Ruggero Bagialemani dà l'addio al baseball

C'è sempre un inizio e una fine in tutto. E lo è anche per la mia carriera”. Con una conferenza stampa convocata allo Steno Borghese tra intimi, ancor prima che giornalisti, Ruggero Bagialemani ha dato oggi pomeriggio il suo addio al baseball.

La moglie Sabrina presente, la voce rotta dall'emozione per ripercorrere una carriera, da atleta, iniziata il 24 aprile 1978 nella partita tra Nettuno e Alpestre Novara. Quattro scudetti da giocatore, due Coppe Campioni, tre Coppe Ceb, due Supercoppe Europee, due Coppe Italia, 14 guanti d'oro e tutta una carriera trascorsa nel Nettuno, con record di ogni genere. E poi dieci anni da allenatore dal 2002, dove c'è stato spazio anche per un anno di stop e una stagione a Grosseto in veste sempre di manager, prima dell'addio arrivato oggi.

Mi ritengo un uomo fortunato, ho fatto una vita al di sopra delle mie possibilità. Sono nato in un quartiere povero e da una famiglia semplice, il baseball ed i miei cari mi hanno dato tutto. Ringrazio i miei compagni di squadra con i quali ho passato venti anni della mia vita, i più belli, abbiamo vinto tutto quello che c'era da vincere, abbiamo subito anche molte sconfitte e da quelle abbiamo imparato e abbiamo reagito. Un pezzetto di storia di questa gloriosa società lo abbiamo scritto noi. Li saluto tutti, indistintamente, così come i tecnici e soprattutto i tifosi che mi sono stati sempre accanto”.

E poi ringrazio Giampiero Faraone e Silvano Ambrosioni, che mi hanno insegnato tanto. Per il Nettuno e per la nazionale. Ho voluto molto bene anche a quest'ultimo, mi sento spesso con la moglie e parliamo di tante partite fatte insieme. Anche i dirigenti che hanno fatto sì che anni fa potessi continuare a giocare nel Nettuno. Ringrazio tutti, tutti quelli che mi hanno seguito nel baseball”.

E poi c'è quello che lui chiama il secondo tempo, quello da allenatore. “Anche qui devo fare dei ringraziamenti. Prima di tutto mia moglie, che è stata la mia compagna di vita, e da quando l'ho conosciuta putacaso ho iniziato a vincere nel baseball. Siamo 21 anni che siamo sposati. Forse è un record anche questo, anche perché mi ha sopportato, mi è stata sempre vicina”.

E' tempo di addio, è tempo di bilanci. “Da allenatore credo di non essere stato molto fortunato. Spero che dal prossimo anno il Nettuno torni a vincere, ho disputato quattro finali e tutte quante perse alla settima partita, destino beffardo. L'ultimo scherzo del destino proprio l'altroieri, siamo arrivati ad uno strike dal chiudere la carriera da vincenti sia io che Massimiliano Masin. Ritengo di aver avuto dei ragazzi eccezionali e abbiamo fatto una grande annata, siamo stati eliminati in semifinale e siamo arrivati in finale conquistando un posto in Coppa dei Campioni”.

Ma di fatto è arrivato il momento di farmi da parte, avevo maturato da tempo questa decisione, da circa tre mesi a questa parte. Mia moglie inizialmente non ci credeva, poi ha capito. Penso che ci siano molti manager in questa città in grado di guidare il Nettuno, ma soprattutto spero che si cambi a tutti i livelli. Io ho fatto qualcosa in questa città dove c'è solo il baseball, e dobbiamo mantenercelo. Nel mondo ci conoscono per questo sport. Ragionevolmente spero che ci sia qualcuno che sia in grado di prendere in mano questa società e dare una mano a questi ragazzi. La crisi economica ha colpito soprattutto gli sport minori, se vogliamo mantenerlo servirebbe che le istituzioni prendessero in mano la cosa e dessero un futuro a questi ragazzi. Altrimenti ce li troveremmo sparsi per Italia”.

Il riferimento allora è alla crisi economica che non sta facendo sconti. “Penso che non possano giocare senza un posto di lavoro. Non so nulla di movimenti in tal senso, ma è una cosa che voglio dire a chi ha il potere di fare questa cosa. Molti in questa squadra sono dei ragazzi di Nettuno che non hanno lavoro”.

