Il Nord America e i suoi succhi di frutta

Diario dell'ultima giornata della juniores alla Capital Cup

Il bello del Nord America è che si tratta veramente di un posto in cui si trova tutto e il contrario di tutto. Un esempio? I distributori di bibite dislocati in tutti gli angoli dell’università di Carleton permettono a chi osi sfidare la sorte di assaggiare qualunque tipo di cocktail di frutta, mischiati insieme in succhi dai marchi più strani e, soprattutto, dai colori più strani. Personalmente, il mio preferito è il succo di lampone blu, con cui ogni mattina a colazione riempio puntualmente un paio di bicchieri; il gusto è un po’ dolciastro, e il colore azzurro vivo a prima vista scoraggia un po’, ma vi assicuro che il ‘blue raspberry juice” vale la pena quanto meno di essere assaggiato. E’ anche vero, bisogna comunque riconoscere, che buona parte delle bibite che ho assaggiato finora hanno un sapore che tende sempre ad assomigliare al gusto dolciastro dello sciroppo di amarena, qualunque sia il loro colore…

Sul tragitto mattiniero verso Heritage Park, abbiamo avvistato in lontananza un incendio di dimensioni piuttosto elevate in corrispondenza di uno stabilimento; dopo aver scacciato dalla mente il pensiero che a provocarlo avrebbe potuto essere stata una retromarcia del nostro amico Alan, ho riportato gli occhi verso il parabrezza, e ho visto il nostro intrepido autista schivare con un riflesso straordinario una marmotta che attraversava lentamente la strada, noncurante delle automobili che sopraggiungevano a grande velocità. Non è il primo ‘incontro ravvicinato” con un animale; già più volte c’è capitato di vedere scoiattoli o cerbiatti che, più saggiamente della marmotta, passeggiavano tranquillamente ai bordi delle strade.

Prima che nel pomeriggio il sole diventasse a tratti decisamente caldo, Giove pluvio in mattinata ci ha riservato il solito scroscio di pioggia, arrivato per fortuna prima dell’inizio delle due partite degli azzurri; il tempo migliore rispetto ai giorni scorsi, il fatto che oggi era domenica, e quello che nel pomeriggio giocava la squadra locale, ha portato a Heritage Park diverse centinaia di appassionati, che tra un hot dog e l’altro hanno applaudito la nostra formazione.
Durante la prima delle due partite odierne dell’Italia, ho fatto una lunga chiacchierata con l’addetto all’aggiornamento del tabellone elettronico, che all’inizio mi sembrava un tipo abbastanza silenzioso, ma quando abbiamo cominciato a discutere di baseball non smetteva più di parlare. Abbiamo discusso del possibile sciopero nelle Majors, dei suoi effetti sull’immagine del baseball, del futuro della sua squadra preferita, gli Expos, dei mondiali di calcio, e quando la panchina azzurra ha cominciato a criticare rumorosamente l’operato degli arbitri, il signore seduto a fianco a me mi ha spiegato che i giudici di gara odierni sono abituati alle partite di ‘little league”, e sono notoriamente incapaci di arbitrare al livello del torneo. A un certo punto, a confermare la sua ipotesi, il coach di terza base dei Thunderbirds ha gridato verso la panchina azzurra ‘voi questi arbitri li vedete solo per pochi giorni…pensate noi che ce li abbiamo tutto l’anno”, provocando ilarità all’interno del dugout italiano.

Nell’intervallo tra le due partite, il telo che ci ha, per modo di dire, riparato dalla pioggia durante i giorni scorsi e la mattinata, si è staccato dall’asta di fortuna che lo sosteneva e mi è praticamente caduto in testa; la prima parte dell’articolo sulla prima delle due partite azzurre l’ho scritto così, con il telone blu a pochi millimetri dai miei capelli, mentre alle mie spalle il team manager De Robbio intratteneva il vice ambasciatore italiano in Canada(che in questi giorni, vista l’assenza dell’ambasciatore, copre a tutti gli effetti il ruolo di quest’ultimo)venuto ad assistere alle partite odierne. Si è anche avvicinato a me un tizio canadese che mi ha spiegato di essere il rappresentante di una ditta che fabbrica macchine lanciapalle, e di essere in procinto di creare un apparecchio rivoluzionario, che, programmato, potrà simulare una partita intera; il signore ha voluto informarsi sulla diffusione del nostro sport in Italia, oltre che sugli standard elettrici del nostro paese, probabilmente nella speranza di piazzare qualche apparecchio presso la nostra federazione.

