Da “ibrido” a “VIP”

Il vostro cronista alla ricerca di un'identità

Dopo i mille problemi di ieri, le cose per fortuna oggi sembrano andare meglio.

Ieri sera è stata un'anziana signora italiana, residente qua da più di 30 anni e dalla corporatura piuttosto massiccia, a prendersi cura della comitiva azzurra, e ad accompagnarci da Mike's, un ristorante in cui gli azzurrini hanno potuto mettere finalmente qualcosa sotto i denti, dopo essere stati parecchie ore senza toccare cibo. Lo stile di guida dell'autista che ci ha portato al ristorante, tanto per cambiare su uno scuolabus, era terribilmente simile a quello di Alan, e come il nostro conducente a Ottawa anche quello di ieri sera si è reso protagonista di una inversione a U abbastanza “assassina”…che in Canada i conducenti provengano tutti dalla stessa scuola?
La cena è stata composta da una bistecca di notevoli dimensioni, accompagnata da verdura e patate al forno; quello che invece la squadra ha cercato di evitare è l'acqua, di cui sono state portate dai camerieri diverse caraffe, ma il cui pessimo gusto è stato notato da tutti. Prima di arrivare al ristorante siamo passati dallo stadio Amedeè – Roy, il campo dove gioca le sue partite casalinghe la squadra dell'università di Sherbrooke, e abbiamo potuto confermare quello che ci era stato anticipato da alcuni coach incontrati all'università; all'esterno sinistro il terreno presenta una ripida, e piuttosto lunga salita, che arriva fino al muro di recinzione. Solo allora abbiamo ci siamo ricordati di aver visto la squadra di Cina Taipei allenare i suoi esterni sfruttando uno dei tanti saliscendi dei prati all'interno del campus, qualche ora prima.
La signora che ci ha accompagnato contenta finalmente di vedere dei suoi connazionali, ha tentato di raccontarci buona parte della sua vita, nelle due ore in cui è rimasta con noi, ma non ha trovato validi ascoltatori nei membri della comitiva azzurra, molti dei quali erano visibilmente alterati, e a ragione, per la cattiva accoglienza ricevuta.

Ieri vi ho detto che le nostre camere sono caldissime; dopo una notte trascorsa al loro interno, definirle un forno mi sembra più opportuno. Nonostante il librettino distribuito dalla IFAB, che indica quelli che dovrebbero essere i requisiti minimi per ospitare un campionato del mondo, menzioni chiaramente la presenza di aria condizionata nelle camere, a Sherbrooke di questa non c'è neanche l'ombra, e una combinazione di fattori a cui non ho neanche voglia di pensare rende delle vere e proprie saune le nostre stanze. Anch'io, che sono tutt'altro che un grande amante dell'aria condizionata, in questo caso ammetto che ce ne sarebbe proprio bisogno…
L'unico “confort” presente all'interno delle nostre stanze è un frigorifero piuttosto grosso; dopo aver cercato in tutti i modi di accenderlo ho scoperto che il motorino funziona eccome, a giudicare dal frastuono fastidioso che produce, ma di creare freddo all'interno proprio non se ne parla. Ci credete se vi dico che non ne sono rimasto per niente sorpreso?
Per entrare nella sala della colazione, che è l'unico pasto che ci è concesso alla mensa dell'università (per gli altri ci dobbiamo recare vicino al campo di gioco), abbiamo dovuto aspettare in fila per più di un quarto d'ora, dietro ad un centinaio di giovani studenti, qui probabilmente perchè impegnati in qualche corso estivo; con la consueta mezzora di ritardo è arrivato poi il bus che ci ha condotto nei pressi dello stadio centrale, dove si è svolta la riunione degli staff tecnici e dei media.
Durante il corso di questa, è stato piacevole vedere il capo del comitato organizzatore Don Warnolz redarguito più volte violentemente da un dirigente della federazione internazionale, dopo che diversi capi delegazione avevano riportato i problemi logistici riscontrati; Warnolz ha risposto alle questioni sollevate dalle varie squadre con diversi laconici “vedremo di fare il nostro meglio per sistemare tutto”. Speriamo…per ora, neanche la riunione è stata immune da problemi: l'idea di tenere il meeting all'esterno del capannone sede dell'organizzazione non è stata particolarmente felice, visto che il continuo passaggio di rumorosi camion costringeva chiunque stesse parlando a bloccarsi, e anche l'interprete incaricata di tradurre in spagnolo e inglese le parole dei vari delegati è stata ad un certo punto sostituita da un delegato stesso…non una gran figura.
Al termine della riunione, mi sono recato negli uffici della direzione del torneo, dove oltre a essermi consegnato il pass per accedere al campo, mi sono state date, come giornalista, esattamente le stesse cose che, come membro della delegazione italiana, mi erano state già date ieri; in pratica, mi sono sentito un “ibrido”, metà giornalista indipendente e metà parte della delegazione italiana. Ho soltanto un po' di rammarico per il fatto che non mi siano stati dati due volte i buoni per i pasti…
Ho conosciuto un signore di nome Pierre, ex radiocronista degli Expos, ora curatore dei rapporti con i media per questi campionati mondiali. Credo che stanotte monsieur Pierre si sveglierà nel cuore della notte, dopo aver trovato me come protagonista dei suoi incubi peggiori; appena incontrato, l'ho “assalito” con domande e richieste, tra cui quella di avere una connessione internet in camera (ebbene sì, qui non c'è neanche quella…), e qualcuno che mi trasporti da e all'università per seguire anche le altre partite, non solo quelle dell'Italia. Per entrambe le richieste, Pierre mi ha risposto che farà del suo meglio.

