Nei romanzi di Stephen King non è infrequente imbattersi in riferimenti al baseball: nomi di giocatori, allusioni a partite e statistiche, richiami ad azioni di gioco evocate come similitudini e metafore delle situazioni narrative in cui sono coinvolti i personaggi. Valga per tutte come esempio la scena finale di uno dei lavori più rappresentativi di King, Cujo (1981), in cui la protagonista colpisce e uccide con una mazza il cane San Bernardo "assassino" che sta per sbranarla, eseguendo uno swing perfetto "come quello di Mickey Mantle quando si avventava su una palla veloce". O anche il romanzo La ragazza che amava Tom Gordon (1999), di cui parleremo in futuro. D'altronde King, grande tifoso dei Boston Red Sox, ha sempre prestato molta attenzione agli elementi della cultura popolare americana -fra essi il baseball- che costituiscono il contesto "normale" e quotidiano su cui inserisce le sue straordinarie storie di terrore.
Invece Blockade Billy (2010), l'ultimo suo libro, rientra a pieno titolo nella categoria della baseball fiction. In attesa che la Sperling & Kupfer, la casa editrice che possiede i diritti delle opere di King per l'Italia, lo traduca (a loro detta hanno in programma di pubblicarlo, anche se non si sa ancora quando), proviamo a dare un'occhiata a questo agile racconto di un'ottantina di pagine -una novella, più che un romanzo- senza, ovviamente, svelarne il finale.
George Grantham è un vecchio allenatore da anni ospite di una casa di riposo per anziani che racconta in prima persona uno strano episodio accadutogli nel lontano campionato del 1957, quando lui era il coach di terza base (e il magazziniere) dei Titans, una franchigia di Major League del New Jersey che in realtà non è mai esistita. La squadra vivacchiava sul fondo classifica assieme ai terribili Senators di Washington (ricordate The Year The Yankees Lost The Pennant di Wallop?) quando si ritrovò da un giorno all'altro senza catcher per via di due incidenti che avevano mandato il ricevitore titolare all'ospedale e il suo sostituto in prigione. In fretta e in furia l'allenatore cercò fra le serie inferiori della franchigia e si vide arrivare dagli (anch'essi inesistenti) Cornholers di doppio A un tal William Blakely, un giovanotto un po' strano e spaesato che parlava da solo e sembrava quasi venire da un altro mondo.
Data l'urgenza, la sera stessa del suo arrivo il giovane William venne schierato nel line-up contro i Red Sox. Doveva ricevere i lanci del veterano pitcher Danny Doo Dusen, un atleta al declino che aveva però vinto 196 partite in carriera e aspirava a raggiungere presto le 200 vittorie. Il ragazzo -come era prevedibile per chi conosce lo schema narrativo del "campione venuto dal nulla"- si rivelò essere un gran battitore, con sfilze di doppi e tripli che aiutarono la squadra a riprendersi, ma anche in difesa William era eccezionale: la sua specialità era l'eliminazione a casa, a tal punto che i tifosi cominciarono a chiamarlo con il soprannome di "Blockade Billy", proprio per la sua abilità di bloccare i corridori provenienti dalla terza.
Ora, a differenza di quanto avviene nella maggioranza degli altri sport, il baseball non è un gioco di contatto. Gli avversari si sfiorano lungo i corridoi fra le basi, e gli infortuni dovuti appunto all'azione diretta dell'avversario sono piuttosto rari. È per questo che quando il contatto si verifica ed è considerato intenzionale (per esempio, la classica scivolata in base con gli spikes in alto) si verificano spesso vere e proprie risse in campo.
Ma quando gli avversari dei Titans scivolavano sul piatto difeso da Blockade Billy, succedeva a volte qualcosa di terribile e di apparentemente inspiegabile. Qualcosa che aveva che fare con lo spaventoso passato del giovane catcher. Un passato che, una volta rivelato, fece annullare tutte le partite giocate dai Titans e cancellò per sempre il ricordo di Blockade Billy da tutti i resoconti e le statistiche ufficiali.
Siamo di fronte, dunque, a una deliziosa narrazione che decostruisce il subgenere della baseball fiction per contaminarlo con la suspense propria dell'horror novel, in un gioco di rimandi intertestuali e ironie metaletterarie che fa esclamare a un certo punto al narratore: "Non trascinerò la suspense per le lunghe; questo non è un romanzo sportivo per ragazzi!"
Ma al di là della trama -avvincente, come sempre nei romanzi di Stephen King- Blockade Billy è anche interessante per l'evocazione quasi nostalgica del mondo del baseball degli anni '50. "Baseball was different in those days": è una delle prime frasi pronunciate dal vecchio George Grantham. "The game was local, OK?", è un altro degli incisi del narratore, a sottolineare la dimensione ancora umanamente gestibile -o anche solo comprensibile- di un universo sportivo e morale in cui un giocatore di MLB guadagnava 30.000 dollari l'anno e le trasferte si effettuavano in treno. Un mondo piccolo, ancora non scosso dalla globalizzazione e dall'incipiente avvento delle tecnologie della comunicazione (e il lancio dello Sputnik -avvenuto nello stesso 1957- viene ricordato nelle prime pagine del libro) in cui era possibile apparire dal nulla, trionfare sul campo e nascondere un orribile segreto senza essere scoperti.
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