In primo piano. E vincente. Anche senza essere sul campo con una casacca addosso. Mauro Mazzotti ha cambiato dimensione in questo 2011. Però, non ha perso il "vizietto" di lasciare il segno. Dovunque lui va, vince. Spesso. Professionalità, competenza, senso dell'organizzazione sono risorse che da tempo ne caratterizzano l'attività: le ha messe al servizio del San Marino da questa stagione. E la squadra dell'antica Terra della Libertà ha agguantato lo scudetto della Italian Baseball League, il secondo nella storia del Club della piccola Repubblica. Per Mazzotti, invece, si tratta del quinto successo personale: un titolo che ha vinto proponendosi in un'altra versione, da general manager. Dopo i trionfi, di un passato abbastanza recente, come allenatore su altre "piazze".
Già era straordinario l'aver conquistato – da tecnico – quattro scudetti in tre diverse città (Rimini 1999, Bologna 2003 e 2005, Grosseto 2007). Adesso che per la quinta volta è diventato campione d'Italia, debuttando da dirigente e nella sua prima stagione sul Titano, Mazzotti è decisamente da record. Cinque titoli con quattro club. Oh sì, qualche volta ha anche perso. Certo. E' naturale, in fondo. Ma… gira e rigira lui resta il personaggio "numero uno" del nostro baseball. Perché è il più professionista, il più professionale, il più preparato, il più aggiornato, il più internazionale. Non è per caso che Franchigie di Major League (dapprima i Seattle Mariners, poi in questi anni Houston Astros) hanno scelto Mazzotti come loro scout per l'Europa. Non è per caso che la Federazione spagnola si sia affidata a lui per la guida della propria Nazionale.
Un uomo di campo che sa anche di marketing e di comunicazione. E, in particolare, di come si fa il "mercato" avendo buoni contatti in ogni angolo del mondo ed essendo in possesso di una "banca dati" sempre più ampia su tanti, tantissimi giocatori. Lavora a tempo pieno nel baseball. Chi lo vuole, sa di fare un "investimento". Gli invidiosi dicono: Mazzotti è furbo, perché va dove ci sono i soldi, sceglie Club ambiziosi che hanno già forti giocatori e altri ne possono prendere. Vero. Però se i grandi Club lo cercano, lo vogliono, lo inseguono, ci sarà un motivo…
Mauro, racconta ai lettori di Baseball.it le emozioni d'uno scudetto vinto fuori dal dugout, da dirigente, nella versione di general manager. Come sono le sensazioni vivendo "la squadra" dall'ufficio, dalle gradinate?
"Le emozioni sono sempre forti. Intense in entrambi i casi. Io sento questo scudetto uguale agli altri che ho vinto con la divisa. Non è cambiato molto. Logicamente, svolgendo la mansione di general manager hai delle responsabilità diverse e devi adattarti a vivere le cose in maniera differente. Da allenatore ti devi preoccupare di fare certe cose, come general manager di altre".
Questo San Marino è squadra che è stata programmata e costruita per vincere. E ci siete riusciti. Attraverso 41 partite vinte sulle 58 giocate. Missione compiuta. Però… nella serie finale qualche sofferenza di troppo. Non l'immaginavate così dura…
"E' accaduto perché abbiamo sbagliato gara1, da metà partita in avanti. E la sera successiva la testa era ancora piena della delusione e del contraccolpo psicologico di gara1. Non potevamo giocare in maniera libera, credo che fossimo ancora figli di quella rimonta che abbiamo subìto e che ci ha stordito per un paio di giorni. Dopo, siamo stati bravi a ritrovare la nostra identità, la nostra dimensione. Bravi ad azzerare tutto. Bravi a considerare la serie di Nettuno come un normalissima serie di campionato, da andare a vincere. E con questa mentalità siamo riusciti, infatti, a fare nostre due gare su tre. Garantendoci il ritorno a San Marino. E stavolta, sul nostro campo, non abbiamo più sbagliato. Producendo due prestazioni intense, concrete, sicure, concedendo ben poco al Nettuno".
Mauro, se quella sera del 26 agosto… tu fossi stato in campo, con la divisa da allenatore, avresti tolto Tiago Da Silva al sesto inning? O no?
"Quando si ha la casacca addosso, si deve ragionare in maniera veloce. A volte si ragiona con la testa, altre volte si cerca di seguire un po' di più l'istinto. Sai, col senno di poi è facile parlare. La programmazione prevedeva Da Silva come partente nella prima sfida perché era il nostro pitcher più in forma. Il migliore. Dunque, bisognava sfruttare Tiago. Poterlo utilizzare tre volte costituiva un vantaggio non indifferente. Però, a volte si fanno i conti senza l'oste. E quindi si va un po' troppo avanti…".
