Qualche settimana fa sono entrata nello spogliatoio degli Oakland A’S per la prima volta. Mi avevano detto che era tutto all’insegna del confidenziale, quasi che fosse una associazione di studenti. Beh, chiunque me lo abbia detto, aveva ragione!
Rispetto ad altri spogliatoi che ho visto, la stanza era piuttosto piccola. Gli armadietti erano molto vicini l’uno all’altro e gli spazi non usati dai giocatori erano stati adibiti a magazzino. Evidentemente gli addetti allo spogliatoio non avevano altro posto.
Sì, questo posto mi ricorda molto la foresteria di un College.
Al centro della stanza c’era una coppia di tavoli rotondi. Ai tavoli erano seduti diversi giocatori degli Athletics. Stavano giocando a carte. Dietro i tavoli, all’estremità della stanza, si trovava un ampio divano. Un paio di giocatori erano seduti lì e stavano guardando una partita trasmessa da un televisore attaccato al soffitto. Doveva essere una partita tra Expos e Marlins. Però, danno anche gli Expos in televisione?
Al quadretto mancavano solo i cartoni di pizza aperti e le bottiglie di birra vuote.
Era splendido, però. Un ambiente così rilassato eppure molto professionale.
Appena entrata, tutti si sono voltati a guardarmi. Per loro ero il ‘bimbo nuovo che veniva a giocare nel quartiere’. Ho sorriso e ho preso qualche appunto sul mio taccuino.
Poi mi sono guardata intorno per vedere chi potevo intervistare. Era quasi l’ora di andarsene dallo spogliatoio, perché ormai mancavano 45 minuti all’inizio della partita. Per la cronaca, alla fine i giornalisti possono entrare nello spogliatoio 15 minuti dopo l’ultimo out.
Mentre facevo questi pensieri ho notato un volto familiare che faceva capolino dalle docce. Era Frank Menechino. Mi sono avvicinata al suo armadietto, che si trova proprio a fianco il divano dove i suoi compagni erano seduti per guardare la partita. Pensate, hanno smesso di guardare la tv per osservare me e scoprire chi ero e perché volevo parlare con Frank. Molto divertente
Ho chiesto a Frank se aveva tempo per parlare e lui ha risposto: Certo, non c’è problema.
Frank Menechino è di Staten Island, New York. Si tratta di uno dei 5 sobborghi della Grande Mela. Quando parla, si riconosce subito il caratteristico accento di New York. Non piace anche a voi?
Frank, di dove sei originario? I miei nonni sono tutti di Napoli, sia dalla parte di mio padre che dalla parte di mia madre. Adesso abitano a Brooklyn, New York.
E tu, parli Italiano ? I miei nonni parlano italiano tra di loro. E i miei genitori li capiscono
ma, no. Io non parlo Italiano.
Nel dirlo, sembrava costernato. Infatti senza bisogno di altre domande ha continuato: Non sono mai stato in Italia. Ti dirò, se non ce l’avessi fatta ad arrivare nelle ‘Major’ sarei andato a giocare là.
Frank è stato scelto al Draft del 1993 dagli Chicago White Sox. Il suo esordio nelle Grandi Leghe risale al 7 settembre del 1999.
Ha studiato all’Università dell’Alabama e nel 1992, come ‘junior’, è stato il primatista della squadra locale, i Crimson Tide, come media battuta (349), basi per ball ricevute (37) e basi rubate (22).
Come hai fatto a finire in Alabama, essendo nato a New York? Volevo andare in un posto dove si potesse giocare a baseball tutto l’anno (e questo non è certo New York, con il freddo che fa d’Inverno
) Così prima sono andato a scuola in un Junior College in Florida, per trasferirmi successivamente all’Università dell’Alabama.
Menechino risulta ufficialmente alto 1.71. Probabilmente è vero, ma di certo lui è un altro di quelli che hanno sfidato la legge dei grandi numeri e adesso gioca nelle Majors.
Come si fa ad arrivare a questi livelli? Bisogna tirare fuori
gli attributi . Per farcela, si deve lavorare molto duro. E farsi vedere. Questa forse è la cosa più importante da fare..
Frank è diventato titolare in seconda base per gli A’S al posto di Randy Velarde, quando quest’ultimo si è infortunato l’anno scorso. Velarde non è stato confermato da Oakland, così Menechino è rimasto titolare per la stagione 2001. Il posto se lo sta meritando. Quando l’ho incontrato stava battendo a 278 di media , con 10 fuoricampo e 43 punti battuti a casa.
Bella prova, Frankie. Noi facciamo il tifo per te.
traduzione di Riccardo Schiroli
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