Quarant'anni si compiono una volta sola. Come del resto 37, 38, 22, 54 o 7.
Diciamo che i “40” rappresentano un traguardo mica indifferente. Tra le altre affermazioni storiche: “La vita ricomincia a 40 anni”.
Per alcuni, i 40 anni portano a concepire parti letterari. Meglio quello di Alighieri Dante, esule fiorentino a Ravenna, (ricordate: “Nel mezzo del cammin di nostra vita” etc etc…non sono sicuro avesse proprio 40 anni, ma ci andava vicino) rispetto a quello di Marina Ripa di Meana: “I miei primi 40 anni”.
Se dovessi scrivere io un libro tipo quello dell'avvenente Marina sugli stessi argomenti, mi fermerei circa a pagina 8 per mancanza di “materiale”. Sul baseball, sarebbe cosa diversa. Ho calcolato che durante i miei “primi 40 anni” ho passato circa 2500 ore in uno stadio da baseball. Non male.
Ma di libri sul baseball ce ne sono già talmente tanti, che per il momento non ne scriverò uno nuovo. Viceversa, voglio riportare un brano de “Il grande romanzo americano” di Philip Roth, che su questo sito venne consigliato un po' di tempo fa: E chi se lo merita a sto mondo di vincere? Solo i belli, i dotati, i bravi? E degli altri, che ne facciamo? Che ne facciamo dei disgraziati? E dei deboli, e dei vili, e dei dei disperati, e dei paurosi, e degli handicappati, tanto per nominarne alcuni? E i perdenti? E i falliti? E gli emarginati? Non hanno dei sogni anche loro?. Senza commento, solo per la vostra riflessione.
Credo che “The Natural” (tradotto in italiano impropriamente “Il migliore”…sarebbe stato più corretto “Il talento naturale”) di Bernard Malamud sia uno dei libri che permettono di capire lo spirito del baseball. Attenzione: ho scritto 'libri', perchè il film con il libro c'entra poco e nulla. A cominciare dalla scelta di Robert Redford nel ruolo del protagonista. Leggete come Malamud descrive Roy Hobbs: …un uomo alto, tarchiato e dalla barba scura…. Robert Redford è diverso, eh?
Bernard Malamud fa finire la romantica avventura di Roy così: …Catturò lo sguardo del lanciatore, con occhi venati di sangue. Youngberry avvertì un brivido. Lanciò, una palla non buona, ma il battitore vi si avventò. E fu eliminato con un boato. Niente a che vedere con battute che mandano in frantumi i lampioni, no?
Il romanzo finisce così: Un ragazzo gli ficcò in mano un giornale. Il titolo strillava: “Sospetto di corruzione per Hobbs”(…) Roy restituì il giornale al ragazzo. “Dì che non è vero, Roy”. Guardando negli occhi il ragazzo, Roy avrebbe voluto dirglielo, ma non ci riuscì. Sollevò le mani al volto e pianse molte lacrime amare.
Leggendo “Il mese magazine” (che si autodefinisce “mensile di attualità e cultura di Parma e provincia” e costa 1 euro) mi sono imbattuto in un articolo sul “Fast Beach” ovvero “il softball in versione maschile”, del quale si disputerebbe a Sala Baganza la Coppa Campioni nell'ultima settimana di agosto.
Leggendo ho appreso che “a differenza del baseball e del softball, nel Fast Beach il lancio della pallina avviene in salto: il giocatore lancia sospeso in aria per poi atterrare all'interno del piatto e la palla solitamente, almeno nelle prime fasi di gioco, raggiunge la pazzesca velocità di circa 180 km orari. Per il resto è uguale alle discipline cugine”.
Se ho capito bene, mentre 8 giocatori si schierano in campo, il lanciatore (presumibilmente dotato di reattori) si alza in volo ad un'altezza tale da fare poi arrivare la pallina sul piatto alla velocità di 180 chilometri all'ora. “Pazzesca”, questo sì è vero, come velocità e raggiungibile solo con l'ausilio di un cannone. O in un Manga giapponese.
Vorrei chiedere a Filippo Delmonte (autore di questo memorabile pezzo) da chi ha saputo queste boiate. Perchè se se le è inventate, Shakespeare e Verne gli fanno un baffo.
Vedete come siamo ridotti a livello di comunicazione nei nostri sport? E poi pretendete che ci prendano sul serio, gli altri?
A proposito di prendere sul serio: su “Tuttobaseball” in edicola appare un mio articolo/disamina sugli 'Europei'. Non è firmato (un errore?) ma è mio, lo garantisco. Ebbene: compiendo un'operazione che per un giornalista è a dir poco censurabile, il direttore di “Tuttobaseball” Giorgio Gandolfi ha titolato il pezzo “10 italiani su 12 in campo con la Repubblica Ceca”, mettendo di conseguenza in bocca al sottoscritto un'affermazione che cozza palesemente con un concetto che cerco di divulgare da mesi: non esistono italiani di serie 'A' o 'B'. Beh, è evidente che non scriverò mai più articoli per “Tuttobaseball”, se non mi sarà garantito che verranno pubblicati senza cercare di alterare il pensiero che voglio esprimere.
Vedete come siamo ridotti a livello di comunicazione nei nostri sport? E poi pretendete che ci prendano sul serio, gli altri?
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