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“Non ci credo, Cuba è fuori dalle Olimpiadi”

Il ricordo meno piacevole che ho della Qualificazione Olimpica delle Americhe del 2003 a Panama, al pari della lettura di anonimi che sul forum di Baseball.it si prodigavano a spiegare perché fosse uno spreco per la FIBS avermi inviato lì, è il muro eretto dalla sicurezza della Nazionale di Cuba attorno a Kendry Morales, allora giovane fenomeno. Si temeva a tal punto che Morales scappasse, che a un certo punto venne rispedito a Cuba (motivazione ufficiale: la mamma è malata). E tanta era la preoccupazione attorno a Morales, che nessuno diede peso al fatto che nel frattempo era fuggito un lanciatore mancino di nome Raul Valdes.

Valdes l’ho ritrovata lanciatore della Repubblica Dominicana alla Qualificazione Olimpica delle Americhe 2021, quindi un bel 18 anni dopo. Non mi è chiaro come sia diventato Dominicano (ma posso provare a immaginare: per firmare direttamente un contratto negli USA), ma so che a 43 anni suonati ha tenuto i suoi in partita contro il Canada per ben 6 riprese. E mi sono chiesto cosa avrebbe potuto fare per la Nazionale di Cuba in questi 18 anni.

Cuba in quel 2003 vinse senza colpo ferire, e senza Morales e Valdes, il torneo di Qualificazione. Un anno dopo vinse, pur al termine di un percorso con (diciamo così) qualche ruota bucata, anche le Olimpiadi. In questo 2021 Cuba è fuori dalle Olimpiadi. Da quando il baseball è sport da medaglia, non era mai accaduto.

Vado più in là: nel 1992 Cuba ha stravinto, nel 1996 pure, nel 2000 ha perso contro gli Stati Uniti di Tom Lasorda. E soprattutto, contro un lanciatore come Ben Sheets, che nel 2001 finirà da Rookie dritto all’All-Star Game MLB. Nel 2004 abbiamo detto che rivinse e nel 2008 perse la finale contro la Corea lasciando in base i punti del sorpasso con Yuliesky Gurriel, il suo giocatore più prestigioso, in battuta. Cuba, insomma, alle Olimpiadi ha sempre giocato la finale.

Cuba non avrebbe potuto continuare a dominare, come ha fatto per i primi 60 anni di tornei internazionali, dopo che il baseball ha aperto ai professionisti. Cuba già giocava con i professionisti quando gli altri proponevano giovanotti di College (USA, Giappone, Corea) o onesti mestieranti che potevano al massimo definirsi semipro (parte della Nazionale del Giappone, le Europee, le altre Nazionali dell’area Caraibica).

Quando Pedro Lazo prese la palla nella finale del Mondiale 2001 a Taiwan, la sua veloce toccava le 95 miglia, il suo slider era vicino a 90 e lanciava anche una via di mezzo tra il cambio e la split-finger che sembrava una biglia che cade da un tavolo. Terry Francona, allora manager degli USA, mi disse in un orecchio: “Ma lo sa il ‘Big Man’ quanti soldi farebbe se fosse nato in Florida?”.

Cuba per me è Rogelio Garcia. Avevo 14 anni quando lo vidi lanciare e chiesi a mio padre se ero io che avevo problemi o neanche lui riusciva a vedere la palla. E Garcia era solo il terzo lanciatore di Cuba, in quel Mondiale 1978. Il numero uno era il leggendario Braudillo Vinent. Antonio Munoz avrebbe potuto guadagnare quel che voleva in MLB. Antonio Pacheco pure. Per non dire di German Mesa, il miglior interbase che io abbia mai visto giocare. A me, per la verità, piaceva più il suo erede Eduardo Paret, meno giocoliere e più concreto, soprattutto in battuta. Ma quando provai a esprimere questo parere a un venditore dell’aeroporto de L’Avana, questi si rifiutò di continuare a parlare con me, con una scena degna del “andiamo avanti così, facciamoci del male” pronunciato da Nanni Moretti di fronte a un agnostico della torta Sacher.

Vado avanti: Casanova, Lourdes Gurriel padre, Luis Ulacia, Michel Enriquez (non ricordo di avergli mai visto commettere un errore e giocava terza base con un range da interbase), Ariel Pestano (“se solo stesse più zitto, direi che è il miglior catcher che abbia visto”, parola del manager del Canada Ernie Whitt, catcher MLB per anni).