Quattro scudetti vinti da allenatore, uno da general manager. Il prossimo obiettivo "personale" di Mauro Mazzotti quale sarà?
"Continuare a portare avanti il lavoro cominciato mesi fa. Io faccio parte del San Marino dall'autunno scorso. C'è un progetto, già partito bene, da sviluppare ancora. Dove sono stato, difficile che io sia rimasto un solo anno. Partire con un progetto significa programmare. Significa costruire, nel tempo. Di solito io ho lavorato in Club dove mi sono trovato al centro di un progetto. Sia con la divisa, sia senza. Pertanto, spero di portare avanti il più possibile questo discorso che a San Marino è appena iniziato".
La stagione della T&A San Marino non è ancor finita. Ora c'è la European Cup, vale a dire la Coppa dei Campioni del baseball. In vista le Final Four di Brno. I Titano Bombers cercheranno di vincere anche questo Trofeo…
"Tutte le quattro finaliste saranno a Brno con l'obiettivo di salire sul tetto d'Europa: noi freschi campioni d'Italia affronteremo in semifinale i Pirates di Amsterdam freschi campioni d'Olanda, poi c'è la Fortitudo Bologna che è la detentrice del titolo avendo vinto la European Cup dell'anno scorso a Barcellona, e c'è il Cariparma che torna a battersi per quella Coppa dei Campioni che in passato ha vinto 13 volte. Dunque, concorrenza agguerrita. Di sicuro, è una lotteria di due partite in due giorni e pertanto penso che non abbia lo stesso valore di un risultato maturato e ottenuto attraverso il lavoro e le partite di mesi. Ma la formula della European Cup è così, pertanto bisogna interpretarla com'è".
Avreste potuto utilizzare Alessandro Maestri, che in questo periodo è in Italia, però…
"Però non è disponibile. Nel senso che Maestri non ci ha mai dato la sua disponbilità, pertanto non è stato inserito nel roster presentato alla Federazione Europea. Lui appariva nel roster dei 40, prima della fase di qualificazione. Dopo, no. Il futuro di Maestri? Non lo so. Ora si preparerà per fare i Mondiali con la Nazionale italiana. Quest'anno ha giocato con Lincoln Saltdogs, squadra della American Association, in Independent League. Tornerà negli Stati Uniti? Penso di sì. Dalla chiacchierata che ho fatto con lui, mi pare d'aver capito che è intenzionato a proseguire l'avventura americana. Staremo alla finestra, vedremo. Egoisticamente saremmo contenti di poterlo avere in una delle qualsiasi squadre del massimo campionato italiano, ma questa è una scelta che dipenderà da lui. Penso che Alessandro inseguirà una seconda chance in America".
Nel 2005, neanche ventenne, Maestri venne lanciato dal San Marino in serie A1. Il suo cartellino appartiene al San Marino?
"No, il cartellino di Alex Maestri è del Torre Pedrera".
L'Italian Series 2011 tra San Marino e Nettuno ha prodotto emozioni e spettacolo, è stata appassionante, ha portato più di 27 mila spettatori nelle sette gare (grazie soprattutto alla straordinaria passione dei nettunesi). Qualcosina di coinvolgente l'aveva prodotta anche la parte finale del round robin. Ma in tutto il resto della stagione il pubblico non è stato attratto. Spesso ci sono stati quattro gatti sulle gradinate degli stadi di IBL. Perché?
"E' da anni che praticamente si sta dimostrando che la gente s'interessa molto e si appassiona quando sei verso la fine. Nei momenti caldi, decisivi della stagione. E allora credo che bisognerebbe creare qualcosa che possa suscitare interesse e attrarre pubblico anche durante la regular season. Non è semplice. Non è semplice perché la formula del round robin, ancor di più della semifinale diretta prima-quarta e seconda contro terza, toglie un po' di interesse alla regular season. Comunque, i numeri della serie finale sono molto confortanti. La gente che si appassiona al baseball nella parte finale della stagione credo faccia capire che, se possiamo lavorare su alcune cose, dovremmo essere in grado di far venire qualcuno in più con una certa regolarità negli stadi del baseball".
Per diventare un prodotto più interessante, più credibile, più attraente, più "vendibile", il campionato di IBL "Prima Divisione" come dovrebbe essere strutturato?
