Tenacia e forza del collettivo. Se dovessimo ragionare a freddo sulla conquista delle seconde World Series consecutive dei Los Angeles Dodgers, primo "back-to-back" di questa franchigia dal biennio 1977-78, sono questi i due fattori determinanti della splendida cavalcata del roster californiano conclusa con la vittoria in gara-7 (finale 5-1) in una delle National League Championship Series più equilibrate che si ricordi.
Era dal 2012 che la NLCS non andava a gara-7. Allora vinsero i San Francisco Giants, franchigia legata a doppio filo con quella dei Dodgers (entrambe con un passato a New York, entrambe migrate in California, sempre nel 1958) che sconfissero i Cardinals per 4-3, come i Brewers leader della Central Division, al termine di una serie che comunque non ha vissuto lo stesso equilibrio di quella del 2018. Eh si, perché esaminando complessivamente tutta la Championship Series ci si accorge che i Dodgers hanno realizzato complessivamente 23 punti con 53 valide, contro i 24 dei Brewers ottenuti in 56 valide. Se si analizzano i dati relativi al monte di lancio si osserva che i Dodgers hanno impiegato un "pitcher" in meno (12) rispetto ai Brewers (13), con una media PGL di 3.38 contro i 3.15 dei rivali. A fare la differenza il bullpen. Tutti si attendevano che fosse quello dei Brewers a fare la differenza, ma in realtà è stato quello dei Dodgers a rivelarsi implacabile grazie ad una media PGL di 1.45. Anche in attacco i numeri sono molto simili considerando fuoricampo (6-5 per Milwaukee), tripli (1 per parte) e valide, mentre per i doppi c'è uno sbilanciamento a vantaggio dei "Crew" (17 contro 8), recuperato in parte dal numero di basi rubate (5-3 per Los Angeles).
Qual è stato dunque il fattore che più di tutto ha spostato l'inerzia di queste NLCS? La tenacia ed il collettivo dei Dodgers, appunto. La forza di crederci nonostante tutto. Los Angeles inizia in salita la regular season dovendo fare a meno già ad inizio stagione di Justin Turner (frattura al polso occorsa durante una gara di spring-training), seguiti dagli stop temporanei ma non brevissimi di Klayton Kershaw, Rich Hill, Yasiel Puig, cui si aggiunge il più grave, quello dell'interbase Corey Seager, che ha avuto bisogno dell'intervento chirugico "Tommy John" per la rottura del legamento collaterale del gomito sinistro e ha chiuso anzitempo la stagione. Avvio di campionato a dir poco in salita per il roster di Dave Roberts che è stato molto bravo a ricompattare i suoi dopo che al 17 maggio con 10 vittorie e 15 sconfitte sembrava destinato ad una stagione fallimentare. Al primo di giugno la lista infortunati registrava gli stop di Chase Utley e Corey Seager, oltre che la bellezza di 6 lanciatori partenti a recuperare dagli infortuni (Kershaw, Hill, Maeda, Ryu, Koehler e Urias). Ma ancora una volta i Dodgers non si abbattono e resistono tenendo nel mirino la leadership della West Division fino a conquistarla alla 163esima partita, con un drammatico spareggio contro i Colorado Rockies vinto 5-2.
Tenacia e forza del collettivo dunque, il segreto con il quale alla fine della NLCS i Dodgers si sono imposti sugli "underdog" Milwaukee Brewers, autentica rivelazione di questa stagione insieme agli Atlanta Braves, bravi a tenere testa ad una franchigia molto più quotata, nonostante il roster di Milwaukee sia uno con il "pay-roll" più basso della MLB. Ma non possiamo dimenticarci le prestazioni dei singoli come l'MVP della serie Cody Bellinger, solo lo scorso anno vincitore del "Rookie of the Year". Il più giovane vincitore di questo premio (23 anni per lui), non ha dominato per tutta la serie, ma è stato determinante nei punti nevralgici della stessa indirizzando con le sue prestazioni le NLCS a vantaggio della sua squadra. E' lui l'autore del singolo che ha concesso ai Dodgers di vincere al 13esimo inning di gara-4, e del fuoricampo da 2 punti alla seconda ripresa di gara-7 che consente a Los Angeles di passare in vantaggio 2-1 e indirizzare la partita decisiva.
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