Parte bassa del nono inning, due eliminati e basi piene; la mia squadra ha un solo punto di vantaggio ed ora mi tocca affrontare il loro battitore migliore. La gente sugli spalti sembra fuori di se, c’è un caos pazzesco: comincio con una palla veloce che raggiunge le 96 miglia orarie per il primo strike, lo frego con un change-up che lo lascia pietrificato per il secondo strike; sono tutti in piedi, sulle tribune, in panchina, nel bullpen, sento addosso gli occhi di tutti, sento gli incitamenti mischiarsi alle preghiere. Lo fisso negli occhi, il suo sguardo è basso, sembra impaurito, ma agita la mazza vorticosamente come se stesse scacciando dei fantasmi; il ricevitore mi da il segnale di lanciare uno slider, scuoto la testa; questa volta il suo dito indice è dritto verso il basso, annuisco, volevo proprio lanciargli una bella veloce; inizio il caricamento del lancio, pochi attimi ma sembrano un’eternità, all’improvviso cala un silenzio irreale e quello che sento è solo il rumore della pallina schiantarsi nel guantone del mio ricevitore, la mazza girata nel vuoto….strike three! Non sento più nulla, vedo il ricevitore dirigersi verso di me con il viso tirato ma sorridente mentre mi invita a guardare il ‘radar gun sul tabellone dello stadio, 98 miglia orarie, game over….
La partita è immaginaria, ma le sensazioni del closer sono reali, nel bene o nel male. Questo particolare ruolo di un lanciatore è sicuramente uno dei più difficili non solo nel baseball, ma di tutti gli sport di squadra. Normalmente entra in campo nell’ultimo inning quando la sua squadra ha tre o meno punti di vantaggio, e deve cercare di preservare la vittoria fin qui ottenuta da tutta la squadra, ottenendo la fatidica ‘salvezza. La pressione, come potete immaginare, è altissima in quanto può bastare un solo lancio sbagliato per compromettere un intero incontro. Pensate come deve essersi sentito Mariano Rivera in gara 7 delle recenti World Series tra i New York Yankees ed Arizona quando, entrando al nono inning con la sua squadra in vantaggio di un punto, ha subito una valida da Luis Gonzalez che ha condannato gli Yankees alla sconfitta.
Per un closer non c’è domani e dalle sue prestazioni spesso si decide non solo una partita, ma un’intera stagione. Supereroi ? No, ragazzi normalissimi fuori dal campo, ma con un braccio ed una concentrazione incredibili quando si trovano sul monte di lancio. In un recente articolo firmato dal lanciatore Todd Jones, rilievo dei Colorado Rockies, questi ha scritto che un forte closer vince le sue partite ancor prima di effettuare il primo lancio: le vince con la sua sicurezza, il suo sguardo intimidatorio, ed il battitore ha quella terribile sensazione che di lì a breve sarà eliminato. Passiamo ora ad esaminare da vicino due dei closer più forti del momento, Eric Gagne e John Smoltz: Gagne (27) dei Los Angeles Dodgers è diventato una vera macchina da salvezze, a tal punto che i tifosi di Los Angeles lo hanno soprannominato ‘game over: lanciatore partente di Los Angeles nel triennio 99-01, ha rischiato seriamente di essere tagliato prima che iniziasse la stagione 2002 quando una fantastica intuizione dello staff tecnico dei Dodgers guidato dal manager Jim Tracy ha fatto si che diventasse uno dei closer più devastanti della MLB, raggiungendo la bellezza di 52 salvezze nella passata stagione, e quest’anno sta dimostrando che il 2002 non è stato un anno sporadico, collezionando già 34 salvezze senza sciuparne ancora una!. Gagne lancia fastball tra le 94 e le 97 miglia orarie con continuità, mischiandole ad un micidiale change-up che viaggia intorno alle 65/66 miglia orarie (all’incirca 25 punti di velocità in meno!), oltre ad una recente breaking-ball che lascia i battitori avversari davvero di sasso. Quando arriva il suo turno al Dodger Stadium i tifosi lo accolgono con una vera e propria ovazione e le note di ‘Welcome to the jungle dei Guns n’ Roses salgono forti mentre sul tabellone comincia a lampeggiare la scritta ‘game over; se non è intimidazione questa…
John Smoltz (36) degli Atlanta Braves ha una storia molto simile a quella di Gagne, con la differenza che la sua carriera da lanciatore partente è stata di grande livello, con 160 vittorie in carriera dal 1986 al 2001 ed un ‘Cy Young vinto nel 1996. Fu in questo caso un grave infortunio ad interrompere la sua carriera da partente: Smoltz perse l’intera stagione 2000 sommando soltanto cinque partenze nel 2001, prima che il manager Bobby Cox lo provò nel ruolo di closer con l’intenzione di risparmiargli il braccio. Anche se controvoglia in quanto si vedeva ancora come un lanciatore partente, accettò il suo nuovo ruolo conquistando nel 2002 la bellezza di 55 salvezze, e meno male che non gli piaceva l’idea! Anche per lui un 2003 di conferma ad altissimi livelli, con già 34 salvezze conquistate. Lancia una fastball sopra le 95 mph ed ha uno splitter ed uno slider quasi impossibili da colpire; contro i battitori destri usa più di frequente la fastball e lo slider, con la prima che viaggia intorno alle 98 mph, mentre il sinker, che può lanciare in entrambi i lati del piatto, viaggia intorno alle 93/94 mph. Sa inoltre mascherare benissimo lo slider: dal movimento di caricamento del lancio il battitore presume di dover colpire una fastball, ma la pallina a pochi centimetri dal piatto scende improvvisamente mandando ‘off balance il povero battitore. Contro i mancini ha aggiunto al suo repertorio un’efficace split-finger lanciato sulle 92 mph, ma ciò che rende Smoltz probabilmente il miglior closer della MLB è il suo eccezionale controllo dei lanci e la sua esperienza che gli permettono di sapere sempre come e dove lanciare.
Per esigenze di spazio abbiamo parlato soltanto di due closer, anche se in questo momento rappresentano il meglio della loro categoria, ma è importante ricordare altri fantastici interpreti di questo delicatissimo ruolo come Mariano Rivera (Yankees), Rob Nen (Giants), Troy Percival (Angels), Billy Wagner (Astros), Trevor Hoffman (Padres) ed altri.
In una recente intervista rilasciata dal neo manager dei Cubs Dusty Baker gli è stato chiesto in che modo si poteva arginare la potenza di Gagne sul monte di lancio, la risposta fu: ‘essere in vantaggio all’inizio del nono inning!, da ciò capirete perché Gagne e Smoltz fanno così paura….
Commenta per primo