Al risveglio mattutino dopo alcune(non molte) ore di sonno, la comitiva azzurra trova una brutta sorpresa ad attenderla: la pioggia, che cade fitta e incessante e fa crescere in tutti dubbi sulla possibilità di giocare la partita odierna contro gli USA.
Durante il consueto giro mattutino al market dell’università, alla ricerca di dolciumi e porcherie simili, siamo accolti con un sorrisone da un commesso, che ci fa vedere come in prima pagina dell’inserto sportivo dell’Ottawa Citizen, uno dei più importanti quotidiani locali, ci siano i nostri lanciatori, fotografati ieri durante l’allenamento mattutino; l’articolo associato all’immagine riporta anche una lunga intervista al nostro manager Dave Robb, che esprime una serie di considerazioni interessanti sullo stato del baseball italiano.
In mattinata, insieme ad alcuni membri dello staff tecnico ci rechiamo ad un grosso megastore di apparecchiature elettroniche, accompagnati dalla simpatica Linda, uno dei membri del comitato organizzatore del torneo. In tutti è notevole il desiderio di bere un caffè, ma altrettanto forte è la voglia di rinunciarvi quando Linda ci ricorda che qui il nostro beneamato ‘espresso lo si trova soltanto nei ristoranti italiani, mentre non ci sono speranze di farselo servire nei bar.
Dopo la gita al grande negozio, che si segnala per la totale assenza di videocassette, completamente sostituite qui dai DVD, è ora di andare al campo per l’allenamento mattutino, anche perché la pioggia pare diminuire un po’ la sua intensità; il nostro autista Alan arriva a prenderci con una buona mezz’oretta di ritardo, motivo in più per rinunciare a dirgli che ieri sera al ritorno dallo stadio di football, la strada intrapresa dal tassista che mi ha riaccompagnato era lunga almeno la metà rispetto a quella percorsa da lui durante il viaggio di andata.
Alla squadra servono della frutta e degli integratori, e insieme agli accompagnatori De Robbio e Landi ci rechiamo nel supermercato già visitato ieri per provvedere agli acquisti; sulla strada, due o tre persone ci fermano dicendo di aver visto la nostra foto sul giornale, e uno di essi se ne va gridando che ‘l’Italia è la seconda nazione più bella del mondo dopo la Scozia
superfluo suggerirvi quale sia la sua nazionalità. All’interno del market incontriamo anche un tipo che ci dice di essere un ex giocatore di hockey del campionato italiano, ma sulla veridicità delle sue affermazioni non metteremmo la mano sul fuoco. La cosa più strana vista finora al supermercato? Un libretto intitolato ‘suggerimenti su come trascorrere gli anni della pensione…
Al ritorno al campo di allenamento ci viene comunicata la notizia dell’infortunio accorso a Pelo, che è stato colpito da una pallina pochi centimetri sopra l’occhio durante le batting practice; niente di particolarmente grave, ma il dottor Squarcia ritiene opportuno applicare alcuni punti di sutura alla ferita. Qualche problema fisico anche per Monari, che, svegliatosi con qualche linea di febbre, è rimasto in camera per evitare che le sue condizioni peggiorassero.
Un qui pro quo con l’organizzazione ci provoca un po’ di problemi in occasione del pranzo, che siamo costretti a gustare in fretta e furia nella mensa universitaria, per poi ripartire verso Heritage Park, il piccolo impianto in periferia della città che ospita la gara odierna degli azzurri. Il nostro ennesimo viaggio attraverso Ottawa mi fa notare che la ‘casetta piccolina in Canada citata dalla famosa canzone doveva avere dei muri molto sottili, se è come la maggior parte degli edifici locali. C’è da chiedersi come facciano a resistere al freddo e al maltempo dell’inverno canadese.
La nostra postazione per assistere alla partita degli azzurri è composta da una sedia e da un minuscolo tavolino, riparato dalla pioggia da un telo blu con più buchi di un formaggio svizzero; mentre cerco di evitare che PC, macchina fotografia e fogli si bagnino e diventino inutilizzabili, si
avvicina Linda che mi chiede se voglio intervistare Adam Loewen, la stella della nazionale canadese, scelto al primo giro quest’anno dai pro americani e utilizzato solo come interno e non come lanciatore(il suo ruolo naturale), perché la squadra che lo ha scelto(Linda non mi sa dire di chi si tratta) ha paura che il braccio del ragazzino si affatichi. Purtroppo, Loewen è già tornato in albergo, e l’intervista è rimandata a domani.
Il ragazzo che siede vicino a me a seguire la partita, l’operatore del tabellone, mi dice che a Loewen era stato offerto un contratto da più di un milione di dollari, ma che lui ha rifiutato; ‘magari li dessero a me…, commenta il ragazzo, che poi ci porta seriamente a pensare che la nostra sfortuna cronica sia alla base della pioggia odierna, visto che pare che qua non scenda acqua da mesi. Il maltempo ci impedirà anche di andare a vedere giocare la squadra locale di Triplo A, la cui partita, ci fa sapere Alan, è annullata per pioggia.
In campo, gli azzurrini tengono bene nelle prime riprese, poi gli USA dilagano; ogni lancio o azione difensiva è suggerita a voce dai nostri coach, che sfruttano il vantaggio di parlare una lingua non troppo conosciuta qua. Gli americani, penso io, una tattica del genere non potrebbero mai usarla.
Fra le mille folate di vento che rovesciano ancora acqua sul vostro povero cronista, e i suoi tentativi di ripararsi con un ombrello di proprietà incerta trovato nei pressi del tavolo, la partita arriva alla sospensione per pioggia del sesto inning; dopo pochi minuti gli arbitri decidono di considerarla chiusa, e la squadra può ritornare in università, per finalmente levarsi di dosso le magliette ormai fradice.
In serata buona parte della comitiva si reca ad un enorme mall, di quelli tipicamente nordamericani; l’attenzione dei ragazzi si sposta principalmente verso i megastore sportivi, uno dei quali attira particolarmente anche il sottoscritto essendo pieno di quelle che qui chiamano memorabilia, cioè gadgets legati allo sport. Per evitare di alleggerire un portafoglio già non molto fornito, decido di limitare al minimo indispensabile la mia permanenza all’interno del negozio.
Camminando all’interno del mall, c’è molto da sentirsi osservati; tutti ci guardano un po’ come se venissimo da un altro pianeta, e molti ci fermano per chiedere che squadra siamo, che sport pratichiamo, eccetera. Almeno nel 50{3decb56b0ef6f1aa74ecf1bd0c0a496dc3a3a0de6eec0053f0d2a2f170b196b8} dei casi, poi, il nostro interlocutore ci informa di avere qualche parente italiano; stasera, in particolare, è il caso di due ragazzi che dicono di avere parenti calabresi. Ormai del fatto che la comunità italiana qui sia una delle più numerose del mondo non abbiamo veramente più dubbi…
Commenta per primo