E' stato in America dal 29 febbraio al 3 settembre, ma al telefono per fortuna risponde ancora con un sano accento romagnolo: “Quando sono partito il mio Inglese era a livello scolastico. E poi in campo si usano sempre le stesse parole“.
Mario Chiarini quest'anno era l'unico italiano impegnato nei campionati “pro” americani.
Ha giocato in singolo A, a livello “rookie league”, nella lega dello stato dell'Arizona per l'organizzazione dei Seattle Mariners.
Mario ha giocato 24 partite (in difesa 17 in terza base, 1 in prima, 2 esterno).
In battuta ha chiuso con un lusinghiero 313 di media, con 3 doppi e 8 punti battuti a casa.
In difesa ha commesso 8 errori: “Purtroppo a noi italiani mancano i fondamentali. Là mi hanno insegnato cose che non sapevo e che per chi impara in America invece sono scontate“.
Quello degli istruttori è certamente uno dei grandi problemi del baseball italiano: “Assolutamente. Io, poi, non mi posso lamentare. Ho avuto allenatori capaci come Zucconi e non sempre capita, a livello giovanile, di avere istruttori che sanno quello che fanno“.
Il viaggio in America di Chiarini è un'iniziativa di Mauro Mazzotti, allenatore della Fortitudo Bologna e “scout” per l'Europa di Seattle: “Mazzotti mi aveva notato, assieme ad un altro scout, agli europei juniores. Il fatto che nel '99 lui fosse allenatore del Rimini mi ha aiutato. Dovevo andare in America per provare, poi le cose sono andate velocemente e mi hanno fatto firmare…pensa che Mauro me lo ha comunicato il giorno prima dell'esame di maturità!“
L'esperienza non è stata subito positiva: “No. Nell'autunno del '99 sono andato alla “Instructional League” ma dopo 10 giorni mi sono infortunato“.
Però ormai c'era un contratto. Non ricchissimo (“Ma se non si sa cosa guadagno, preferisco“) ma sufficiente per fare il grande salto e mettersi in concorrenza con il dominicano Miguel Villillo per il ruolo di terza base: “Tutti i ruoli erano coperti da due giocatori. Io in Italia ho sempre giocato interbase, ma là mi hanno cambiato ruolo“.
Villillo ha giocato 44 partite, 36 in terza. Ha battuto molto (media 347) ma ha anche commesso 12 errori: “Rispetto ai ragazzi statunitensi o centro-americani noi italiani siamo meno preparati. Loro giocano tutto l'anno e si presentano in forma. Poi hanno l'attitudine mentale a giocare tutti i giorni“.
La vita del professionista è in effetti durissima: “La nostra giornata tipo prevedeva la sveglia di buon mattino. Quando si giocava il pomeriggio, addirittura verso le 6. Dopo colazione andavamo in palestra, poi nel tunnel di battuta, quindi in campo per tre ore. Dopo il riposo ci si trasferiva al campo per la partita“.
Una vera “full immersion”, quindi?: “Davvero! Praticamente non hai tempo per fare altro“.
Chiarini, insomma, si è trovato catapultato in un mondo nuovo: “Certo, lì era tutto diverso“.
Anche il gioco? “Sai, quando i lanciatori cominciano a tirare a 90 miglia all'ora il gioco cambia. E' tutto più veloce“.
Ma quali possono essere le prospettive di un “teen ager” italiano che tenta la fortuna come giocatore di baseball?
“Arrivare alle Majors è molto difficile. O meglio, se sei un fenomeno ci arrivi. Ma per noi “normali” è anche una questione di fortuna. Ad esempio, devi giocare bene quando è il momento delle scelte, né prima né dopo“.
Adesso? “Eh, adesso sono fermo. Poi a marzo torno in Arizona per lo Sprig Training. Lì si decide“.
Cioè, se vai bene ti potresti trovare in qualche squadra, magari di doppio A: “Beh, questo mi sembra anche troppo. Ma io spero di avere una possibilità. L'ambizione ce l'ho, non lo nascondo “.
Poteva essere una soluzione passare l'inverno in qualche lega dei Caraibi: “Si, certo. Ma non me la sono sentita. Mancavo da casa da moltissimo tempo“.
Tornare a giocare in Italia, comunque, è qualcosa che Chiarini prenderà in considerazione tra un po': “Devo dire che la situazione che si sta creando in Italia mi preoccupa. Non ci sono giovani che giocano. Dopo la mia generazione, secondo me è quasi un dramma. Se andiamo avanti così, avremo un campionato giocato da americani con il cognome italiano“.
Una considerazione che non è una sentenza, ma ci si avvicina.
Non ci resta che salutare Mario Chiarini e fargli un caloroso In bocca al Lupo per la prossima avventura: “Almeno a marzo avrò un compagno di stanza italiano“.
Già, Francesco Imperiali, che noi vi faremo conoscere attraverso Baseball.it.
Commenta per primo