Dopo diversi giorni di lavoro, i coach della nazionale juniores hanno finalmente deciso di dare un giorno di pausa ai ragazzi, anche, e soprattutto, perché oggi si celebra una delle ricorrenze più importanti dell’anno, il compleanno del vostro cronista; per lo stesso motivo, la squadra è stata oggi ufficialmente ricevuta dal vice ambasciatore…ok, sto scherzando, non mi sono montato la testa fino a questo punto; però la visita all’ambasciata italiana in Canada, al 21esimo piano di un edificio nel centro di Ottawa, c’è stata veramente.
La giornata è però iniziata, per me, con una corsa alla sala della colazione, che per fortuna mi ha permesso di entrare al limite delle 8.30, orario dopo il quale lo staff dell’università di Carleton impedisce a chiunque l’ingresso, anche se in cambio si versano lacrime o è offerto qualsiasi tipo di compensazione economica. Al termine della colazione, mi sono recato alla sala dove sono posizionati i telefoni ed ho dovuto intraprendere la solita avventura per convincere l’operatore a chiamare il numero per accedere alla mia carta prepagata; devo ammettere però che ultimamente le cose sono più facili, perché ormai ho parlato con più o meno tutti gli operatori della Bell (la compagnia telefonica di qua), alcuni dei quali ormai mi riconoscono e mi chiedono ”r you the italian guy with the pre-paid card?(sei l’italiano con la carta prepagata?). L’assenza di impegni con la squadra in mattinata mi ha permesso di fare un giro del campus più approfondito, e ho scoperto che esso è dotato di una splendida piscina, in cui spero di poter fare un tuffo prima di partire, visto che (con un perfetto tempismo) dopo la fine del torneo il tempo qui è diventato stupendo.
A pranzo, gli azzurrini hanno accolto con sorpresa e felicità il cartello al di fuori della mensa che indicava la presenza della pizza nel menù odierno; la gioia si è spenta quando abbiamo scoperto non si trattava di altro che di panini con pomodoro e formaggio
Il nostro autista Alan ci ha portato all’ambasciata alle prime ore del pomeriggio, dopo aver immancabilmente sbagliato strada un paio di volte, facendo in più di un’occasione dei giri abbastanza inutili attorno allo stesso isolato; durante il tragitto, come ormai faccio tutti i giorni, ho preso in prestito i due quotidiani che Alan acquista ogni giorno (deve pur passare il tempo in qualche modo mentre ci aspetta durante le nostre “peregrinazioni”…), per dare un’occhiata ai risultati delle Majors.
Come dicevo prima, l’ambasciata italiana si trova al 21esimo piano, l’ultimo, di un edificio del centro di Ottawa; un ascensore dalla velocità notevolissima ci ha portato in cima in pochissimo tempo, e il vice ambasciatore, con due sue assistenti, ci ha accolto con un discorso di auguri e un rinfresco, molto apprezzato dai ragazzi visto il caldo soffocante di oggi. Le buone condizione metereologiche ci hanno anche mostrato una città diversa da quella dei giorni scorsi, con tantissime persone impegnate in partite di calcio, ma soprattutto di softball slow pitch, nei diversi campi pubblici vicini all’università di Carleton.
Dopo la visita all’ambasciata, il nostro stop successivo è stato in un negozio di articoli da baseball, di proprietà di uno degli organizzatori della Capital Cup; la particolarità del negozio stava nel fatto che nel retro dell’edificio sono state poste una serie di reti per la battuta, che oltre a permettere ai giocatori della squadra locale di allenarsi in caso di maltempo, danno la possibilità agli acquirenti di provare subito le mazze vendute all’interno. Prima di tornare all’università per la cena siamo ci siamo recati alla sede della ‘Sam Bat, la ditta locale che produce le mazze usate da alcuni dei giocatori più forti delle Majors, tra cui Barry Bonds; la leggenda narra che a produrre gli attrezzi sia direttamente il titolare, nel retro della sua abitazione, ed effettivamente all’indirizzo che ci è stato dato corrisponde una piccola villetta, peraltro chiusa, e non uno stabilimento. In buona parte della comitiva si è insinuato il dubbio che in realtà la villetta sia la casa di uno dei rappresentanti dell’azienda, e che il resto della storiella sia soltanto una bufala…comunque, domani torneremo sul posto, e forse il mistero sarà finalmente risolto.
In serata, siamo tornati a far visita al centro della città, dove eravamo già stati ieri, e oggi pomeriggio; i dubbi sul perché Ottawa sia indicata come una città di alto interesse turistico, che ci avevano assalito nei primi giorni di permanenza qui, sono completamente scomparsi una volta entrati nella zona centrale, molto interessante e piacevole da visitare. Pur essendo la capitale del Canada, Ottawa è una città molto nuova, costruita quasi tutta dopo la seconda guerra mondiale; tuttavia, molti edifici vi sono stati eretti prendendo come spunto gli stili classici, formando così un miscuglio dall’effetto veramente singolare. Il palazzo principale è quello del parlamento, che ogni sera alle 22 si illumina in uno spettacolo stupendo di luci e colori; molto bella anche la grossa zona pedonale, ricca di bar con tavolini all’aperto. Con un gruppo di ragazzi sono entrato in uno di questi bar, in cui ho notato un curioso orologio con in corso il conto alla rovescia verso il weekend, che immagino quindi venga aggiornato ogni lunedì, e un sistema ‘innovativo di prendere le ordinazioni, che vengono spedite dai camerieri alla cucina attaccate a dei fili che corrono lungo il soffitto; i ragazzi sono rimasti un po’ delusi quando è stato loro confermato che da queste parti ai minori di 19 anni non si può servire neanche un bicchiere di birra, ma alcuni di loro hanno appreso con gioia il fatto che in Quebec, dove saremo da mercoledì, il limite scende a 18. Addirittura, ci hanno detto, è usanza dei ragazzi di Ottawa nell’anno dai 18 ai 19 attraversare il fiume e recarsi tutte le sere a Hull, la città del Quebec di confine con l’Ontario, per aggirare un divieto per loro alquanto fastidioso.
In centro a Ottawa siamo anche stati in un grosso mall a tre piani diviso in due parti, con il primo piano dedicato esclusivamente ai fast food (ce n’erano almeno una dozzina, tutti in fila) e al secondo piano un larghissimo ponte pedonale, che attraversando la strada di fronte al mall portava all’altra parte, appunto al di là della via.
Osservando la guida spericolata di un altro autista di un bus in centro città, abbiamo pensato che forse siamo stati ancora fortunati ad avere Alan come autista; ma l’idea nella mia testa ha avuto vita breve, perché al ritorno il nostro distratto conducente ha mancato la via d’ingresso al campus della nostra università, che tra l’altro è segnalata da un enorme cartello. In centro abbiamo anche visto alcuni autobus anfibi, che da pullman si trasformano in ‘vaporetti per portare la gente al di là del fiume che attraversa la città; per il bene della gente di Ottawa, c’è da sperare che ad Alan la guida di questi non sia consentita…
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