Cosa faremo degli stranieri?
Già, cosa faremo dei cari amici stranger che per anni hanno rappresentato una parte significativa del nostro baseball?
La risposta è semplice: ne faremo poco, o addirittura, ne faremo a meno.
Il CONI – in uno dei pochi proclami in cui può essere considerato a buon diritto padrone – ha infatti ben spiegato a tutte le Federazioni che dall'anno 2003 il contingente proveniente dall'estero dovrà essere ridotto.
Il basket, borbottando come non mai, ha tolto un'unità all'esercito di comunitari e no che usa in modo persino spudorato.
Da parte sua la FIFA e l'UEFA stanno presentando un programma-studio all'Unione Europea per imporre alle società calcistiche un numero non superiore alle cinque unità straniere per ogni roster, passando dalla porta di servizio ideologico del rilancio dei vivai (se in effetti si puntasse solo ed esclusivamente a ridurre il numero dei lavoratori, l'Unione Europea che ha sposato a buon diritto la legge Bosman non potrebbe fare altro che respingere la proposta perchè fuorilegge, visto che nell'unione europea, c'è il mercato libero del lavoro, sport compreso).
Da parte sua il baseball ha detto con molta coerenza, “obbedisco”, dictat di cui si conoscono già i parametri. Nella prossima stagione potranno entrare a casa nostra soltanto 30 nuovi stranieri, baseball e softball congiunti, il che significa che soltanto in A1 si parlerà di nuovi innesti.
La A2, la serie B e la serie C verranno invece “purificate” per dare respiro alle giovanili (che per il momento, detto per inciso, sono un bel problema, e la riunione sull'attività giovanile di Bologna ha ben evidenziato il guaio: occorre fare i salti mortali per rimpinguare un serbatoio che ci permettiamo di definire in riserva).
Sin qui il postulato: ma c'è la famosa casistica che punge e spinge. E qui il consiglio federale non ha ancora espresso un'opinione definita: occorre infare dare una dimensiona baseballistica a quel mare di stranieri che giuridicamente vivono da noi, da anni, e che pagano regolarmente le tasse, forti di uno status di residenza che se non li rende italiani poco ci manca.
Molte persone che giocano anche a baseball, che sono lontane dal concetto del professionista o quasi, concetto che viene invece frequentato metodicamente, sempre, dalle società che hanno sin qui scelto questa via. Straniero in sintesi d'Italia che si confronta con lo straniero-straniero.
E lo straniero d'Italia, che ha scelto il nostro paese per vivere e per cambiare vita, trovandosi in teoria escluso da questa sfera sportiva, alza il dito e dice la sua: “io sono venuto da voi per integrarvi, ma escludermi in questo modo da forme di associazionismo è disgrazione, non certo unione“.
Consapevole di queste cose, il CF dovrà dire la sua: ed è auspicabile che la scelta, per quanto pragmatica, abbia una sua umanità di base, perchè lo sport ha bisogno anche di questo.
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