Ormai al quarto giorno di permanenza all’università di Carleton, ho imparato a conoscere ed apprezzare la singolare (almeno per noi italiani) disposizione degli edifici che compongono il campus, a prima vista un labirinto infernale, in realtà un’ingegnosa opera architettonica. I palazzi sono dislocati su piani diversi, visto che il terreno su cui sorge il campus è tutt’altro che pianeggiante, ma almeno i due o tre principali sono collegati da dei tunnel sotterranei, che permettono, ad esempio, alla comitiva azzurra (o meglio a quei pochi del gruppo che se ne sono accorti
) di raggiungere la sala mensa senza mai uscire per strada, evitando così di subire la pioggia, che in questi giorni sta disturbando non poco lo svolgimento della prima Capital Cup qui ad Ottawa.
Per quanto riguarda l’interno delle nostre camere, fa sorridere la dimensione irrisoria delle lenzuola che dovrebbero coprire i nostri letti, ma visto che arrivano appena da una parte all’altra lasciano scoperta buona parte del materasso al primo movimento tra le coperte. Curioso anche il rubinetto della doccia; come succede anche negli Stati Uniti, una volta aperto, è impossibile controllare l’intensità dell’acqua ma si può modificare solo la temperatura.
Una grossa impresa, almeno per chi come me si è munito di schede telefoniche italiane, è riuscire a telefonare in patria; da tutti i telefoni esterni all’università, basta comporre il numero segnato sulla tessera prepagata per accedere all’operatore, ma dagli apparecchi dislocati nei vari angoli del campus ciò è impossibile. L’unico modo è parlare con gli operatori della compagnia telefonica canadese e spiegare loro la situazione; a questo punto entra in gioco la fortuna, visto che alcuni di loro si rifiutano di chiamare il numero segnato sulla scheda, perché dicono che dal Canada esso non è raggiungibile. Altri, invece, dopo qualche incertezza sono riusciti a connettermi al numero da me desiderato, ma soltanto dopo una lunga chiacchierata in cui ci è mancato solo che mi chiedessero i motivi della mia permanenza in Nord America
Oggi la sveglia è suonata alle 6.30, visto che il match con il Canada doveva iniziare alle 9; arrivati ad Heritage Park, ci siamo accorti che il tentativo di rimettere in sesto il campo dopo la pioggia di ieri era ancora nella sua fase iniziale. La partita, infatti, è stata rinviata di un’ora, e ciò ha dato il tempo ad alcuni membri della comitiva di tornare al mall della sera precedente per l’acquisto di alcuni medicinali. La nuova visita al centro commerciale ha portato un cambiamento in testa alla mia personale classifica dell’articolo più strano; ora in al primo posto c’è una ‘stazione spaziale per criceti, cioè una gabbietta ‘travestita da astronave con tanto di ruota in stile ‘lunare.
Per fortuna di tutti il tempo oggi è più clemente rispetto a ieri; tuttavia, il telo stile formaggio svizzero che ci forniva una sorta di copertura dalla pioggia di ieri non si è ancora asciugato del tutto, e ad ogni folata di vento gocce d’acqua sono continuate a cadere sulla testa del vostro povero cronista, ormai rassegnato ad essere vittima delle condizioni meteorologiche.
Al termine della partita contro il Canada si è avvicinato a me un giornalista di una rivista locale, che ha voluto che rispondessi a qualche domanda; fra esse, la più relativa al baseball era ‘cosa ti piace di più del Canada?
figuratevi le altre! Alla quarta domanda del genere, poi, il giornalista ha finalmente capito quello che gli stavo ripetendo da 10 minuti, cioè che fino ad ora, a parte gli aeroporti, i centri commerciali e gli stadi, del Canada non siamo riusciti a vedere proprio nulla.
Per la partita del pomeriggio ci siamo trasferiti allo stadio degli Ottawa Linx, la squadra locale di Triplo A, un impianto molto bello le cui tribune di notevoli dimensioni hanno subito impressionato i ragazzi. All’interno dello stadio si tenevano, oltre al solito barbecue, immancabile ad ogni partita qui, una serie di aste di beneficenza, relative ad oggetti legati al baseball tra cui una divisa dell’Italia donata dalla nostra federazione; in serata, siamo stati informati che la maglietta della nostra nazionale è servita a raccogliere ben 75 dollari canadesi (circa 45 euro), e il signore che l’ha comprata, guarda caso di origine italiana, ha voluto che tutti i membri della squadra vi apponessero una firma. In un giorno sono state anche acquistate 4 delle magliette dell’Italia messe in vendita dall’organizzazione, per la soddisfazione dei team manager azzurri.
Oggi all’università abbiamo finalmente rivisto un amico
il borsone che era scomparso all’aeroporto, mandatoci dalla compagnia aerea; all’apertura, il fisioterapista Canali ha trovato una brutta sorpresa: la sua macchina per la cura di alcuni traumi (una diavoleria di cui non ho capito il principio di funzionamento) era stata completamente smontata. Ci viene da pensare che la borsa non abbia passato i controlli di sicurezza, e che, insospettiti, gli agenti abbiano deciso di aprirla pensando che fosse una specie di bomba
Le gare giocate allo stadio dei Linx sono state riprese da una TV via cavo locale; agli azzurrini ha fatto un certo effetto vedere in una delle televisioni dell’università la partita successiva a quella da loro giocata, trasmessa in diretta. Tutti però si sono staccati volentieri dallo schermo per andare a vedere di persona lo spettacolare home-run contest, che si è svolto davanti ad un nutrito pubblico (sia nel senso di numeroso, sia perché sembrava più interessato all’ennesimo barbecue che all’evento vero e proprio); a Heritage Park, da una parte si svolgeva la gara sul campo, dall’altra la nostra dura battaglia contro le zanzare, arrivate in orde numerosissime, puntuali come un orologio svizzero al calar del buio. Come consolazione, c’è il fatto che domani l’organizzazione del torneo ci regala un’ora in più di sonno
la prima gara dell’Italia è infatti in programma alle 12 locali.
Commenta per primo