Bagialemani: "Quando lo dicevo io… mi davano del matto"

La febbre nella Città del Baseball sale. E' inevitabile quando dopo due anni di delusioni la Danesi Nettuno torna a giocarsi una finale per il titolo. L'ultima volta fu proprio contro il San Marino, sempre con Ruggero Bagialemani allenatore, e persa alla settima partita. Di certo è stato un anno vissuto "pericolosamente", per dirla tutta. Un inizio stentato che nascondeva le potenzialità di una squadra alla quale credevano in pochi. Il tecnico era tra questi. A difendere un team che, ad essere ottimisti in quel periodo, se trovava un posto nelle semifinali poteva ritenersi più che soddisfatto.

"Quando dicevo che questa squadra poteva essere pericolosa e poteva ambire a qualcosa di veramente importante mi prendevano per matto – dice Bagialemani – anche quando le cose stavano andando male e farlo sembrava negare l'evidenza. L'inizio non è stato facile per nessuno, abbiamo perso tutte le amichevoli ed è stato per certi versi drammatico. Anche io ero stato due anni fuori da questo ambiente e dovevo comunque riadattarmi". E così? "Così è andata che essendo filocubano, per così dire, mi sono preso la briga di prendere i tempi di corsa dei giocatori ed ho capito che un'arma che potevamo sfruttare era quella dell'aggressività".

Ma non solo a quanto sembra… "Il lavoro psicologico è stato fondamentale. Vedevo questi ragazzi che rimanevano a bocca aperta di fronte ai giocatori forti delle altre squadre. Ma io gli dicevo che tra me e il mio batting coach, Roberto De Franceschi, ci sono circa tremila valide in carriera… e siamo lì insieme a loro e in campo non ci sono altri giocatori con le nostre cifre. Dunque è solo una questione di convinzione".

E la cronistoria ci porta allora al girone di ritorno. "All'andata avevamo perso diverse partite in malo modo, sprecando molto e regalando altrettanto. Ma sapevo che la squadra c'era, per questo che continuavo a dire di stare molto attenti al Nettuno. E anche per questo che c'era chi mi dava del matto. Sino al trittico di Rimini, dove abbiamo vinto di forza un match che in qualche modo ci volevano togliere, contro tutto e tutti. E' una mentalità che sta arrivando, il primo traguardo è stato l'ingresso ai play off, poi quello in finale, poi chissà. Di certo che il prossimo anno giocheremo in Coppa dei Campioni, visto che San Marino vi parteciperà di diritto. Ma sono cose che non arrivano tutti gli anni. Questi ragazzi dovranno soprattutto imparare questo, che nulla è dovuto e nulla arriva per caso…".

Passiamo alla stretta attualità, allora. San Marino ha vinto sette dei nove incontri in questa stagione, sfruttando anche qualche regalo di troppo del Nettuno, in regular season e anche nella stessa semifinale. "Ma adesso è la finale, ed è un'altra cosa. Loro hanno vinto molte partite di forza perché hanno un grande attacco, noi possiamo mettere sul piatto l'aggressività. Sarà una bella sfida, loro sulla carta rimangono i favoriti". Di cose da dire ce ne sarebbero tante, ancora. "Che siamo per esempio la squadra più giovane, o anche l'unica che è riuscita nel girone di semifinale a vincere quattro partite di fila o a fare una tripletta. Ma una cosa vorrei dire, è ingiusto che in caso di sconfitta ci saremmo giocati l'accesso alla finale per un calcolo matematico di un punto in più o uno in meno. O si torna alle semifinali classiche a sette partite, oppure il round robin lo si fa di 18 partite, in modo da far emergere meglio le squadre più forti, anche perché la situazione dell'ultima giornata era da terno al lotto e non sarebbe giusto".

Non ci sarebbe un pronostico. Oppure sì, quello è facile farlo. San Marino, dato per sicuro finalista sin dall'inizio della stagione, è nettamente favorito. Anche la formula della serie finale lo avvantaggia. Se l'unica pecca poteva essere individuata nei rilievi, la possibilità di giocare nell'arco di tre fine settimana sicuramente è un'opzione migliore rispetto al fatto di dover schierare lo stesso partente, ad esempio, il sabato e poi subito il mercoledì successivo. Questo "annulla" per certi versi la profondità attuale del bullpen del Nettuno, che ha molte più frecce al suo arco sotto questo punto di vista e, se non altro, arriva alla finale nel momento di miglior forma visto sinora. Bagialemani non si sbilancia, ma viste le volte che la sua squadra ha smentito i tanti detrattori che aveva, ci si può aspettare di tutto.

Mauro Cugola

Nato tre giorni prima del Natale del 1975, Mauro è laureato in Economia alla "Sapienza" di Roma, ma si fa chiamare "dottore" solo da chi gli sta realmente antipatico... Oltre a una lunga carriera giornalistica a livello locale e nazionale iniziata nel 1993, è anche un appassionato di sport "minori" come il rugby (ha giocato per tanti anni in serie C), lo slow pitch che pratica quando il tempo glielo permette, la corsa e il ciclismo. Cosa pensa del baseball ? "È una magica verità cosmica", come diceva Susan Sarandon, "ma con gli occhiali secondo me si arbitra male". La prima partita l'ha vista a quattro mesi di vita dalla carrozzina al vecchio stadio di Nettuno. Era la primavera del '76. E' cresciuto praticamente dentro il vecchio "Comunale" e, come ogni nettunese vero, il baseball ce l'ha nel sangue.

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