Serie A1

Rino Zangheri, 45 anni di pura passione

Ero diventato presidente dei Falcons da qualche settimana e i membri del consiglio direttivo uscente mi consegnarono, a loro dire, la prima “patata bollente”. Dovevo trattare con Rino Zangheri il prestito di un nostro tesserato col quale c’era stato qualche attrito. Fare “affari” di baseball col Pres? Altro che patata bollente: un onore. Dovevo solo trovare il momento giusto. Detto e fatto. Me la gioco in trasferta, nella sua fabbrica, era felice e sorridente, il giorno prima una sua nipote si era appena laureata in Svizzera, era il momento giusto. Ho concluso in dieci secondi. Perché questo era Rino Zangheri: famiglia sopra tutto, fabbrica, baseball.

Del batti e corri nei primi anni ‘70 sapeva poco o nulla, la fortuna per il nostro amato sport e per la Rimini sportiva è che la squadra cittadina giocava a baseball allo stadio del calcio, a due passi da casa sua e il quarantenne Cesare Zangheri, incuriosito, andò a vedere una partita.

Fu Giorgio Palareti a portarlo in società, fu altrettanto facile convincerlo a diventare presidente, parliamo del ‘73. Il Baseball Rimini passa dal puro e semplice volontariato a una società di stampo professionistico, in pochi anni arrivano primo scudetto (ne seguiranno altri 12), prima Coppa Campioni (tre in totale, il suo cruccio essersi fermato li), stadio nuovo, Mondiali da record di spettatori.

Con Rino Zangheri al timone sbarcano in Romagna alcuni degli stranieri più forti del nostro campionato, senza parlare dell’altissimo livello dei giocatori italiani. Le squadre costruite a fine anni ‘70 (due scudetti e una Coppa) e a cavallo del millennio (tre scudetti) restano le più forti in assoluto. Ma per lui le squadre erano tutte forti, perché chi vestiva quella casacca doveva lottare per vincere.

L’ha fatto per tutti i suoi 45 anni alla presidenza dei Pirati, un record mostruoso di longevità, fatto di passione, sacrifici, entusiasmo, incazzature. Burbero sì, ma con la pacca sulla spalla come marchio di fabbrica, pronto a piombare nello spogliatoio dopo una sconfitta a far tremare i muri, pronto però a dare un “cinque” a tutti i giocatori con la sua manona dopo una vittoria. Amato dalla sua gente, criticato da chi lasciava il Baseball Rimini, non troppo tenero con collaboratori, allenatori, giocatori perché da tutti pretendeva il massimo, dalla sua sedia dietro casa base (cavolo come ci manca quella sedia, quella postazione ormai tradizionale) inveiva alla sua maniera contro tutti, ma umano dalla testa ai piedi, pronto a commuoversi per uno scudetto o per la festa a sorpresa per i suoi 80 anni organizzata allo Stadio dei Pirati con ex giocatori e tecnici in rigorosa maglietta arancione.

Ha vissuto il baseball a 360 gradi, “combattendo” senza esclusione di colpi con altri grandi dirigenti della sua epoca. “Quelle sì che erano riunioni…” come ripete spesso Alberto Antolini, uno dei suoi più fidati e fedeli collaboratori. Zangheri è stato consigliere federale per lungo tempo, presidente della Lega nel 1991, entrato nella Hall of Fame nel 2015 e proprio in quell’occasione fu fantastico il duetto sul palco di Roma con il grande nemico-amico Alberto De Carolis.

Dotato di grandissimo intuito, ha preso anche decisioni all’apparenza impopolari, come quando ha tenuto fermo per un anno Paolo Ceccaroli all’apice della sua carriera per poi richiamarlo due volte, l’ultima giusto un paio di anni fa, quando “Ciga” e i suoi ragazzi gli hanno regalato il 13° scudetto. “Questa è l’ultima stagione” ripeteva sovente, era il primo a non crederci, perché se vinceva voleva rivincere, se perdeva voleva riscattarsi. Dopo una finale persa andava in Africa, nella sua fabbrica in Camerun, si rilassava e cominciava a programmare la stagione successiva. Aspettava il profumo dell’erba appena tagliata: era il segnale, play-ball.

Parlavo di momento giusto in apertura, ho sempre capito quale fosse: se al telefono la risposta era… “Ohhh Carletto come va?” allora la telefonata proseguiva. Se invece dall’altro capo del telefono si sentiva un… “Prontoooooo” allora salutavo in fretta. Caro Pres, ha scelto il momento giusto anche ieri pomeriggio, perché se è vero che la sua famiglia (l’inseparabile moglie Lella, i tre figli, i nipoti) ha giustamente cercato di tenerlo all’oscuro dalle ultime tristi vicende, una vocina, invisibile ma presente, l’ha sempre tenuto aggiornato. Su tutto. Perchè l’ultima parola, l’ultimo gesto sono sempre di Rino Zangheri.

Carlo Ravegnani

Carlo Ravegnani, nato a Rimini il 31 gennaio del 1968, ha iniziato la carriera giornalistica a 20 anni nell'allora Gazzetta di Rimini, "sostituita" dal 1993 dall'attuale Corriere Romagna dove lavora come redattore sportivo. Collaboratore per la zona di Rimini del Corriere dello Sport-Stadio, il baseball è stata una componente fondamentale nella sua vita: dapprima tifoso sugli spalti dello Stadio dei Pirati poi giocatore nel mitico Parco Marecchia e poi nel Rimini 86, società che ha fondato assieme a un gruppo di irriducibili amici. Quindi giornalista del batti e corri sulla propria testata e alcune saltuarie collaborazioni con riviste specializzate oltre che radiocronista delle partite dei Pirati assieme all'amico e collega Andrea Perari. Negli ultimi anni è iniziata anche la carriera dirigenziale, con la presidenza (dal 2014) dei Falcons Torre Pedrera. La passione è stata tramandata al figlio Riccardo che gioca lanciatore e prima base negli stessi Falcons.

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