In occasione della seconda partita odierna, ad operare sul tabellone è arrivato un signore di mezz’età accompagnato da due bambini; stare un po’ di tempo vicino nei pressi di questi mi ha fatto capire che il francese che si parla da queste parti(il trio veniva dal Quebec, che da qui è a pochissimi chilometri, basta attraversare il fiume ) è soltanto un lontano parente di quello che siamo abituati a sentir uscire dalla bocca dei nostri cugini d’oltralpe. Il signore in questione, lasciati andare i bambini, si è rivolto a me per le solite domande sulla squadra, fortunatamente in inglese, e quando ho sollevato la questione ha confermato le mie ipotesi, aggiungendo che secondo lui anche del francese che si parla a Sherbrooke capiremo poco o nulla. Rispetto al 90{3decb56b0ef6f1aa74ecf1bd0c0a496dc3a3a0de6eec0053f0d2a2f170b196b8} delle persone incontrate finora, il signor Caron (ho scoperto che questo è il suo nome quando mi ha indicato che suo figlio gioca nei White Sox) non ha parenti italiani né è mai stato in Europa; quando il suo ragazzo è entrato come pinch-hitter e ha messo a segno un bel doppio su lancio di Zileri, mi ha guardato e ha detto in italiano ‘Bravo figlio, right?”, scoppiando in una fragorosa risata. Poi, prima del termine della partita, mi ha dato quello che potrebbe essere un importante consiglio gastronomico: a Sherbrooke, mi ha detto, non bisogna dimenticarsi di assaggiare l’anatra, che pare sia il piatto tipico della città.

Per spezzare la serie dei pasti nella mensa universitaria, e anche per aver oltrepassato l’orario di chiusura della suddetta (dove non può più entrare nessuno dopo le 18.30), la comitiva ha deciso di recarsi in una vicina steakhouse, per degustare un po’ di carne locale, accompagnata da alcuni strani ortaggi, sulla cui identificazione sono state fatte le ipotesi più disparate; alla fine del pasto lo staff del locale ci ha portato alcuni stuzzicadenti dal curioso gusto al mentolo, che per la verità non sono stati particolarmente apprezzati dalla comitiva, che si è invece dichiarata soddisfatta dalla qualità della cena. Il nostro autista Alan, nel trasferimento verso il ristorante, si è reso protagonista di una audace inversione a U in una strada a 3 corsie per senso di marcia, con tanto di doppia linea continua, dopo aver preso la strada sbagliata per l’ennesima volta; il ritorno dopo la gita in centro, invece, è durato molto più a lungo rispetto a quello della sera precedente, in taxi, di alcuni membri della comitiva; in me sta cominciando ad insinuarsi un dubbio…che lo stipendio di Alan sia direttamente proporzionale ai chilometri percorsi?

Informazioni su Matteo Gandini 704 Articoli
Giornalista pubblicista e collaboratore di Baseball.it dall’ottobre 2000, Matteo è un grande appassionato in genere di sport, soprattutto del mondo sportivo americano, che segue da 10 anni in modo maniacale attraverso giornali, radio, web e TV (è uno dei pochi fortunati in Italia a ricevere la mitica ESPN).Per Baseball.it ha iniziato seguendo le Majors americane. Ora, oltre ad essere co-responsabile della rubrica giornaliera sul baseball a stelle e striscie, si occupa di serie A2. Inoltre, nel 2002, per il sito e l’ufficio stampa FIBS ha seguito da inviato lo stage della nazionale P.O. in Florida, la Capital Cup e i mondiali juniores di Sherbrooke (Canada), il torneo di Legnano di softball, e la settimana di Messina, a cui ha partecipato anche la nazionale seniores azzurra. Nel 2003 è stato invece inviato agli Europei Juniores di Capelle (Olanda). Nel 2001 ha anche collaborato alla rivista “Tutto Baseball e Softball”.Per quanto riguarda il football americano, da 3 anni segue il campionato universitario e professionistico americano per Huddle.org, oltre ad essere un assiduo collaboratore alla rivista AF Post. Nel 2003 partecipa al progetto radio di NFLI, ed è radiocronista via web delle partite interne dei Frogs Legnano.Dopo aver collaborato per un periodo di tempo ai siti web Inside Basketball e Play it, nel 2001 ha seguito i campionati di basket americani (NBA e NCAA) per Telebasket.com, in lingua italiana e inglese. Ora segue la pallacanestro d’oltreoceano per Blackjesus.it.Più volte apparso come opinionista di sport americani a Rete Sport Magazine, trasmissione radiofonica romana, lavora stabilmente nella redazione di Datasport, dopo una breve esperienza in quella di Sportal.Nel 2003 ha lavorato anche per l’Ufficio Stampa delle gare di Coppa del Mondo di sci a Bormio.Ha 26 anni, è residente in provincia di Lecco e si è laureato in scienze politiche alla Statale di Milano. La sua tesi, ovviamente, è legata allo sport: il titolo è “L’integrazione dei neri nello sport USA”. Il suo sogno è dedicare tutta la vita al giornalismo sportivo, in particolare nel settore sport USA.

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