Difficile stare trent'anni sempre sul monte di lancio. A lanciare strike. A strofinare la pallina nel guanto per cercare le cuciture giuste. A prendere i segnali del catcher, a guardare fisso nel suo guanto per trovare la traiettoria vincente. Se però quel ruolo ce l'hai nel sangue, te lo porti dietro per sempre. Anche quando smetti. Rolando Cretis ha compiuto ieri 50 anni ma lui, lanciatore saggio ed esperto, dopo aver appeso il guanto al chiodo, continua ancora oggi a insegnare i trucchi del mestiere ai più giovani. Un altro grande campione che festeggia un compleanno speciale. Poco più di una settimana fa era toccato anche a Ruggero Bagialemani spegnere 50 candeline. Rolando e Ruggero sono nati a pochi giorni di distanza, per ironia della sorte nello stesso ospedale. Si chiamava Santa Rita, era in via degli Scipioni, quartiere Prati, a Roma. Nella capitale Cretis ci è nato (11 febbraio 1963) ed è cresciuto. E a Roma ha anche debuttato in massima divisione nel 1979 con la maglia della Pouchain contro il William Lawsons Torino. 30 anni da giocatore, 20 trascorsi in serie A. Qualche numero per dare un'idea di quanto Cretis, atleta completo e di una correttezza infinita, ha dato su quella collinetta di lancio: 398 partite giocate di cui 183 vinte, 76 complete game, 12 shut-out e 19 salvezze, oltre 2.362 inning con una media PGL di 4.05 e 1.309 strike-out. In occasione di questa sua festa, "Rollie" ha accettato di buon grado, tra un allenamento al coperto e il tempo da dedicare agli affetti personali, per parlare di sé, dei suoi primi cinquant'anni e di chi è, oggi, Rolando Cretis. Come una cartolina: dal Friuli, per tutti gli amici, firmato "Rollie".
Come ti rivedi da giocatore guardando indietro?
Come un buon giocatore, ottimo compagno di squadra, uno che si è sacrificato molto per questo sport. Una passione infinita, una dedizione costante e un ritorno di soddisfazioni che auguro a tutti quelli che mettono tutta la passione possibile in questo sport. Penso che mi piacerebbe allenare un Rolando Cretis…
Vent'anni di carriera tra Roma, Grosseto e Bologna, chissà quanti ricordi. Partiamo da Roma…
E' stata la culla della mia carriera, tanti amici con cui mi sento ancora, come Bruno Tizzoni, dirigente e simbolo della Roma di allora. Con lui ci sentiamo, ci scambiamo idee e riviviamo alcuni ricordi. Grosseto è stata la consacrazione della mia carriera, un'esperienza molto lunga con tantissime soddisfazioni. A Bologna ho chiuso la carriera di giocatore, paradossalmente ho avuto l'apice delle prestazioni praticamente verso la fine.
E della tua prima squadra in assoluto cosa ricordi in particolare?
Ricordo gli amici, i compagni di squadra, in particolare Cocciolo e Sgnaolin, con i quali trascorrevo anche il tempo libero. Ricordi importanti con amici importanti, ai quali di tanto in tanto attingo per rivivere quei momenti. Sono un punto fermo della mia giovinezza e della mia carriera.
Poi il trasferimento a Grosseto e lo scudetto storico dell'86…
Per Grosseto, quello scudetto ha voluto dire tantissimo, per la città, per la squadra e per me personalmente. E' stato il mio primo e tanto agognato scudetto. Ricordo ancora quel pick-off, con Stimac che mi ha dato il segnale e con Beppe Massellucci che ha ricevuto la palla e toccato Sartini. Wow! Che botta di felicità…
Infine Bologna…
Sono stato meravigliosamente a Bologna, ho sicuramente il ricordo più vivo, anche perché il più recente. Con la società, tifosi, compagni, allenatore e coach, un rapporto favoloso, stima reciproca, rispetto, insomma… un bell'ambiente. Altri due scudetti e poi basta così, ho voluto che la gente e i tifosi si ricordassero di me come un protagonista attivo e non come una cariatide sopra quel monte in cerca di chissà che tipo di gloria.
La tua squadra ideale ruolo per ruolo con gli ex-compagni…
In ordine di carriera. Sul monte Valter Dondi, Sandro Cappuccini, Luca Spadoni, Emiliano Ginanneschi, poi Cossutta, Betto, Fabio Milano ed io. Interni, Damiano Galli, Foschiani, Dall'Olio, Costa. Esterni Ermini, Frignani, Mazzieri e Liverziani.
