Quella che accompagna questo diario è una grande foto. Non come qualità: allo stadio “Latinoamericano” c'è poca luce, la mia macchina fotografica è quello che è e la mia tecnica pure. Ma per quello che rappresenta.
Questo signore stava ascoltando l'Inno di Cuba durante la premiazione del Mondiale e aveva le lacrime agli occhi. Guardandolo, ho pensato che poteva avere 20 anni quando la rivoluzione visse il suo momento più alto nel 1959. Che poteva essere là ad osservare Fidel Castro e Che Guevara che fumavano il sigaro. E ho pensato di fotografarlo.
Ascoltando il poliziotto “così contento della sua divisa, della sua pistola, del suo walkie e talkie e delle sue manette che sembrava un super eroe” (non è mia: è dello scrittore cubano Pedro Juan Gutierrez, 50 anni, nato a Matanzas e residente a L'Avana) che mi intimava di non entrare in campo da una porta, ma da un'altra lontana 200 metri (il motivo? E chi lo sa?!) ho anche pensato che fosse qualcuno messo lì apposta per recitare la parte del patriota. Ma in effetti è un pensiero troppo maligno.
Chi fosse veramente non lo sapremo mai, anche perchè io non ho avuto il coraggio di parlare con lui. E neanche il tempo.
Scrive Richard Ford in “Sportswriter” che l'unico autore che non soffre di ansia anticipatoria è il cronista sportivo. Col cavolo, caro il mio omonimo! Io ero preoccupatissimo dall'idea che Norge Vera e Frederich Cepeda potessero sfuggirmi (ecco l'attacco di ansia anticipatoria: “E chi intervisto, poi? Il solito Higino Velez”) e quindi mi sono precipitato in campo non appena il protocollo me lo ha consentito.
A fine cerimonia, dopo aver 'beccato' Vera e Cepeda per il rotto della cuffia, sono ripassato davanti al poliziotto che ha anche avuto il coraggio di dirmi “visto che a seguire quel che ti dicevo in campo ci sei poi entrato?”.
Cuba esercita fascino su di me, ma anche repulsione. E sotto un certo aspetto non vedo l'ora di andarmene, pur sapendo che tra qualche settimana rimpiangerò di non aver passato più tempo nella pazza della Cattedrale o a Marina Hemingway.
Tornando al controverso argomento delle “chicas” locali, mi preme segnalare che un lettore mi ha scritto per enfatizzare che qui a Cuba nessuno sta davvero male. Il fatto è che ci sono ragazze che scelgono una via facile per ottenere cose piacevoli quanto superflue.
A questo lettore e a tutti voi voglio dire che io però non sono qui per dare giudizi morali. Sono un cronista, osservo e riporto. Il tutto allo scopo di farvi sentire un po' qui con me. Certo, se stimolo riflessioni sono più contento, ma non mi sorprenderete mai a fare discorsi sulla “caduta dei valori del mo ndo d'oggi” e bla, bla, bla.
Ieri ho cambiato la terza stanza nel giro di 3 settimane. Il fatto è che mi si era allagato il bagno a causa di un malfunzionamento dello sciacquone. O meglio: lo sciacquone non aveva mai funzionato e io, stanco degli odori che ogni tanto stagnavano in camera, ho cercato di ripararlo. Risultato: un disastro.
I momenti che hanno separato il danno dall'arrivo del locale “fontanero” (idraulico: in dialetto parmigiano si dice quasi uguale) sono stati tragici, perchè il concetto di “adesso” dei cubani non è esattamente pari al nostro. Lo dico con affetto, perchè al riguardo della puntualità sono un po' caraibico anch'io, ma quando si ha l'acqua sotto i piedi l'urgenza la si percepisce meglio.
Al “fontanero” (che si è presentato con una inopportuna ventosa, avendo capito chissà cosa) continuavo a dire che doveva “cerrar l'agua”, se no l'albergo avrebbe avuto presto una seconda piscina. Quando l'ha chiusa, ho pensato che non era il caso di dirgli che cosa avevo combinato e ho fatto l'angioletto: “Sono andato per tirare l'acqua e…disastro. Non so cosa sia successo”.
Domani vado a Panama City e sono un po' preoccupato. A quasi tutti hanno perso una valigia o più d'una e se mi mandano la mia 'monster bag' federale per errore in Guatemala o Costa Rica, va a finire che la espongono in qualche museo come simbolo dell'opulenza del terzo millennio e non me la ridanno più.
Poi i miei amici panamensi hanno detto, per tranquillizzarmi, che Panama è un po' come Cuba, solo con meno polizia in giro. “Stai attento, se ti muovi da solo” hanno puntualizzato. Splendido.
Infine, non si sa ancora che squadra parteciperanno al torneo di Qualificazione alle Olimpiadi e quasi quasi mi verrebbe voglia di andare a Sapporo a seguire il torneo asiatico, che è già tutto bello organizzato.
Andrò a Panama, comunque. E ci sentiremo da là.
In merito alla mia uscita dal forum, ho ricevuto molti messaggi. Forse anche troppi. Non è che sia un caso nazionale, è solo una scelta. Giusta o sbagliata non lo so, ma mia.
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