C’è tutto, ma proprio tutto, nei 50 giorni più tristi della storia, gloriosa, del Rimini Baseball. Da quando Simone Pillisio, avendo già progettato il suo futuro lontano dalla Romagna, ha annunciato, proprio su Baseball.it, di non voler confermare per la stagione 2019 Paolo Ceccaroli alla guida dei Pirati. Aspettava una reazione, che è arrivata: roboante e immediata nella critica, smodata e arrogante tipica del mondo vuoto di facebook. Ma era la scintilla che Pillisio aspettava come trampolino di lancio per lasciare i Pirati, denigrare i riminesi e poter cominciare la sua avventura al Nettuno City, trasportando di fatto l’80% della squadra che aveva progettato per Rimini, o almeno era quello che aveva fatto credere.
Da quel giorno è stato un susseguirsi di contatti, incontri, idee, ma pochi fatti. Fino a sabato 16 febbraio, quando è arrivata la notizia più triste, la morte di Rino Zangheri. Per una settimana tutto si è fermato in segno di rispetto, poi è ricominciato il caos, una lotta senza esclusione di colpi, un penoso tutti contro tutti. Intanto succedono due cose: il passaggio di consegne (che poi si scoprirà essere solo presunto) al timone del Rimini Baseball da Pillisio a Ciro Esposito, titolare della pizzeria allo Stadio dei Pirati e l’arrivo di una nuova cordata, più che altro un gruppo di amici condotto da Andrea Girasole, riminese doc, in Svizzera per lavoro, che decide di provare a salvare l’A1 a Rimini con un’idea “rivoluzionaria” dove i giocatori si sarebbero autotassati.
La cosa prende piede pur tra mille ostacoli, salgono in sella altri personaggi della zona o da fuori come Massimiliano Geri, presidente dell’associazione giocatori di baseball e softball, poi sabato scorso altro colpo di scena: si scopre che il verbale dell’assemblea che nominava Esposito presidente, non è completo né corretto e la Fibs non ha ratificato il passaggio di consegne.
Quindi Pillisio è ancora il proprietario del Rimini Baseball, lo si evince da un suo messaggio scritto sulla porta della segreteria dello Stadio dei Pirati (“in qualità di presidente del Rimini Baseball…”). Il signor Esposito si chiama fuori, il nuovo progetto incassa un colpo da ko e lunedì mattina lo stesso Pillisio scrive la parola fine rinunciando ufficialmente al campionato e alla Coppa Campioni.
Quindi una storia che durava dal 1949 e con l’avvento di Rino Zangheri è esplosa nella sua magnificenza, viene archiviata con una semplice Posta Elettronica Certificata, senza uno straccio di dichiarazione ufficiale, senza qualcuno che spieghi il motivo di tutto questo. Rimini non ha perso l’A1 del baseball inteso come massimo campionato del batti e corri e probabilmente saprà anche rialzarsi viste le realtà che operano con impegno e serietà nei settori giovanili, Rimini ha perso il vero e proprio punto di riferimento di intere generazioni che negli anni d’oro popolavano interamente lo Stadio dei Pirati, che si riversavano nei parchi a giocare a baseball, né più né meno di chi prendeva un pallone da calcio oppure occupava i campetti cittadini del basket. Altre due realtà che hanno avuto mazzate terribili in questi anni.
Rino Zangheri lassù, incontrando Yogi Berra, gli avrà sicuramente chiesto: “Ma è vero che non è finita finché non è finita?”. No caro “Pres”, la storia è finita il 9 dicembre 2017 con quel passaggio di consegne. Quella volta tutto vero ahinoi, tutto certificato. Anche lui nel tempo che gli era rimasto se ne era accorto, ma era troppo tardi.
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