Appena gli azzurri mettono il naso fuori dalla finestra, pochi minuti dopo il loro secondo ‘risveglio americano, trovano ad accoglierli dei cupi nuvoloni che rendono la temperatura decisamente più bassa rispetto al giorno precedente. Da un lato, sicuramente, la notizia è accolta con piacere; dall’altro, le previsioni del tempo, che qui non sbagliano quasi mai, dicono che in serata ci sarà la possibilità di ‘showers, docce, cioè di quelle piogge brevi ma intense tipiche di qua che, come dicono da queste parti, durano il tempo giusto per rendere impraticabile il campo.
La colazione in albergo, quest’oggi, sembra essere soltanto di quelle continentali, e sul tavolo adibito a buffet non si vede niente di dolce, ma solo alimenti ricchi di grasso
non certo l’alimentazione ideale pochi minuti prima di scendere in campo. Per fortuna, a richiesta arrivano anche ‘muffins e altri dolcetti, e la squadra può iniziare la giornata con una colazione ‘tradizionale.
Il percorso dall’albergo al campo, che come ogni giorno effettuiamo con i pulmini messe a disposizione dal ‘Play Ball Camp, ci porta ancora una volta alla scoperta delle enormi strade ‘Interstate americane a cinque-sei corsie, in cui multe salate vengono date a chi non rispetta la regola che impone di non occupare le corsie più a sinistra, a meno di non viaggiare in una vettura con un elevato numero di occupanti. Un’idea sicuramente interessante, che incoraggia gli automobilisti a ‘associarsi per i viaggi in automobile.
Quattro quinti degli edifici che si vedono ai bordi dells strade sono fast food o simili, e l’enorme ampiezza degli spazi disponibili fa sì che fra un palazzo e l’altro ci sia una quantità di verde notevole; restiamo poi un po’ stupiti nel vedere, ad alcuni incroci, il cartello Stop mostrato ai provenienti da tutte e quattro le direzioni, e ci chiediamo quale potrebbe essere il senso di questa ‘stranezza urbanistica.
Alle 10 sono già tutto in campo; come al solito Massellucci divide i ragazzi in gruppi, alcuni dei quali vanno a battere nelle gabbie con il coach Bellomo, mentre altri si impegnano in una serie di allenamenti difensivi con Dave Robb. Il carico di lavoro è abbastanza leggero, anche perché non bisogna affaticarsi troppo a poche ore dalla prima esibizione, contro una squadra formata dai ragazzi del camp ‘Play Ball, che occupano i campi di allenamento nella ore in cui non ci sono gli azzurri.
Alla fine dell’allenamento mattutino si rientra in albergo, prima di dirigersi verso il ristorante, lo stesso della sera precedente, uno di quei posti in cui con 8$ puoi mangiare tutto quello che vuoi, o meglio tutto quello che c’è sui tavoli del buffet, che per buona parte è carne, anche se non mancano dolci e frutta. I ragazzi, soprattutto quelli impegnati da titolari nella partita della sera, devono stare attenti a non esagerare col cibo, ma è un’impresa ardua; quelli il cui solo compito, quest’oggi, è rimanere in panchina o in tribuna, compreso il vostro cronista, possono invece allentare un po’ il freno
l’unico aiuto che incoraggia la squadra ad uscire presto dal locale è l’aria condizionata, sparata al massimo come un po’ dappertutto qua; la temperatura all’interno della saletta dove pranza il gruppo azzurro è veramente ‘polare.
Al ritorno al campo di allenamento per le batting practice, troviamo il nostro amico Kierce impegnato a tracciare le foul ball sul campo principale; i coach azzurri gli chiedono di aiutare a riscaldare i nostri battitori, e lo scout dei Marlins si posiziona vicino al monte di lancio, da dove per più di un’ora tira verso il piatto le palline per le BP azzurre. I ragazzi alternano prove di bunt a volate di sacrificio, o batti e corri, e il coach Robb, da dietro la rete, aiuta con i suoi preziosi consigli i nostri ragazzi; a turno, altri dei membri della nostra squadra intraprendono l’ennesimo allenamento difensivo, con al ‘fungo il manager Massellucci. Nel frattempo cominciano ad arrivare i primi avversari, vestiti con le casacche dei Marlins; per loro l’allenamento prepartita è molto più scarno, solo un po’ di riscaldamento e stretching e qualche battuta. Alle 18 e 30 la nostra nazionale indossa le casacche per la partita, e in tribuna spunta una famigliola, il cui membro più giovane è un ragazzino, munito di guanto per raccogliere le ‘foul ball e bandierina dell’Italia disegnata su un pezzo di cartone; il nonno del ragazzo si avvicina a noi e ci saluta con un ‘come va?. Si tratta di un signore 71enne di nome Gennaro, di origini, guarda caso, napoletane, che da 41 anni vive a New York, e spesso si reca in Florida per le vacanze; il suo italiano è ancora ottimo, ma anche quando parla nella nostra lingua non riesce a non inserire l’intercalare ‘you know,tipico dell’inglese USA. La famiglia di Gennaro rimane sulla tribuna per tutta la durata della partita, e dopo qualche inning arriva anche un gruppo di ragazzi in tuta ‘di squadra, che veniamo a sapere sono i membri della ‘Miami Dade University, allenata dalla vecchia conoscenza del baseball italiano Jim Mansilla, anche lui presente sugli spalti.
La partita è combattuta fino alla fine; gli azzurri all’inizio sono un po’ fallosi in difesa, ma rimangono a contatto con gli avversari fino al nono inning. Dave Robb e Kierce fanno mezzo inning a testa dietro al monte nel ruolo di arbitro, mentre la famosa regola dei 25 lanci a inning non viene mai utilizzata; il coach Massellucci si sistema qualche metro fuori dal dugout, e prende note sul rendimento dei suoi giocatori, mentre quando i nostri sono in attacco Bellomo e Robb si posizionano nei box dei suggeritori di prima e terza. Le temute ‘showers per fortuna non arrivano, e dopo più di due ore e mezza la partita termina; il coach Massellucci ci esterna la sua soddisfazione per la prestazione azzurra; ma è già tempo di tornare in albergo, perché domani alle 13 si rigioca.
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