L'Italia ha fallito di poco il secondo successo consecutivo in un campionato Europeo juniores, e l'ha fatto mancando sul filo di lana l'appuntamento più importante, una finale contro l'Olanda che gli azzurrini avevano tutte le carte in regola per vincere, e che invece è stata decisa da un paio di giocate sfavorevoli ai nostri. Di strada, rispetto all'undicesimo posto dei Mondiali dello scorso anno, se n'è fatta tanta. Impossibile paragonare il livello degli avversari affrontati nelle due competizioni; alla rassegna iridata di Sherbrooke, le tre squadre europee qualificate (Olanda, Italia e Spagna), si classificarono agli ultimi tre posti, con tutte le altre davanti, e quasi tutte apparentemente irraggiungibili, almeno a giudicare dai valori messi in campo.
Quindi, questa medaglia d'argento agli Europei in termini di classifica non vale molto di più di quel nono posto, ma è praticamente lo stesso risultato, perchè ancora una volta in Europa abbiamo davanti solo l'Olanda. Quello che è diverso è il modo in cui il risultato è stato ottenuto.
Il girone è filato via liscio. La sconfitta contro la Francia è stata un passaggio a vuoto da non tenere troppo in considerazione. Un “errore di gioventù”, sicuramente grave, ma causato da un rilassamento provocato dalle due vittorie iniziali e dall'incapacità a colpire un lanciatore che tirava troppo piano per i gusti degli azzurrini. Per altro, una gara che i nostri non hanno mai mollato fino all'ultimo out.
La squadra che vinse l'Europeo 2001 era forte della presenza di alcuni battitori di grandissimo valore come Sanna o Mazzanti; quello che è andato in Olanda quest'anno è un gruppo completamente diverso, che fa della costanza sul monte e in difesa il suo punto forte. Un gruppo serio, caratterialmente forte, che ha dimostrato più volte di saper riprendere per i capelli delle partite che inizialmente erano un po' scappate via, spesso per colpa dell'emozione. D'altra parte, in battuta sapevamo di essere un po' troppo leggerini, senza uno slugger che sapesse spedire la palla lontano quando necessario. L'impressione, però, è che la squadra dal punto di vista offensivo abbia reso un po' meno del previsto, e che da molti ci si aspettava qualcosa in più.
Daniele Santolupo, rispetto all'anno scorso quando era uno dei nuovi arrivati, è sembrato meno in palla, forse schiacciato dal peso di dover essere uno dei trascinatori della squadra. De Simoni, uno dei più seguiti dai numerosi scout presenti, ha fatto tanto per i suoi 15 anni, ma come prevedibile il suo rendimento è stato un po' altalenante. Pandolfi, su cui il manager Holmberg contava molto come “clean-up” hitter, ha reso meno del previsto, anche a causa dei suoi problemi fisici. Albanese è stato ottimo in difesa e nel controllo “vocale” della squadra e dei lanciatori, ma anche da lui con la mazza ci si aspettava qualcosa in più.
Eppure, nonostante tutto questo, siamo arrivati ad un soffio dal titolo. Merito di una difes a che ci ha tradito poche volte (anche se una di troppo, negli inning conclusivi della finale) e soprattutto di un monte di lancio guidato da due partenti solidissimi come Modica e Maestri. Il secondo, che già lo scorso anno aveva dimostrato tutta la sua classe, in un anno ha fatto passi da gigante, e ora tutta Europa ce lo invidia, sia per il braccio capace di toccare punte di 89 miglia orarie (almeno così si leggeva sui radar degli scout), sia per la grande maturità.
Il rammarico per la finale c'è, ed è molto. Era un'Olanda non imbattibile, che nel match decisivo ha giocato sottotono, soffrendo l'emozione dell'evento ancora più dei nostri, contro cui non si doveva perdere, con un Maestri così in forma in pedana. Colpa di quell'errore in esterno che ha ridato forza e coraggio ai tulipani quando l'inerzia della gara sembrava tutta nella nostra direzione; colpa della solita leggerezza nel box, e delle battute mancate nei momenti importanti; colpa anche di qualche scelta tecnica rivelatasi non azzeccatissima col senno di poi, come l'inserimento di Comani (colpito da un triplo e poi tolto subito dal campo) o la conferma nel ruolo di clean-up di un Pandolfi claudicante.
Ma il gruppo è di quelli su cui lavorare. Un gruppo giovane, che se coltivato bene ha tutte le carte in regola per fare strada. Tutta un'altra cosa rispetto ai ragazzi dell'anno scorso, che magari di talento ne avevano, ma a cui mancava quella coesione necessaria per rimanere con la testa in partite che si erano messe male fin dall'inizio. Ai mondiali dell'anno prossimo l'obiettivo non sarà certo la zona medaglie, ma migliorare la prestazione del 2002, e magari provare a dare fastidio a qualcuno dei mostri sacri extraeuropei.
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