
Odio i frutti di mare. Odio le loro chele, quelle zampette cosparse di ventose e gli occhi senza iride che hanno. Odio la pasta ai frutti di mare e ancora di più chi pretende di farmela mangiare cosparsa di formaggio.
Credo che l'idea del tormentone Cacciucco sia stata…una pessima idea. Checchè ne pensi il mio amico “El Pelon”, di persone interessate a quell'argomento non ce ne sono molte, bensì moltissime. E il dramma è che TUTTE mi vogliono far assaggiare frutti di mare.
Ho definitivamente capito di essere in stress da frutti di mare domenica sera.
Dopo 2 giorni passati a Legnano, dove devo ancora decidere se è stato più facile sfuggire all'attacco di alcune belve volanti che i nativi chiamano 'zanzare' o convincere i miei commensali che volevo una semplice pizza margherita e una birra (che se li mangiassero pure loro, gli esseri degli abissi innaffiati da vino), per cena mia moglie ha estratto dal frigorifero una insalata di mare. Abbi pietà di me, le ho detto. Ma non ha mica tanto capito dove fosse il problema. Non mi resta che chiedere al mio medico se esiste una cura disintossicante.
Domenica volevo stare senza baseball nè softball. Però non ce l'ho fatta.
Sono andato al cinema per vedere un film intitolato “Good Bye Lenin”. E' un film tedesco che narra di una donna di mezza età residente a Berlino Est e assolutamente in linea con il Governo Honecker, che cade in coma e si risveglia dopo la caduta del muro. Per evitarle uno chock, il figlio riproduce la vecchia Germania Est in casa.
A parte che vi consiglio la visione del film (dolcissimo e divertente, lucido e intelligente), non trovate che sia la stessa cosa che abbiamo fatto per anni noi coi nostri sport? Trovarci sempre i soliti negli stadi, sempre i soliti in campo, sempre i soliti in tribuna stampa a raccontarci che andava bene così.
Quello che mi chiedo è se, effettivamente, siamo riusciti ad abbatterlo questo benedetto muro. Attendo risposte.
La vocazione da Cortina di Ferro dei nostri sport penso che si intuisca guardando gli stadi.
Dico, in Italia importiamo dall'America di tutto (compresi i pop corn dolci) ma per gli stadi da baseball ci siamo ispirati ai cubani e a quelle loro balconate così utili se qualcuno deve arringare allo stesso tempo arbitri, giocatori e la folla, ma che in assenza di un tale personaggio (o forse chi ha preso quei progetti ad esempio aveva qualche idea al riguardo?) servono solo a fari iniziare i posti per il pubblico più lontani dal campo.
La partita di baseball dall'alto lasciatela vedere alle telecamere. A livello del terreno sentite il rumore della mazza, il rumore degli spikes che calpestano la terra battuta, il profumo delle sostanze con cui i giocatori migliorano l'impugnatura della mazza. Siete lì, insomma, quasi a giocare. Non infognati su spalti di cemento che, da luglio a settembre, emanano più calore di una centrale nucleare.
Chiudo con una domanda dalla cui risposta potrebbe dipendere moltop del futuro del baseball italiano. Abbiamo stadi in Italia che sia piacevole frequentare anche quando lo spettacolo che si vede in campo non ci fa fare salti di gioia?
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