L'avversario sul mound con cui hai lottato di più…
In quegli anni, battagliavo con i vari Ceccaroli, Cabalisti, Masin, Radaelli, Maurizio DeSantis, Cossutta. Non ce ne era uno in particolare, era una bella sfida ogni volta che ci incrociavamo.
E il battitore?
Ce ne erano alcuni verso i quali mi impegnavo particolarmente. Come Roberto Bianchi. Con lui ogni volta era una grande sfida, fino all'ultimo lancio. Con Casolari non riuscivo a cavarne un ragno dal buco, quasi mai. Fochi era un bell'affare ogni volta, non potevi sbagliare locazione, altrimenti… venivi punito. Ma era bello per questo, ripensandoci adesso. Lì per lì mi avvelenavo se qualcosa non andava come volevo, adesso a volte riesco anche a sorriderci sopra. Quella volta mai…
E la maglia azzurra? Ricordi il momento più bello?
La maglia azzurra è stato il vero coronamento della carriera. Ognuno (cosa che non succede più tanto) deve essere fiero di indossare quella maglia e andarne orgoglioso. Sono stati anni importanti per me, esperienze enormi e tanto impegno. Di momenti ce ne sono stati molti, le Olimpiadi, un'emozione da togliere il fiato, al momento dell'entrata nello stadio Olimpico. Poi le partite e anche lì, lo stadio sopra la testa e facevi fatica a tirarla su, per non emozionarti troppo. La vittoria di due Europei ci ha dato delle enormi soddisfazioni. Ma soprattutto quella partita persa 2-1 contro la Corea durante i Mondiali dell'88. Avevo tirato, mi pare, 9.1 inning. Finì ai supplementari, 2-1 per loro. Gran partita! Peccato…
E il debutto in serie A?
Serie Nazionale nel 1979, quando la società fece tornare a casa gli stranieri e mise dentro noi all'epoca juniores. Fu abbastanza traumatico, anche fisicamente, poiché mi infortunai al braccio a causa di utilizzo esagerato e non corretto (l'ho scoperto molto dopo). Tornai nell'85 sempre con la Roma e da lì poi la scalata.
La tua partita più bella, quella che hai ancora impressa nella mente?
Sicuramente quella che vinta 1-0 contro Simontacchi, ma anche l'altra vinta sempre 1-0 contro Grosseto nell'85.
E quella che vorresti rigiocare?
Una partita di finale, mi pare persa 2-1 contro Ceccaroli a Rimini nell'87
L'allenatore che ricordi maggiormente e che ti ha dato di più?
Vic Luciani poiché era il manager quando sono andato a Grosseto, anche lui che mi ha voluto lì. Mazzotti durante gli anni a Bologna. Ho avuto ed ho un buon rapporto con lui.
I tuoi idoli o i tuoi modelli nel baseball (italiani e straniei)
Apprezzo tutte quelle persone serie, che si allenano con metodo, che hanno una routine consolidata, che riescono a gestire la pressione, che hanno un rendimento costante e insieme a tutto questo, riescono ancora a divertirsi, questi sono i miei idoli.
La squadra in cui ti sarebbe piaciuto giocare?
Sono molto felice della mia carriera e delle squadre dove ho militato.
Chi è stato il più grande lanciatore italiano e straniero?
Un grande è stato Olsen, poi, nel tempo, Matos. Mi piace pensare, come hai detto anche tu, di far parte di quelli che hanno scritto qualcosa nel baseball italiano. Pertanto non devo essere di certo io a dire chi sono stati i migliori.
E nel box, due nomi su tutti, sempre italiano e straniero
Bianchi e Curren
Le tre stelle del baseball italiano
Liddi, Maestri e Chiarini
Chi ammiri fuori dal mondo del baseball
Chi ha la fortuna di fare uno sport professionistico che gli permetta di vivere bene
La squadra preferita del baseball americano
Seguo più i lanciatori di Major che le singole squadre
Altri sport amati?
Seguo molto poco gli altri sport
La squadra (in generale) del cuore?
Fortitudo
Qual è stato il momento in assoluto della tua carriera che ti ha emozionato di più?
Lanciare, durante le Olimpiadi, nello stadio dei Braves. Non avevo il coraggio di guardare sopra la visiera e notare tanto pubblico
Oggi chi è Rolando Cretis?
E' un pitching coach della Nazionale Juniores e anche dei Black Panthers di Ronchi dei Legionari, quest'anno in IBL. E' uno come tanti che deve lavorare per andare avanti e fa' baseball perché è una malattia incurabile. E' uno che si diverte ad insegnare a lanciare e che nei pochi momenti liberi trascorre qualche week-end in giro con la moglie.
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