Il baseball è più solo. Almeno per chi lo frequenta da tanti anni, perché da oggi non possiamo più contare su un amico che ha scritto gran parte della storia del nostro sport in Italia. Scritto nel senso letterale, visto che se n’è andato Giorgio Gandolfi, giornalista di razza, parmigiano trapiantato a Torino, con tanti anni di vita vissuta a Milano a raccontare di Inter e di Milan per la Stampa, dove ha lavorato per 27 anni dopo il praticantato alla Gazzetta di Parma e gli inizi da professionista a Tuttosport.
Ma soprattutto per noi Gandolfi è stato giornalista di baseball, anzi diremmo “il giornalista” del baseball in assoluto, quello che ha dedicato al batti e corri più tempo, più passione e più energia di chiunque altro. Se non altro perché, mentre scriveva di batti e corri sui suoi giornali, ha avuto la geniale intuizione di fondare sul finire degli anni Sessanta una rivista che per anni ebbe un incredibile seguito nel nostro piccolo mondo, “Tuttobaseball”. Nata come mensile per raccontare le vicende e i personaggi del baseball e del softball, negli anni di maggior successo del nostro sport divenne addirittura settimanale, in formato tabloid, almeno durante la stagione dei campionati, per riportare cronache, tabellini, statistiche, interviste, commenti su tutto quello che riguardava i diamanti. Negli anni d’oro, tra i Settanta e gli Ottanta, arrivava quasi in tutte le edicole, anche perchè il martedì (o il mercoledì nei posti più lontani) tutti noi del baseball, giocatori, allenatori, dirigenti e soprattutto tifosi – perchè allora nel baseball c’era anche questa categoria – correvamo a comprare questo giornale che ci raccontava tutto ciò che ci interessava, in anni in cui internet non era nemmeno un’ipotesi da fantascienza. E nonostante i quotidiani sportivi dedicassero ancora un grande spazio alle partite del campionato.
Ma Tuttobaseball era qualcosa in più, era la rivista in cui trovavi anche le serie minori, in cui trovavi tutti i personaggi che potevi vedere e incontrare sui campi.
Quella rivista fu per molti noi soprattutto una palestra in cui crescere e affinare le nostre professionalità, perché tanti giornalisti che poi hanno avuto carriere anche importanti in testate nazionali hanno iniziato o sono passati di lì. Ma Giorgio sapeva coinvolgere nella sua rivista, a scrivere di baseball, anche molte firme illustri del panorama sportivo nazionale. Colleghi a cui sapeva “estorcere” un intervento, un commento, un parere, così come faceva parlare di baseball anche tanti calciatori, da Ancelotti a Zenga.
Ma questo non fu l’unico merito di Giorgio Gandolfi, perché dopo aver appoggiato con la sua rivista l’ascesa alla presidenza federale di Bruno Beneck a fine anni Sessanta, supporto’ il vulcanico presidente creando alla Fibs un ufficio stampa che promuoveva alla grande il nostro sport, portando Beneck a vendere il baseball addirittura oltre le sue reali dimensioni. Ricordiamo certe presentazioni dei campionati fatte a Milano negli anni Settanta-Ottanta con decine di giornalisti anche importanti, attirati magari pure dai regali dei tanti sponsor delle squadre di allora. Erano gli anni d’oro del baseball, che Gandolfi continuo’ a cavalcare anche sotto la presidenza Notari. Certo, tempi che non possono più tornare, come sentenzierà qualcuno, ma tempi in cui si cercava anche di fare qualcosa per vendere uno sport che aveva ancora una sua dimensione e una sua pur minima popolarità.
Gandolfi in gioventù fu calciatore, ma fu anche giocatore di baseball, a Parma, seppure a livelli modesti, ma arrivò a giocare anche una partita in serie A, nel 1961, addirittura contro il Nettuno. Poi la professione lo portò a Torino alla grande scuola di Tuttosport di quegli anni, dove continuò a scrivere di baseball. Racconto’ la grande rivalità tra Milano e Nettuno degli anni Settanta, poi il boom dell’Emilia Romagna, con Bologna, Rimi e Parma negli anni Settanta-Ottanta, i Mondiali del ‘78 e dell’88. Soprattutto nella lunga avventura alla Stampa di cui fu per tanti anni corrispondente da Milano, trovando sempre il tempo per mandare avanti la rivista con l’inseparabile “caporedattore” Enzo Di Gesù, con cui edito’ anche l’Enciclopedia del baseball negli anni Ottanta e un paio di almanacchi del nostro sport, strumenti preziosi per chi si doveva occupare e scrivere del batti e corri.
Tutti noi del baseball, e in particolare chi scrive, gli dobbiamo sicuramente molto.
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