Phoenix nuova capitale del baseball MLB

Attraverso le parole dei protagonisti, analizziamo la sorprendente vittoria di Arizona nelle World Series

Le World Series 2001 non saranno facili da dimenticare; mai, negli ultimi anni, avevamo assistito ad una serie di finale così ricca di emozioni e colpi di scena. Alla fine hanno trionfato i Diamondbacks, e la vittoria è arrivata proprio quando Arizona è riuscita a rendere inefficace uno dei tradizionali punti forti degli Yankees, il bullpen. “E' stato come vincere nella seconda parte del nono con Dio sul monte di lancio – ha detto Mark Grace pochi minuti dopo la fine della partita – avevamo perso!C'era Mariano Rivera là! Il suo record è 140-1, una cosa del genere! E' cominciato tutto con la valida, poi Tony Womack, poi Luis Gonzales; grazie al cielo i loro interni stavano giocando vicini. Qualcuno mi ha detto che abbiamo battuto gli Yankees nella seconda parte del nono, ancora non ci credo”. Poi l'ex Cub ha aggiunto: “Se qualcuno dubitava che gara 7 sarebbe stata pazza, improbabile…cosa c'è di più improbabile che battere Rivera? Ma, sapete, questa squadra ci crede sempre. Non mi hanno giudicato abbastanza valido per essere il prima base dei Cubs, ma sono stato capace di essere il prima base dei campioni MLB, ed è una sensazione bellissima”.
Le finali sono state dominate dai lanciatori fin dalla prima gara, e da entrambe le parti le mazze hanno avuto pochissimo spazio; visto che la qualità dei partenti era ottima per tutte e due le formazioni, la prestazione dei bullpen era molto importante i D'Backs avevano rischiato di perdere la serie a causa della debolezza cronica dei loro rilievi.
Durante le vittorie nelle prime due gare, giocate a Phoenix, Curt Schilling e Randy Johnson hanno tenuto New York così lontana che non c'è stato bisogno dell'aiuto dei rilievi; quando, dopo la sconfitta di gara 3, nella quarta e quinta partita Miguel Batista e Schilling, entrambi autori di un'ottima prova, non ce l'hanno fatta ad arrivare fino in fondo, il problema principale di Arizona è tornato in superficie. Dopo che Byung-Hyun Kim ha concesso il famoso home-run a Tino Martinez nella partita di mercoledì, Bob Brenly non ha potuto fare altro che lasciare in campo il coreano anche negli extra-inning, pur sapendo che il morale di Kim non era certo alle stelle; stesso discorso per la partita del giorno dopo, in cui il manager dei D'Backs ha rimesso in campo il suo closer in una situazione molto simile, e ancora una volta la decisione si è rivelata fallimentare. La mancanza di lanciatori come Matt Mantei e Bret Prinz, insomma, si è fatta sentire non poco, e se Arizona avesse avuto un bullpen leggermente migliore, la serie sarebbe finita molto prima. A salvare i D'Backs, tuttavia, sono stati i partenti, in particolare gli assi Johnson e Schilling, che sono stati giustamente entrambi nominati MVP; è soltanto la seconda volta nella storia che il titolo di miglior giocatore delle finali viene diviso.
L'ex partente dei Mariners è sceso in campo per un inning e un terzo ieri nella decisiva gara 7, dopo aver guidato la squadra al dominante successo di gara 6, che ha pareggiato la serie. “Io e Curt abbiamo tratto beneficio l'uno dall'altro durante tutta la stagione – ha detto Johnson – e penso che entrambi siamo migliorati parecchio”. Schilling, che ha coronato con l'anello di campione MLB un'annata per lui molto difficile in famiglia, durante la quale la moglie ha vinto la battaglia con una grave malattia della pelle, ha detto dopo gara 7: “Oggi mi sentivo benissimo, e sapendo che Randy sarebbe sceso in campo come rilievo mi sono sentito ancora meglio. Volevo dare il 100{79803fd9d53a310edc405c227e630d7c292a4c076589a9651a4ec1eb154b3d80}, e sapere che Randy era pronto a lanciare pur avendo giocato sabato, senza neanche un giorno di riposo, ha reso il mio lavoro mentalmente più facile”. Durante la clamorosa rimonta di Arizona nella nona ripresa, Schilling non si è neanche alzato dalla panchina: “Non mi sono mosso per niente, avrei voluto alzarmi e seguire la gara in piedi, ma non potevo abbandonare il mio posto porta-fortuna”. L'ex lanciatore dei Phillies ha giocato da partente in ben 3 gare nella serie finale, un'impresa da altri tempi; “Non aveva mai lanciato dopo un riposo così breve, e l'ha fatto due volte in una settimana – ha detto Brenly – l'ammirazione che ho per lui è totale”. Per Schilling l'impresa è ancora più importante, se si pensa che il suo avversario in gara 7 è stato Roger Clemens, che 10 anni fa ha cambiato la carriera di Curt con alcuni consigli datigli in occasione di un incontro occasionale a Houston; quando Brenly è andato sul monte a segnalare a Schilling che la sua gara era finita, gli ha sussurrato in un orecchio: “Recupereremo. Non ci batteranno”. “Sono sempre ottimista – ha detto Brenly dopo la gara – e molto deriva dal fatto di avere giocato sotto Roger Craig. Lui guardava sempre il lato positivo delle cose, pensava sempre di poter recuperare e vincere le partite. Grazie a Dio anche i giocatori ci hanno creduto”. Brenly, in caso di sconfitta, sarebbe stato duramente criticato per aver lasciato in campo Schilling anche per l'inizio dell'ottavo inning. “Ha detto che si sentiva bene e il catcher, Damian Miller, mi ha confermato che stava lanciando efficacemente. Abbiamo pensato di poter andare con Schilling per un altro inning”.
Gonzales ha coronato la miglior stagione della sua carriera con la valida decisiva nel nono inning di gara 7, ma le sue World Series, come quelle di buona parte dei battitori di Arizona, non sono state certo ottimali dal punto di vista statistico. “Sapevo che Jay Bell avrebbe segnato, questo è un sogno che si avvera. Queste saranno ricordate come World Series fra le migliori di sempre”.
Per Grace, Mike Morgan, Matt Williams e lo stesso Johnson si tratta del primo anello dopo una lunga carriera povera di soddisfazioni di squadra; per Paul O'Neill, che lascia il baseball, è invece un finale di carriera amarissimo. “Sono deluso, delusissimo. Tutti sono delusi oggi. Tutto è finito”, ha detto O'Neill.
Il padrone dei Diamondbacks, Jerry Colangelo, ha commentato così il primo titolo professionistico per una franchigia dell'Arizona:”Direi che queste sono state World Series indimenticabili; gli alti e bassi, le grandi giocate, le stupende partite. Le World Series sono da sempre regno di grandi storie e grandi sogni”; il vulcanico proprietario degli Yankees, George Steinbrenner, ha avuto parole di elogio per tutti i suoi ragazzi, compreso Rivera, che da parte sua ha detto: “Il baseball è questo, non posso farci niente. Mi sentivo bene, ma non ho lanciato come potevo. Ho fatto del mio meglio, ma non è bastato”. Steinbrenner ha promesso che i suoi Yankees torneranno alle World Series anche il prossimo anno, per dare il via ad una nuova serie di successi, e per fare ciò ha detto che si impegnerà per mantenere il roster quanto possibile intatto, anche se c'è aria di cambiamenti con O'Neill e Luis Sojo che si ritireranno, e Martinez, Chuck Knoublach e Scott Brosius in scadenza di contratto.
E Arizona? Pensa di tornarci, alla “classica d'autunno”? “Penso che non sia la nostra ultima finale, abbiamo il talento, l'affiatamento e il personale per farcela ancora. E forse, sulla nostra strada ci sarà ancora New York. Chissà…”. Parola di Curt Schilling.