Quale è stato il rimpianto più grande? “Credo la seconda finale, quella dove penso eravamo superiori veramente contro il San Marino, era il 2008. Come atleta invece il momento più bello è stato lo scudetto del '90, anche se le mie tre Olimpiadi sono una cosa fantastica e sono il completamento di quattro anni di lavoro”.

Hai accennato ai cambiamenti. “Nel Nettuno deve essere fatto a tutti i livelli. Io sono il primo a fare questo passo, e spero di non rimanere l'unico. Personalmente ho fatto di tutto, ho anche pagato colpe non mie, ho sempre lavorato per il bene della squadra. Quest'anno mi sono impegnato a trovare sponsor per quanto poteva essere possibile. Oggi credo non ne valga più la pena, rischierei di rovinare tutto quello che ho fatto adesso. Le cose qui sono iniziate ad andare male quando non si è più lavorato per un unico intento, quando le società del settore giovanile hanno cominciato a non dare giocatori alla prima squadra, a ricattare”.

Che intendi? “La gente che lavora è giusto che venga retribuita, ma non è possibile che poi la società debba pagare i giocatori cresciuti sui campi comunali. Nessuno come me ha lanciato tanti giovani in serie A. Se non si torna indietro e si lavora per il bene comune rischia di esaurirsi”.

Dunque? “Esco da qualsiasi tipo di attività. Poi se un giorno mi chiamano non mi tirerò certo indietro. Ma in questa stagione per cercare di tirare avanti mi sono fatto talmente tanti nemici, è stata mischiata politica, sport e tante altre cose che non vale più la pena di continuare. Ma spero di vedere questi ragazzi felici, per farli giocare bene devono essere contenti”.

E se il prossimo anno si vince? “L'invidia non è un sentimento che mi appartiene. Io al Nettuno ho dato quello che sono riuscito a dare, poi se il prossimo anno vincono sono il primo ad essere felice. Almeno si toglie questo maledetto 17 dal numero dei titoli vinti. E poi dicono che non è vero che porti sfortuna”.

E cosa ti mancherà? “Il rumore dei spikes sul pavimento, quello mi ha accompagnato per tutta la vita. L'olio canforato. Il rito di vestirsi sempre in una stessa maniera. La scaramanzia…”. Molto probabilmente, aggiungiamo noi, gli mancherà il baseball. Maledettamente. E scrivere la parola fine non è mai facile. E chissà che non sia l'ultima neanche stavolta…

Mauro Cugola

Nato tre giorni prima del Natale del 1975, Mauro è laureato in Economia alla "Sapienza" di Roma, ma si fa chiamare "dottore" solo da chi gli sta realmente antipatico... Oltre a una lunga carriera giornalistica a livello locale e nazionale iniziata nel 1993, è anche un appassionato di sport "minori" come il rugby (ha giocato per tanti anni in serie C), lo slow pitch che pratica quando il tempo glielo permette, la corsa e il ciclismo. Cosa pensa del baseball ? "È una magica verità cosmica", come diceva Susan Sarandon, "ma con gli occhiali secondo me si arbitra male". La prima partita l'ha vista a quattro mesi di vita dalla carrozzina al vecchio stadio di Nettuno. Era la primavera del '76. E' cresciuto praticamente dentro il vecchio "Comunale" e, come ogni nettunese vero, il baseball ce l'ha nel sangue.

Share
Published by
Mauro Cugola

Recent Posts

Mazzieri: “Ruolo internazionale della Federazione sempre più rilevante”

Il candidato alle elezioni FIBS riceve l’endorsement della Italian American Baseball Foundation e sottolinea importanza…

15 ore ago

Il sogno di Filippo Sabatini diventa realtà: firma con i Phillies

Grazie al duro lavoro fatto negli ultimi anni con il pitching coach Claudio Scerrato, scout…

2 giorni ago

Mura: “La mia storia con la Fortitudo finisce qui”

Il General Manager, dopo 16 anni di collaborazione, è stato tagliato dal club felsineo: “La…

3 giorni ago

Antonio Pugliese è il nuovo presidente del Bsc Grosseto 1952

L'avvocato Massimo Ceciarini lascia il vertice della società biancorossa che milita in serie A. Due…

5 giorni ago

Nettuno piange Andrea Caiazzo, maestro di generazioni di giocatori

E' scomparso a 88 anni, dopo aver giocato nella squadra che ha scritto la storia…

1 settimana ago

Aldegheri, prima vittoria in MLB. I complimenti di Del Piero

Battuti i Texas Rangers campioni in carica. 6 inning, 1 punto subito, 3 valide, 7…

2 settimane ago