Si fa un gran parlare di formule (dei campionati) e numeri (di squadre) negli ultimi tempi. Chi vorrebbe un IBL d'elite, chi invece preferirebbe allargare il raggio di espansione anche a scapito di un ovvio abbassamento del livello tecnico. Tutte soluzioni che se guardate da diverse angolature possono risultare condivisibili. Credo però che si stia perdendo di vista il succo del problema: il baseball va rilanciato dalla base. E la miglior azione di marketing possibile oggi, soprattutto perché a costi bassissimi e con una probabilità di riuscita molto alta, è l'attività di promozione nelle scuole. Nella peggiore delle ipotesi garantirebbe un ritorno di immagine positivo alle società, nella migliore permetterebbe di aumentare sensibilmente il numero di tesserati, quindi, a seguire, quello degli spettatori allo stadio, delle sponsorizzazioni e dello spazio sui media.
Proprio nei giorni scorsi il Collecchio baseball ha presentato il suo progetto scolastico, rivolto alle scuole materne, elementari e medie del paese. La società ha ingaggiato quattro istruttori d'eccezione: i giocatori del Parma baseball Mihai Burlea e Sebastiano Poma e le giocatrici della locale squadra di softball partecipante all'ISL Arianna Lori e Giulia Ravanetti. Quattro giovani, quattro giocatori della massima serie, quindi quattro personaggi "in vista" almeno a Collecchio. La società riconoscerà loro un rimborso, ma i vantaggi che ne ricaverà saranno decisamente superiori. Grazie anche alla palestra che ha inaugurato lo scorso anno di fianco ai tre campi da baseball e softball. La società si è accorta che nel giro di pochi anni avrebbe fatto fatica ad iscrivere squadre giovanili ai vari campionati. Con questo progetto, che ha trovato ben disposte le istituzioni scolastiche in un periodo nel quale fanno fatica a coprire gli orari di lezione, il Collecchio conta di appassionare al gioco del baseball circa 500 giovanissimi, che fino a maggio avranno la possibilità di sperimentare mazze e guantoni e magari poi convinceranno i loro genitori ad iscriverli per entrare a far parte del settore giovanile della società. Un progetto serio, interessante e che all'obiettivo personale del sodalizio pedemontano abbina un forte valore sociale.
Questo è un esempio, ma ne potremmo citare molti altri sparsi per l'Italia. Pensiamo però se fossero le società di vertice a promuovere il baseball nelle scuole. Con il loro nome, ma soprattutto con i loro campioni, italiani e stranieri. Che già pagano e quindi non comporterebbero grandi esborsi ulteriori. Anche perché, ad esempio, cosa fanno durante il giorno i giocatori stranieri dell'IBL? Al mattino dormono, poi mangiano, fanno un giro per la città e verso sera vanno ad allenarsi. E nel week-end giocano. Allora, visto che le società versano loro rimborsi spese che possono essere considerati veri e propri stipendi per qualsiasi cittadino italiano, tanto vale che vengano sfruttati per qualche ora in più. Un paio d'ore al giorno per far divertire e appassionare i bambini e gli adolescenti delle rispettive città. Affiancati dai loro giovani compagni di squadra italiani che studiano o che comunque non lavorano. Magari con l'ausilio di brevi video delle imprese più spettacolari del baseball USA, con qualche gadget e gli immancabili biglietti omaggio per le partite. E perché no, alla fine dell'anno un bel torneo interscolastico con conclusione in anteprima ad un big match dell'IBL, possibilmente in diretta televisiva. L'iniziativa diventerebbe importante per il territorio, assumerebbe un valore sociale e catturerebbe l'interesse dei media locali (e forse non solo..), quindi diventerebbe appetibile anche per qualche sponsor che si sa molto sensibile a prestare la propria immagine a progetti educativi e sociali. Ecco allora che le società otterrebbero un ritorno sicuramente a livello di immagine e probabilmente anche economico, aumenterebbero le presenze allo stadio e contribuirebbero ad accrescere il numero di tesserati nelle squadre giovanili. Magari aiutando anche le società della zona che dell'attività giovanile fanno la mission principale.
Chiaro che poi questi ragazzi una volta portati allo stadio dovrebbero trovare un ambiente frizzante, confortevole, famigliare. Dovrebbero sentirsi importanti e protagonisti. Ecco che allora qualche concorso a premi, la possibilità di calcare il diamante dei loro nuovi idoli, di acquistare la replica delle casacche della squadra del cuore potrebbero diventare un valore aggiunto. Mentre per quelli un po' più grandicelli potrebbe risultare accattivante, per fare un esempio, un post partita con deejay set nei locali dello stadio con vista campo. E per i genitori la possibilità di cenare allo stadio gustandosi la partita, chiacchierando tra di loro senza preoccuparsi di aver lasciato i figli sulle tribune magari a rincorrere una pallina battuta in foul, potrebbe essere la chiave per convincerli a passare una serata allo stadio di baseball. E le Franchigie guadagnerebbero dagli incassi non solo al botteghino, ma anche al bar-ristorante, al fan-shop o alle bancarelle. A quel punto potrebbero pensare di arricchire il livello tecnico non solo con i prospetti italiani che negli anni crescerebbero, se seguiti adeguatamente con programmi specifici e tecnici competenti, ma anche con qualche campione straniero di "grido". E a ruota si svilupperebbero tante situazioni delle quali si fa un gran parlare: dalle quattro partite settimanali alle dirette delle partite trasmesse su più piattaforme, dall'interesse dei grandi media a quello delle franchigie del baseball professionistico. Ma per arrivarci bisogna scalare un gradino alla volta. Il primo di questi gradini è quello dell'ingresso nelle scuole. Perché se uno sport diverso dal calcio non entra nelle scuole, per i giovani non esiste. Lo hanno fatto basket e pallavolo, lo ha fatto il rugby, lo fa il football americano. Vediamo di riuscirci anche noi…
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