Informazioni su Matteo Gandini 704 Articoli
Giornalista pubblicista e collaboratore di Baseball.it dall’ottobre 2000, Matteo è un grande appassionato in genere di sport, soprattutto del mondo sportivo americano, che segue da 10 anni in modo maniacale attraverso giornali, radio, web e TV (è uno dei pochi fortunati in Italia a ricevere la mitica ESPN).Per Baseball.it ha iniziato seguendo le Majors americane. Ora, oltre ad essere co-responsabile della rubrica giornaliera sul baseball a stelle e striscie, si occupa di serie A2. Inoltre, nel 2002, per il sito e l’ufficio stampa FIBS ha seguito da inviato lo stage della nazionale P.O. in Florida, la Capital Cup e i mondiali juniores di Sherbrooke (Canada), il torneo di Legnano di softball, e la settimana di Messina, a cui ha partecipato anche la nazionale seniores azzurra. Nel 2003 è stato invece inviato agli Europei Juniores di Capelle (Olanda). Nel 2001 ha anche collaborato alla rivista “Tutto Baseball e Softball”.Per quanto riguarda il football americano, da 3 anni segue il campionato universitario e professionistico americano per Huddle.org, oltre ad essere un assiduo collaboratore alla rivista AF Post. Nel 2003 partecipa al progetto radio di NFLI, ed è radiocronista via web delle partite interne dei Frogs Legnano.Dopo aver collaborato per un periodo di tempo ai siti web Inside Basketball e Play it, nel 2001 ha seguito i campionati di basket americani (NBA e NCAA) per Telebasket.com, in lingua italiana e inglese. Ora segue la pallacanestro d’oltreoceano per Blackjesus.it.Più volte apparso come opinionista di sport americani a Rete Sport Magazine, trasmissione radiofonica romana, lavora stabilmente nella redazione di Datasport, dopo una breve esperienza in quella di Sportal.Nel 2003 ha lavorato anche per l’Ufficio Stampa delle gare di Coppa del Mondo di sci a Bormio.Ha 26 anni, è residente in provincia di Lecco e si è laureato in scienze politiche alla Statale di Milano. La sua tesi, ovviamente, è legata allo sport: il titolo è “L’integrazione dei neri nello sport USA”. Il suo sogno è dedicare tutta la vita al giornalismo sportivo, in particolare nel settore sport USA.

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