"Bisogna tener presente che siamo in un momento di crisi economica non indifferente, pertanto diventa fondamentale saper contenere i costi. Al tempo stesso, abbiamo la necessità di offrire un buon servizio. Stiamo migliorando, un pochino per volta, pianin pianino. Come delle formichine. Se guardiamo indietro e andiamo con la memoria a dieci anni fa, al 2001, non c'è dubbio che la situazione degli stadi sia migliorata, i servizi pure. Si è provato anche a giocare in orari differenti, per venire incontro alla gente. Secondo me, sarebbe interessante diluire le partite anziché giocarle in giorni consecutivi. Sono tutte idee che, però, quando le porti sul tavolo per discuterne… incontri difficoltà a livello personale. Peccato. Occorrerebbe avere un po' di più un'idea allargata, in modo da riuscire a parlare per otto, per dieci e non per uno. Sicuramente quello dell'affluenza allo stadio è un problema per il baseball italiano, però bisogna anche pensare – essenzialmente – quanto una Società spende, e cioè investe, in gente che lavora per portarti pubblico e sponsors. Io credo che più della metà delle Società di vertice siano fatte da dirigenti che non sono a tempo pieno, cioè persone che si occupano di baseball "part time". E dunque non è neanche facile portare avanti certe idee, certi progetti, poiché normalmente un dirigente "part time" il tempo che può dedicare al baseball lo dedica esclusivamente alla parte tecnica: l'organizzazione dei lavori, l'organizzazione delle trasferte, l'organizzazione della Società. Così, purtroppo, alla fine fa fatica ad avere qualche personaggio extra che possa lavorare unicamente sul pubblico. Speriamo che, andando avanti, le Società si possano permettere di ingaggiare qualcuno che abbia come scopo riuscire a far venire gente allo stadio".
La IBL1 è il campionato di vertice. E' la vetrina del baseball italiano. Deve, o dovrebbe, essere la forza trainante del movimento. Ma non si riuscirà mai a venderlo bene, questo prodotto, se – per un motivo o per un altro – il campionato viene sacrificato. Nel 2009 ne venne imposta la fine in pienissima estate, il 20 agosto, perché dopo c'erano i Mondiali. Il prossimo anno terminerà nuovamente presto, troppo presto, perché agli inizi di settembre ci saranno gli Europei…
"Bisognerebbe uniformarsi ai calendari europei, internazionali. E quindi arrivare ad uniformare – in ogni Paese – l'attività delle squadre Nazionali e quelle dei campionati nazionali. Dal punto di vista organizzativo io credo che in Europa siamo ormai pronti per avere il calendario con le date più o meno simili. Nel calcio si gioca in Europa tutti con le stesse cadenze: quando è di scena la Nazionale, si ferma il campionato, le Nazionali giocano tutte contemporaneamente. Penso che anche il baseball debba arrivare a fare questo tipo di scelta. Gli Europei nel 2012 si svolgeranno in Olanda. E normalmente a proporre le date sono coloro che organizzano la manifestazione. Ricordo che nel 2000 il nostro campionato venne fatto partire nell'ultima settimana di marzo perché a settembre c'erano le Olimpiadi di Sydney dove la Nazionale azzurra partecipò ottenendo il sesto posto. A volte, bisogna fare di necessità virtù".
Però il campionato che fa da traino al movimento non dovrebbe essere sacrificato mai. Che visibilità, che credibilità potrà avere un campionato di quattro mesi e mezzo? Come si potrà pretendere di catturare pubblico, sponsor, media, fare marketing, produrre risorse? La Italian Baseball League dovrebbe essere al primo posto nei pensieri…
"Dipende dai punti di vista. Dipende da che parte vedi la situazione… Io logicamente la vedo molto più dalla parte del Club che della Nazionale. Ma credo che per la Federazione il discorso sia visto in maniera diversa".
Ok, va capita logicamente la Federazione che è chiamata a valorizzare l'attività internazionale della squadra azzurra. Ma allora viene spontaneo un interrogativo: che cosa aspettano le Franchigie della IBL a costituire una Lega delle Società? Con un proprio Commissioner? All'interno della Federazione, ovviamente, ma con la giusta e necessaria autonomia
"Perché, forse, non siamo ancora pronti a slegarci dal cordone ombelicale della Federazione. E ancora non c'è la volontà di farlo. Il problema è che l'unanimità, qui, non si trova mai. Ed esiste – non ultimo – anche un altro motivo: un discorso di costi. Un discorso di costi poiché la Lega logicamente dovrebbe essere pagata dalle Società. E sarebbe un costo extra che non tutti accetterebbero volentieri. Il vero grande problema del baseball italiano, come avevo già detto in una precedente intervista, è di tipo dirigenziale. Vale a dire: ci sono abbastanza giocatori, pochi tecnici e nessun dirigente. Chiarisco: per dirigente, in questo caso, non intendo un uomo che viene dal campo, come ad esempio sono io. No, i dirigenti che mancano al baseball italiano sono gli imprenditori. Cioè, qualcuno che mandi avanti una cosa come si manda avanti un'azienda. Qualcuno che, con mentalità manageriale, gestisca l'azienda-baseball. Non c'è. Non c'è un personaggio di questo tipo, perché siamo legati ancora a gente che usa il baseball come suo passatempo personale".
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