NCAA

Il sogno olimpico di Bocchi parte dal Texas

Manca ormai poco all’opening day dell’NCAA 2019 e Matteo Bocchi, fresco di inclusione nel club olimpico, è pronto ad affrontare la sua ultima stagione con Texas – dopo un 2018 ricco di soddisfazioni – sognando di ritornare alle College World Series e conquistare un posto nella Nazionale Italiana, impegnata a settembre negli Europei in Germania e nel torneo di qualificazione olimpica in programma sui diamanti di Parma e Bologna.
Bocchi, come altri ragazzi della sua età, ha scommesso sul suo talento nello studio e nel baseball e dopo tanti sacrifici sta ottenendo i meritati riconoscimenti in campo e fuori. La partecipazione alle Little League World Series con la selezione dell’Emilia Romagna nel 2008 e qualche anno dopo la presenza all’International Stars College Showcase sono state solo l’inizio del “sogno americano” di Bocchi che ora si avvia alla sua tappa fondamentale: il draft MLB di giugno dove Matteo arriva con ottime credenziali e da probabile lanciatore partente nella rotazione di Texas, una delle migliori 25 squadre NCAA secondo il giudizio degli addetti ai lavori. Ed eccolo, Bocchi, in esclusiva a Baseball.it con la consueta disponibilità e simpatia.

Prima di parlare della nuova stagione 2019 ricca di sfide ed appuntamenti importanti, facciamo un’analisi su un 2018 certamente molto soddisfacente per te e per Texas chiuso con la partecipazione alle College World Series ed al Super Six in Olanda con la Nazionale Italiana.
E’ stato sicuramente un anno eccezionale specialmente per il modo in cui sono andate le cose. Nella prima parte della stagione non ho avuto infatti molte opportunità. Tuttavia, col passare del tempo, mi sono pian piano guadagnato un ruolo importante nel bullpen fino al punto di avere l’opportunità di fare la mia prima partenza contro Northwestern. Successivamente sono partito altre due volte contando circa 15 apparizioni nelle ultime 30 partite della stagione. Giocando un baseball eccezionale nella seconda metà di stagione, ci siamo portati a casa il titolo della Big XII che non vincevamo dal 2011 e ci siamo qualificati per i playoff. Nel primo turno abbiamo vinto senza troppi problemi ritrovandoci a un passo dal sogno di qualsiasi università, le College World Series. Ma prima dovevamo battere la squadra più calda di tutta America, arrivata ai playoff dominando quasi tutte le statistiche di battuta. Dopo aver perso la prima partita, abbiamo usato sia il partente di gara-2 che quello di gara-3 pareggiando la serie 1-1. Appena finita la partita, l’head-coach David Pierce mi chiama e mi dice: Matteo sei in forma? Domani parti tu. Tutti i notiziari titolavano “Pierce ha scelto Bocchi nella partita più importante dell’anno per Texas.”. La pressione era tutta su di me. Per fortuna nessuno si è fatto prendere dal panico e supportati da più di 7.000 tifosi abbiamo battuto Tennessee Tech per 5-2. L’esperienza delle World Series è stata incredibile e anche se durata poco, ha lasciato un segno positivo in tutti noi. Per concludere il 2018 in bellezza, ho avuto l’onore di rappresentare l’Italia nel Super Six dove ho visto una squadra unita e talentuosa. Di sicuro le carte per qualificarci alle Olimpiadi 2020 le abbiamo tutte, starà a noi giocare come sappiamo quando conterà.

Alla luce della tua ottima prima stagione in NCAA con tutta probabilità ti sarà affidato uno degli spot di partente nella rotazione dei Longhorns per questo 2019. Cosa provi al riguardo e hai già avuto conferme dal coach David Pierce e dallo staff tecnico?
Il mio ruolo nella stagione 2019 non è ancora ben definito visto che di giocatori talentuosi ne abbiamo veramente tanti. Ovviamente dopo l’anno passato, le mie possibilità di iniziare la stagione da partente sono alte ma poi starà a me mantenere questo ruolo.

Quali sono le prospettive per Texas, specialmente dopo aver perso i due migliori battitori nel 2018 come Kody Clemens e, per un recente incidente, l’interbase David Hamilton?
Gli obiettivi sono sempre gli stessi. Perdendo 2 dei 3 partenti e due dei migliori giocatori della squadra che hai citato starà a chi è rimasto e ai nuovi arrivati fare un passo avanti e trascinare gli altri.