Adesso vi faccio un altro elenco: Josè Abreu (prima base dei White Sox di Chicago, MVP dell’American League 2020), Aledmys Diaz (interno utility degli Houston Astros), Yandy Diaz (terza base dei Tampa Bay Rays), José Iglesias (interbase dei Los Angeles Angels), Lourdes Gurriel figlio (esterno dei Toronto Blue Jays), Luis Robert (esterno centro dei Chicago White Sox, già Rookie dell’anno), Jorge Soler (esterno destro dei Kansas City Royals), Yuliesky Gurriel (Houston Astros, porebbe essere il nostro battitore designato), Adrian Morejon (lanciatore partente San Diego Padres), Cionel Perez (lanciatore partente Cincinnati Reds), Aroldis Chapman (rilievo New York Yankees), Raisel Iglesias (rilievo Los Angeles Angels), Yoan Lopez (rilievo Arizona Diamondbacks). Ho anche un paio di riserve mica male: Yoan Moncada (interno, Chicago White Sox) e Randy Arozarena (esterno, Tampa Bay Rays). Dite che mi manca un catcher? Mal che vada, c’è Yasmani Grandal, anche se per la verità ha imparato a giocare negli USA.

Sì, sono tutti Cubani al momento attivi in Major League. Penso sarebbero stati sufficienti per far arrivare Cuba almeno al Final Qualifier in programma dal 22 al 26 giugno. E all’elenco andrebbe aggiunto César Prieto, oggi il miglior giocatore della Serie Nacional di Cuba, che era con la Nazionale ed è fuggito appena messo piede in Florida.

La notizia del fatto che Cuba non parteciperà alle Olimpiadi è triste. Ma non significa che il baseball a Cuba è in crisi. Significa che il modello di gestione del baseball a Cuba è in crisi.

E’ pur vero che i fenomeni dell’elenco dei Cubani sotto contratto MLB non avrebbero potuto rispondere alla convocazione, come qualsiasi altro giocatore della rosa dei 40. Ma occorre sottolineare che, nella Cuba che negli anni ’80 e ’90 dominava il baseball internazionale, questi giocatori sarebbero ancora sull’isola.

Per il bene del baseball in particolare e dello sport più in generale, gli Stati Uniti e Cuba una soluzione per un libero accesso dei giocatori ai campionati pro nord americani la devono assolutamente trovare. O meglio: l’avevano anche trovata, se non fosse che l’Amministrazione Trump l’ha fatta saltare.

 

Riccardo Schiroli

Nato nel 1963, Riccardo Schiroli è giornalista professionista dal 2000. E' nato a Parma, dove tutt'ora vive, da un padre originario di Nettuno. Con questa premessa, non poteva che avvicinarsi alla professione che attraverso il baseball. Dal 1984 inizia a collaborare a Radio Emilia di Parma, poi passa alla neonata Onda Emilia. Cresce assieme alla radio, della quale diventa responsabile dei servizi sportivi 5 anni dopo e dei servizi giornalistici nel 1994. Collabora a Tuttobaseball, alla Gazzetta di Parma e a La Tribuna di Parma. Nel 1996 diventa redattore capo del TG di Teleducato e nel 2000 viene incaricato di fondare la televisione gemella a Piacenza. Durante la presentazione del campionato di baseball 2000 a Milano, incontra Alessandro Labanti e scopre le potenzialità del web. Inizia di lì a poco la travolgente avventura di Baseball.it. Inizia anche una collaborazione con la rivista Baseball America. Nell'autunno del 2001 conosce Riccardo Fraccari, futuro presidente della FIBS. Nel gennaio del 2002 è chiamato a far parte, assieme a Maurizio Caldarelli, dell'Ufficio Stampa FIBS. Inizia un'avventura che si concluderà nel 2016 e che lo porterà a ricoprire il ruolo di responsabile comunicazione FIBS e di presidente della Commissione Media della Confederazione Europea (CEB). Ha collaborato alle telecronache di baseball e softball di Rai Sport dal 2010 al 2016. Per la FIBS ha coordinato la pubblicazione di ‘Un Diamante Azzurro’, libro sulla storia del baseball e del softball in Italia, l’instant book sul Mondiale 2009, la pubblicazione sui 10 anni dell’Accademia di Tirrenia e la biografia di Bruno Beneck a 100 anni dalla nascita. Dopo essere stato consulente dal 2009 al 2013 della Federazione Internazionale Baseball (IBAF), dal giugno 2017 è parte del Dipartimento Media della Confederazione Mondiale Baseball Softball (WBSC). Per IBAF e WBSC ha curato le due edizioni (2011, 2018) di "The Game We Love", la storia del baseball e del softball internazionali.

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