In seguito, mi sono recato allo stadio Amedee – Roy, quello con l'esterno sinistro in salita, per intenderci, per vedere la gara di apertura del torneo, tra Brasile e Venezuela; mi sono seduto in mezzo al radiocronista di Panama, che ha intervistato in diretta telefonica il suo manager, e ad un giornalista brasiliano di nome Tullio, che nonostante la disperazione per la pesante sconfitta dei suoi mi ha regalato l'ennesima spilla ricevuta in questi giorni(il mio portafoglio è tanto pieno da sembrare una noce di cocco). A metà gara, con il Venezuela ormai in netto vantaggio, ho intrapreso la lunga ricerca del luogo dove viene “celebrato” il pranzo, che non è altro che la minuscola mensa del college di Sherbrooke (un'altra cosa rispetto all'università di Sherbrooke, dove invece alloggiamo); a parte la scarsa, anzi nulla, possibilità di scelta del cibo, sfido chiunque a trovare la sala mensa senza aver chiesto aiuto ad almeno un paio di persone. Io sono sicuro di non aver percorso la strada più breve per arrivarci, visto che ho dovuto passare attraverso il centro sportivo, le residenze dei ragazzi e altri imprecisati edifici…domani cercherò un percorso migliore.

Alla fine della partita, chiusa all'ottavo inning per manifesta inferiorità, ho chiesto a Pierre se c'era un modo di tornare all'università; favorevolmente sorpreso dalla risposta, in cui esprimeva la sua volontà di riaccompagnarmi personalmente alla nostra residenza, l'ho seguito in una lunga camminata verso l'ufficio degli organizzatori, durante la quale abbiamo scambiato le nostre opinioni sul possibile sciopero nelle Majors, e sugli ultimi movimenti sul mercato degli Expos. Giunti all'ufficio, evidentemente Pierre ha cambiato idea, visto che si è messo a lavorare al computer piazzandomi nel frattempo vicino ad un terminale dotato di connessione internet. Dopo circa mezzora mi ha chiesto se volevo partecipare ad un aperitivo, e visto che ormai mi ero rassegnato ad aspettare sul posto l'inizio della cerimonia d'apertura, ho accettato; ho dovuto così sorbirmi per la seconda volta il discorso del presidente del comitato organizzatore, che avrei poi di nuovo riascoltato durante la cerimonia d'apertura. Stavolta, però, il signor Warnolz mi ha strappato un sorriso quando ha detto che diverse squadre si sono complimentate per la qualità dei campi; che coraggio…
Meravigliato del fatto di non trovare nessun membro della comitiva italiana alla cerimonia, ho chiesto delucidazioni a Pierre, che mi ha spiegato che si trattava di un aperitivo riservato ai V.I.P., e che ad esso non era stato invitato nessun rappresentante delle squadre. Incredibile:in poche ore, da “ibrido” sono diventato “V.I.P.”…

Informazioni su Matteo Gandini 704 Articoli
Giornalista pubblicista e collaboratore di Baseball.it dall’ottobre 2000, Matteo è un grande appassionato in genere di sport, soprattutto del mondo sportivo americano, che segue da 10 anni in modo maniacale attraverso giornali, radio, web e TV (è uno dei pochi fortunati in Italia a ricevere la mitica ESPN).Per Baseball.it ha iniziato seguendo le Majors americane. Ora, oltre ad essere co-responsabile della rubrica giornaliera sul baseball a stelle e striscie, si occupa di serie A2. Inoltre, nel 2002, per il sito e l’ufficio stampa FIBS ha seguito da inviato lo stage della nazionale P.O. in Florida, la Capital Cup e i mondiali juniores di Sherbrooke (Canada), il torneo di Legnano di softball, e la settimana di Messina, a cui ha partecipato anche la nazionale seniores azzurra. Nel 2003 è stato invece inviato agli Europei Juniores di Capelle (Olanda). Nel 2001 ha anche collaborato alla rivista “Tutto Baseball e Softball”.Per quanto riguarda il football americano, da 3 anni segue il campionato universitario e professionistico americano per Huddle.org, oltre ad essere un assiduo collaboratore alla rivista AF Post. Nel 2003 partecipa al progetto radio di NFLI, ed è radiocronista via web delle partite interne dei Frogs Legnano.Dopo aver collaborato per un periodo di tempo ai siti web Inside Basketball e Play it, nel 2001 ha seguito i campionati di basket americani (NBA e NCAA) per Telebasket.com, in lingua italiana e inglese. Ora segue la pallacanestro d’oltreoceano per Blackjesus.it.Più volte apparso come opinionista di sport americani a Rete Sport Magazine, trasmissione radiofonica romana, lavora stabilmente nella redazione di Datasport, dopo una breve esperienza in quella di Sportal.Nel 2003 ha lavorato anche per l’Ufficio Stampa delle gare di Coppa del Mondo di sci a Bormio.Ha 26 anni, è residente in provincia di Lecco e si è laureato in scienze politiche alla Statale di Milano. La sua tesi, ovviamente, è legata allo sport: il titolo è “L’integrazione dei neri nello sport USA”. Il suo sogno è dedicare tutta la vita al giornalismo sportivo, in particolare nel settore sport USA.

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