Con Telemarket Rimini e Danesi Nettuno vanno in campo la bellezza di ventisei scudetti. Basta forse questo semplice dato per spiegare il prestigio della sfida tra Pirati e Indiani, le uniche due squadre italiane in grado di esibire la stella sul petto, quelle che da cinque anni consecutivi danno vita alla finale tricolore. Partite sempre tese, giocate sul filo del rasoio, autentici spot di emozioni che solo il baseball sa dare. Dall'album dei ricordi due ritagli su tutti, due “belle” da brivido.
Il 4 novembre 1990, in una domenica pomeriggio illuminata dal sole dopo giorni di pioggia e freddo, uno Stadio dei Pirati gremito all'inverosimile si apprestava a vivere la settima partita, l'atto finale di una serie entusiasmante tra l'allora Ronson Lenoir Rimini di John Long e la Scac Nettuno di Giampiero Faraone, accompagnata in Romagna da più di mille tifosi alla ricerca di un sogno tricolore assente da ben 17 anni. Sul diamante c'erano giocatori che ancora oggi sono protagonisti: da una parte Cabalisti, Ceccaroli, Gambuti e Gaiardo, dall'altra De Franceschi e Masin. Sul monte una sfida tra colossi con tre soli giorni di riposo alle spalle: Pete Falcone contro Bob Galasso. In un contesto del genere, sembra incredibile che alla fine risulti decisivo un errore, commesso per giunta da uno come Leo Schianchi, che davvero non sbagliava mai. Sembrava tutto finito con Nettuno avanti 3-0 all'ultimo inning, eppure Rimini si fermò con il punto del pareggio in seconda ed un solo out. Gioia immensa per i tifosi tirrenici, una beffa atroce per il popolo neroarancione con un affranto presidente Zangheri che alla fine commentò: “Non posso credere che sia finita così, non avremo mai più una squadra così forte come questa“.
Ma tra Rimini e Nettuno può sempre capitare di tutto, anche che la storia prima o poi si capovolga. Come puntualmente successo il 9 ottobre 1999, un'altra settima partita di una serie finale, forse la più incredibile della storia recente del baseball italiano. La Semenzato di Mauro Mazzotti, favorita dai pronostici della vigilia, era partita forte in quella “bella” colpendo a ripetizione uno stanco e nervoso Romanoli, ma l'orgoglio nettunese riuscì a fiaccare anche lo splendido Cabalisti, prima che Jody Treadwell si infortunasse e che Mazzotti tentasse la carta della disperazione spedendo sul mound Tom Urbani, pitcher vincente con 9 riprese lanciate appena la sera precedente. Risultato? Nettuno rimonta da 1-6 a 8-7 e all'ultimo inning si appresta a festeggiare lo scudetto con Cipriano Ventura sul monte. Con un out e le basi vuote il pinch-hitter Lo Presti batte il singolino della speranza, accendendo una fiammella che diventa sempre più forte con la valida di Crociati e la base ball a Vatcher. La zona dello strike diventa sempre più piccola, Liverziani pareggia e sulla successiva battuta di Campaniello Rimini torna dall'inferno e festeggia lo scudetto dopo sette anni.
Pagine indimenticabili da una parte e dall'altra: come si fa a non chiamarlo il derby delle stelle?
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