignola, Direttore Sportivo dei Knights, di entrare a far parte dello staff tecnico della franchigia.
E la peggiore?
Non saprei. Ti racconto due aneddoti curiosi: il primo riguarda la Coach Convention di molti anni fa. Quando mi vedevano entrare nella sala del baseball alcuni mi dicevano: "Guardi signora che ha sbagliato sala, quella del softball è dall'altra parte". Poi si sono abituati a vedermi ed ora mi conoscono tutti. L'altro riguarda un torno categoria Ragazzi a Montefiascone. Dopo una partita di semifinale vinta contro il Pesaro, il manager cubano Ramon Tejeda si rifiutò di salutarmi tanta era la rabbia non di aver perso, ma di essere stato battuto da una donna. Ramon, un cubano di quelli tutti d'un pezzo, il giorno dopo aver vinto anche la finale, venne da me, mi strinse la mano, si congratulò con me e si scusò per il suo atteggiamento del giorno precedente. Dal quel giorno ci incontrammo altre volte sui campi e ci fu sempre grande stima e cordialità.
Cosa è per lei il baseball?
La vita in tutte le sue sfaccettature: gioie, dolori, ansie e conquiste.
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