A poche settimane dall’inizio come procede la preparazione e quali pensi possano essere le protagoniste più accreditate nella corsa verso Omaha oltre alle tanto reclamizzate Vanderbilt e Lsu?
La preparazione procede come previsto, tutti si stanno impegnando al massimo. Come ogni anno però è quasi impossibile prevedere chi arriverà ad Omaha, ci sono davvero tante squadre talentuose là fuori tutte pronte a dare il 100% per arrivare alle College World Series.

Il 2019 sarà un anno molto importante per il baseball Italiano con gli Europei in Germania a Settembre e le qualificazioni olimpiche che si svolgeranno in due città molto importanti per te come Parma e Bologna. Quali sono le tue aspettative visto il recente ingresso nel Club Olimpico?
Le aspettative sono ovvie… vincere. E credo che vincere non sia il mio obiettivo ma di tutti i componenti della Nazionale azzurra.

La scorsa estate dopo le College World Series hai giocato per un breve periodo con i Rochester Honkers della Northwoods Summer League, come è stata questa esperienza?
Decisamente bella, assomiglia molto alle Minors, tanto baseball e tanti viaggi in pullman.

Qual’é il bilancio finora della tua avventura negli Stati Uniti iniziata al Junior College di Odessa e proseguita al massimo livello NCAA con l’approdo in un programma famosissimo come Texas? A giugno ci sarà poi il draft MLB…
Il bilancio è più positivo delle aspettative che avevo prima di partire. Non avrei mai immaginato di giocare per una delle Università più famose di sempre e tantomeno avere un ruolo così importante. Riguardo al draft ho sempre avuto l’opzione di rifiutare le offerte e continuare la mia esperienza al college. Quest’anno, invece, essendo l’ultimo, quello che arriva si prende. Le possibilità di ricevere delle offerte ci sono, ma dipenderà tutto da come giocherò in questa stagione.

Visto che sei da alcuni anni negli States, segui la MLB? Tifi qualche squadra in particolare? Hai qualche giocatore a cui ti ispiri?
Seguo molto la Major e sono tifoso dei Boston Red Sox. Tuttavia non ci sono giocatori a cui mi ispiro ma mi piace ascoltare un po’ i consigli di tutti e vedere quali funzionano per me.

Ti sei appassionato ad altri sport in America oltre al baseball?
Seguo maggiormente l’NBA e un pochino il football, ssoprattutto la squadra della mia università, visto che qui a Texas è una “religione”.

Con Matteo D’Angelo e Federico Castagnini hai aperto con successo la strada ad altri nell’esperienza di gioco/studio negli States a livello di high-school e quindi di college. Lo consiglieresti ancora ai ragazzi e alle ragazze con l’amore per il batti e corri?
Al 100%, anche se il primo periodo può essere emotivamente molto difficile. Non è facile cambiare vita all’improvviso e trovarsi da soli a 10.000 km da casa, ma in questo modo si cresce davvero tanto. In questi 4 anni, oltre che essere migliorato nello sport, ho imparato a vivere ed arrangiarmi da solo. Ho imparato bene l’inglese, ho allargato le mie conoscenze, conosciuto persone eccezionali e giocato per una delle Università più famose al mondo. Per concludere, insieme a tutte le esperienze, la mia carriera collegiale si concluderà con la laurea.

Per finire che cosa pensi della situazione del baseball in Italia? Idee, proposte per aiutarne lo sviluppo?
La situazione in Italia non è delle migliori. Serve giocare di più, tipo 50 partite all’anno, e fare in modo che il nostro sport diventi più famoso tra la gente. Bisogna creare eventi in zone popolate dove la gente estranea al baseball può avere l’opportunità di conoscere il nostro sport e magari provare a giocarlo. Per esempio nei parchi o nelle piazze più famose e popolari delle città. So che non è una cosa semplice ma finché le società avranno budget bassi come oggigiorno, sarà quasi impossibile investire soldi in avvenimenti per attirare l’attenzione.

Andrea Palmia

Andrea Palmia è nato a Bologna il 4 aprile 1968 e vive nel capoluogo emiliano con la moglie Aurora e la figlia Lucia di due anni. Laureato in Pedagogia con una tesi sperimentale sui gruppi ultras, lavora dal 1995 come educatore professionale con utenti disabili mentali e fisici. Appassionato di sport in genere ed in particolare di quelli americani, ha sempre avuto come sogno nel cassetto quello di fare il giornalista sportivo. Dal baseball giocato nel cortile del condominio con una mazza scolorita alle partite allo stadio Gianni Falchi con i fuoricampo di Roberto Bianchi e Pete Rovezzi, il passo è stato breve. Fortitudino nel DNA, nutre una passione irrazionale per i "perdenti" o meglio per le storie sportive "tormentate" fatte di pochi alti e di molti bassi.

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