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Non sparate sul polpettone…

Qualcuno l'ha chiamato polpettone. E forse, a prima vista, l'impressione è proprio questa. La riforma del campionato cadetto con il miscuglio tra A federale e IBL2 sembra una cosa rimediata, messa insieme per caso, con tante cose poco chiare e tutte da scoprire, insomma una forzatura. Vero, ma forse da una forzatura necessaria (dovuta alla mancaza di un numero sufficiente di squadre per fare la A e l'esigenza di abbattere i costi riducendo i chilometri delle trasferte) è nato qualcosa che non è tutto da buttare.
Intanto partiamo dal principio che con soli 14 club iscritti alla serie A sarebbe stato impossibile organizzare un campionato secondo i criteri abituali, se non facendo un girone unico che avrebbe costretto le squadre a 26 weekend di attività (6 mesi, in sostanza) con un'infinità di trasferte e costi rilevanti. L'alternativa sarebbero stati due gironi da 7 che avrebbero prodotto una stagione decisamente misera.
L'altro presupposto era quello di far uscire la IBL2 da quel limbo in cui è stata stranamente confinata nelle ultime stagioni. Un torneo tecnicamente interessante, fatto da società che esprimono una scuola di baseball, ma considerato alla stregua di un campionato riserve proprio perché ricco di giocatori giovani. Terzo e fondamentale presupposto: la decisione di bloccare le retrocessioni anche nel campionato di A federale, cosa che dovrebbe permettere alle società di impostare la stagione con più tranquillità, senza dover rincorrere per forza l'ingaggio di giocatori d'importazione e puntando maggiormente sui giovani o sui giocatori "fatti in casa". Insomma, per filosofia, una serie A più vicina alla IBL2.
Il campionato misto A-IBL2 (chiamarlo A2 sarebbe troppo difficile?), al di là delle difficili alchimie delle classifiche separate e dei playoff separati, potrebbe dunque diventare un campionato molto importante per la crescita dei giovani e dei giocatori di scuola italiana (ricordiamo che c'è l'obbligo di schierarne 8), perché le squadre imbottite di baby della IBL2 potranno confrontarsi con formazioni certamente più strutturate ed esperte come quelle della A, mentre le squadre di A potrebbero dare più spazio ai loro giovani rinunciando a qualche oriundo o latimoamericano di troppo.
Ma l'aspetto veramente importante di questo "polpettone" va visto in prospettiva. L'affiancamento di squadre appartenenti alle franchigie a quelle del baseball tradizionale (o "federale" per usare il termine che piace alla Fibs) è il primo passo per arrivare alla caduta del muro che fino all'anno scorso divideva i due mondi. Fraccari ha detto che bisogna andare con i piedi di piombo, perché il Coni è piuttosto conservatore davanti a queste ipotesi di campionati all'americana, ma il fatto di poter mettere nello stesso torneo squadre che fanno parte di una franchigia e squadre indipendenti può essere il primo passo verso quella struttura piramidale a franchigia verso cui deve necessariamente andare il nostro baseball.
Ovvero: il punto d'arrivo deve essere una struttura unica, articolata su più livelli di campionato, in cui i vari club si devono poter affiliare liberamente, creando franchigie attive in tutte le serie. Quest'anno, per esemplificare, Parma (IBL1) avrà una squadra affiliata in IBL2/A (Collecchio) con cui potrà scambiare i giocatori durante la stagione. Certo, la condizione è che Collecchio dovrà essere "fuori classifica" rispetto alle squadre di serie A e concorrerà per il titolo di IBL2, a differenza della Crocetta che non appartiene a nessuna franchigia e potrà inseguire il titolo di serie A. Ma, dal momento in cui i titoli in questione – parliamoci chiaro – sono abbastanza platonici, dove sta la differenza? Forse una società avrebbe più vantaggi ad affiliarsi in franchigia che a correre da indipendente. Ma questo fa parte delle libere scelte di ciascun club. L'importante è che da questa svolta il senso delle franchigie esca rafforzato e che si cominci a pensare veramente in questa prospettiva. D'altra parte, con le retrocessioni bloccate (ma sarebbe meglio dire con le promozioni bloccate, visto che il problema vero è che nessuno vuole salire), verrebbero a cadere anche tutte le prudenze da parte del Coni.
Non solo, ma l'esempio che sta lentamente contagiando gli altri sport (la pallavolo quest'anno ha bloccato le retrocessioni dalla A1; il calcio sta ipotizzando un sistema alla spagnola o alla tedesca, per cui i club di serie A potrebbero avere una seconda squadra iscritta alla lega pro, la serie C per intenderci), sta facendo diventare il baseball una specie di laboratorio sperimentale all'interno del Comitato olimpico. Si sa che fare esperimenti su sport che hanno una ribalta minore può fare meno danni, mentre poi quando gli esiti vengono applicati da altri (vedi il volley) possono essere propagandati come la trovata del secolo.

Elia Pagnoni

Nato a Milano nel 1959, Elia Pagnoni ricopre attualmente il ruolo di vice capo redattore dello sport al quotidiano "Il Giornale", dove lavora sin dal 1986. E' stato autore di due libri sulla storia del baseball milanese.

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